Arte e dintorni
Il Balbiano. Un palazzo a Ossuccio 
Sabato 6 ottobre a Como la presentazione del libro di due valchiavennaschi
La copertina del volume
La copertina del volume 
30 Settembre 2012
 

Sabato 6 ottobre alle ore 18 nello Spazio Enzo Pifferi Editore in via Armando Diaz 58 a Como si terrà la presentazione del volume Il Balbiano. Un palazzo a Ossuccio. La pubblicazione del libro è stata promossa dall’industriale tessile comasco Michele Canepa, il quale ha voluto dedicare il volume ai suoi genitori, per la passione verso la storia e l’arte che gli hanno saputo trasmettere nel corso degli anni. Scritto dall’architetto Cristian Copes di Gordona e dallo storico chiavennasco Guido Scaramellini, il libro è corredato da splendide immagini del fotografo comasco Enzo Pifferi e di Maximilian Canepa, mentre il progetto grafico e l’impaginazione si devono a Flavio Gubertidi Cosio Valtellino.

Tra il Dosso di Lavedo e l’Isola Comacina, il palazzo Balbiano di Ossuccio è una delle dimore signorili più antiche del lago di Como, sorto sulle “magnifiche rovine” descritte nel 1537 dal medico e umanista Paolo Giovio; resti e preziose testimonianze di una villa che era stata danneggiata dall’irruenza del torrente Perlana e fu una delle residenze degli avi paterni del Giovio, tra i più brillanti pensatori aristotelici della prima metà del Cinquecento.

Un secolo dopo fu l’abate Marco Gallio a commissionare la ricostruzione dell’edificio, le cui facciate principali sono arricchite da eleganti portali in bugnato. Egli fece anche sistemare i giardini circostanti, in una proprietà lungo la riva del Lario dove prosperavano ulivi e aranci che, tra il 1596 e il 1607, era appartenuta al nipote del celebre cardinale Tolomeo Gallio, segretario di Stato di Gregorio XIII e fondatore del Collegio Gallio di Como.

Le sale del palazzo sono impreziosite dagli stucchi di Agostino Silva del 1664 e da affreschi di artisti ticinesi e lombardi, tra cui quelli tardo-seicenteschi dei Recchi di Borgovico e i dipinti realizzati verso la fine del XVIII secolo da Giuseppe Porro, dai quadraturisti Brenni e da Giovan Antonio Torricelli di Lugano. In particolare, quest’ultimo dipinse pure nella splendida sala di palazzo Sertoli a Sondrio, oggi sede del Credito Valtellinese, mentre i Brenni si ispirarono al trattato sulla rappresentazione in prospettiva del noto architetto bolognese Ferdinando Galli Bibiena.

Nel 1787 la dimora fu venduta dal conte Giovan Battista Giovio, che nove anni prima l’aveva acquistata dai Gallio, al cardinale e mecenate Angelo Maria Durini, feudatario della contea di Monza. Costui ampliò ulteriormente la tenuta, in cui furono ospiti personaggi illustri, tra i quali il poeta Giuseppe Parini. Morto il cardinale nel 1796 e passato a diversi proprietari, nel 1872 il palazzo fu acquistato da Gustav Salomon Gessner, imprenditore originario di Zurigo trasferitosi a Milano.

I Gessner impiantarono a Balbiano due filande e nel 1962 cedettero la dimora all’ingegnere bavarese Hermann Hartlaub, che fece restaurare l’edificio e ricollocare due aquile in granito lungo il parapetto verso il lago. Vent’anni dopo la proprietà passò a Michele Canepa, proprietario del setificio Taroni di Grandate, che dedicò particolare cura per i giardini, dove due siepi di leccio enfatizzano il suggestivo asse prospettico tra l’ingresso seicentesco a doppia esedra e il palazzo in stile rinascimentale.

In questi ultimi anni il palazzo è stato richiesto da miliardari europei e americani, tra i quali Silvio Berlusconi, che ha molto apprezzato il libro. Come fece il conte Giovio verso la fine del Settecento, pensando ai propri eredi in cambio di 38 milioni di euro nell’agosto del 2011 il signor Canepa ha venduto il palazzo a una famiglia facoltosa di Mosca, con molti interessi nel mondo della cultura e dell’arte.

L’attrazione sempre viva verso il lago di Como e le sue ville e bellezze naturali testimonia quanto il Lario continui a essere uno dei luoghi più suggestivi e amati d’Italia, da millenni fonte di ispirazione di poeti e romantici letterati, come Plinio il Giovane, Paolo Giovio, Alessandro Manzoni, Gustave Flaubert e Stendhal.


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