Ritratti
Pierluigi Marzorati (Pierlo)
12 Settembre 2012
 

Ragazzo d’oratorio, la faccia pulita,

il figlio ideale di tutte le mamme,

quando ti spingevi sulle strade

del contropiede divenivi malvagio

spietato esecutore dei piani

del Tau assiso in panchina,

filosofo olimpico, divulgatore supremo.

Acceleravi e non ti vedevano più,

caricavi il fucile dei tuoi esterni,

le gambe accese di bagliori aerei.

Successi senza fine, recando

il paese adagiato sul colle

ai vertici d’Europa e del globo

in competizione con auree capitali

d’Asburgo, dinastie morte

e Milano l’invisa torre.

Quante beffe alla sirena

ultima, quanti sogni strenui

bruciati nel segno della Vittoria nivea!

Ingegnere hai costruito cattedrali

di bel gioco, innescato moti

di canestri impossibili, sfidato

gravità e revocato amici

d’antica data.

Persino un Gran Rifiuto

ti fu perdonato,

tanto onesta è parsa

la tua sublime grandezza.

 

Alberto Figliolia

(da Giganti e pallonesse, Libreria dello Sport, 2001)

 

 

Pier Luigi Marzorati, il Pierlo. L'enfant prodige e terribile, il bambino-meraviglia, il playmaker che a 17 anni cominciava a seminare il panico fra gli avversari del campionato, che a 18 vinceva un bronzo europeo e a 19 si trovava alle Olimpiadi, quelle pur tragiche di Monaco '72, coi più grandi campioni del cestismo mondiale, compie il 12 settembre 60 anni. Fra il ragazzino che studiava da geometra (e sarebbe divenuto ingegnere) e l'attuale presidente del CONI Lombardia, nonché ambasciatore UNICEF; fra l'esordiente che chiedeva scusa all'avversario arrossendo nel caso avesse commesso un fallo, salvo poi impietosamente surclassarlo, e il singolare primato del mondo scaturito dall'essere stato l'unico ad avere calcato il campo di una massima divisione in cinque diverse decadi, e sempre con la stessa squadra, dopo che nel 2006, 54enne, era rientrato per alcuni minuti sul parquet in occasione della prima giornata di serie A; fra le speranze di un'adolescenza di fortunati sacrifici e la maturità del dirigente e del padre di famiglia; fra quel passato di figurina in bianco-e-nero e questi sessant'anni pieni stanno 278 presenze in nazionale (record probabilmente imbattibile), con un oro europeo e un argento olimpico, 2 scudetti, 2 Coppe dei Campioni, 2 Intercontinentali, 4 Coppe delle Coppe e 4 Korac conquistate in 22 stagioni, dal '69 al '91, con la Pallacanestro Cantù, Davide in un universo di giganti, la fionda del bel gioco a colpire e quella della classe a illuminare.

L'imberbe Pierlo già suscitava l'ammirato stupore di ogni addetto ai lavori per l'assennatezza, l'umiltà e l'intelligente sfrontatezza. Le folate in contropiede, i dribbling entusiasmanti, i deliziosi e plastici sottomano, l'arte del passaggio – altruismo trasmigrato anche alla vita fuori dal campo –, i balzi prodigiosi, l'abilità del direttore d'orchestra nel gestire il team, ogni gruppo gli venisse affidato, sono un patrimonio riconosciutogli ed entrato di forza, ma senza arroganza, nell'immaginario di ogni amante della palla a spicchi.

Sembra impossibile, ma la pendola batte senza posa anche per gli eroi dello sport. Ma il ricordo è saggio: tramanda e, unendo generazioni, rinnova felicità. L'ingegnere volante non si è mai tuttavia seduto sugli allori: ha esercitato la professione per cui aveva studiato al Politecnico di Milano, ha intrecciato relazioni con l'associazionismo e il volontariato (vedi la presidenza della Fondazione Casartelli, nata in nome dello sfortunato ciclista morto sulle strade del Tour) e, non ultimo, si è buttato anima e corpo in quest'incarico CONI, indissolubile trait d'union fra sport di base e necessità agonistiche di vertice. Più che un traguardo i sessant'anni paiono un punto di partenza, una proiezione a nuove idee e progetti. Enfant prodige si può rimanere anche con spruzzi di capelli bianchi. La passione è un motore formidabile e un ottimo antidoto all'implacabile scorrere del tempo.

Ah quei salti al cielo del Pierlo!

 

Alberto Figliolia


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