Diario di bordo
Linda Pasta. Raggiungere Lampedusa: ultimo atto!
10 Settembre 2012
 

L’attraversamento del Canale di Sicilia può essere considerato una prova di sopravvivenza a cui sono sottoposti i rifugiati che cercano di scappare dai loro Paesi in guerra. Sembra un paradosso ma la via di fuga diventa per loro un evento che li espone a un rischio di morte, verosimilmente superiore a quello che correrebbero rimanendo nel loro Paese.

Ma è la speranza di dare un destino migliore ai propri figli che li spinge in questa direzione, specie le donne che affrontano il viaggio in stato di gravidanza. È come una lotteria o forse andrebbe vista più come una roulette russa perché la probabilità morire è enormemente superiore a quella dei cittadini europei. L’anno scorso 49.000 migranti sono approdati vivi a Lampedusa quasi 1.700 sono morti durante la traversata. Soltanto 203 sono stati ricoverati presso gli ospedali siciliani, trasferiti dall’elicottero del 118, unico sistema utilizzato dal Servizio Sanitario Regionale per lo scopo.

I dati sono in corso di pubblicazione sull’International Journal of Migration, Health and Social Care ed evidenziano una mortalità pari a circa 4 morti ogni 1.000 persone che lasciano le coste africane e una morbilità di 0,4 pazienti ricoverati ogni 1.000 che approdano vivi. Le cause principali non sono infettive, ma prevalentemente ostetrico-ginecologiche nelle donne e traumatiche negli uomini. Il numero di questi pazienti ospedalizzati è circa 20 volte inferiore a quello registrata per i cittadini Italiani, confrontata per classe di età e sesso. In conclusione per ogni paziente ricoverato, ne sono morti in mare almeno otto.

La conclusione dell’articolo è che la mortalità supera enormemente la morbilità (cioè il numero di ricoverati), così come in guerra o nelle mortali epidemie di altri tempi. In estrema sintesi l’attraversamento del Canale di Sicilia è da considerare (per le persone che decidono sicuramente più per necessità che per volontà di sottoporsi a questa prova di forza, e anche su questo si potrebbe discutere a lungo), come un fattore di rischio gravato dalla stessa mortalità di una guerra o di una pandemia estremamente severa. E di fatto sfuggire dai Paesi in guerra ha i presupposti di una pandemia perché è presente in varie parti del mondo ma diverso è l’andamento, perché non si muove e lì rimane almeno al momento ed inoltre la differenza sta nel fatto che Paesi, con un certo livello economico, non hanno la paura di esserne contagiati e di conseguenza non ne sono preoccupati. Si preoccupano soltanto se vengono diffuse informazioni assolutamente false sulla possibilità che i rifugiati portino malattie. Dimostrato è intanto che il migrante arriva sano (forse anche perché solo i più robusti riescono a superare questa prova da sforzo), e al massimo si ammala da noi, ma questa informazione non viene diffusa, altrimenti anche l’alibi della paura delle malattie potrebbe vanificarsi.

Chi può assicurare che la globalizzazione non possa in futuro portare uno scenario, al momento fantasioso? Immaginate cosa succederebbe se un giorno gli Europei compresi i nostri rigorosi Tedeschi, fossero costretti a iniziare un viaggio della speranza verso le coste Cinesi? O, come avvenne non molti decenni addietro, verso le coste americane? E a proposito di questo, come mai nessuno si chiede del perché non arrivano notizie di morte relative ai Cubani che scappano da Cuba per raggiungere gli USA? La risposta è semplice: i Governi interessati si occupano sicuramente più dei nostri di evitare che ciò avvenga. In qualche maniera la partenza viene comunicata, l’assistenza in mare viene garantita, il rimpatrio viene praticato, e di morti non se ne parla. E non per motivi di propaganda dal momento che non se ne parla dai due lati, né da parte di Cuba né da parte americana.

Quello su cui si continua ad essere perplessi è come mai l’Europa e il Governo italiano (considerando che la soluzione non può essere di livello regionale) non se ne occupino in maniera concreta? Sarebbe auspicabile che le innumerevoli istituzioni e commissioni nazionali ed europee, alimentate da fondi pubblici, spingessero per la promulgazione di Leggi vere sull’argomento, e non di atti temporanei che hanno a volte il misero scopo di sanare l’immagine dei partiti per il breve periodo preelettorale, o vengono adottate a caldo subito dopo che si è verificata una strage ed è necessario sedare le coscienze del cittadini, sperando tutti ed esclusivamente sperando, che una nuova strage non si ripresenti a breve.

 

Linda Pasta


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