Lo scaffale di Tellus
Gordiano Lupi. Un poeta di nome Virgilio 
Cent’anni di Piñera - Terza Parte
08 Agosto 2012
 

Da Una broma colosal (1988)

(Uno scherzo colossale) Postumo

Parte 1 – Pero yo pasé de largo

(Ma io non mi sono fermato)

 

Sveglia

 

Vissi a due passi dall’accampamento

E mi piaceva ascoltare la sveglia.

Galli, maiali, galline e bambini

facevano il coro al nuovo giorno che si dissanguava.

Il suonatore di cornetta abbassava la testa:

le note squillavano nello spazio.

Papà diceva: Maria, il mio caffè.

 

(1969)

 

 

Tararí Tarará

 

I bambini e le mosche mi accoglievano

con migliaia di zanzare a La Lisa,

dove vive mia sorella la maestra,

che da tempo si arrangia come può.

Tararí! Tarará! Le mosche si mangiavano la torta,

con acchiappamosche i bambini le uccidevano,

le zanzare il sangue ci succhiavano,

una vacchetta nera faceva muuu…

I miei momenti più felici terminarono.

 

(1969)

 

 

Il coltello

 

La sorte mi ha riservato

questo coltello.

È così mio

che gli nego

il passatempo innocente

di risplendere.

Allacciato a una cintura

posso portarlo in giro.

Un giudice condannerebbe

chi osasse rubarmelo.

Potete protestare,

supplicare, appellarvi, amici miei.

Tenterete di disarmarmi:

vedo nei vostri volti

convulsi il terrore.

Ma, allontanate timori vani:

è solo uno schiavo

pronto ad affondare nel mio petto.

 

(1969)

 

 

Mia sorella

 

Mia sorella, nel suo trono del dolore,

mette in avanti i suoi capelli

per tappare l’umiliazione dei giorni.

Quando mia madre ci mostrava il suo ritratto,

nel sorriso di mia sorella

si rifletteva la speranza della salvezza.

In quei giorni splendidi

aiutava a morire bene.

Il suo sorriso bagnava il moribondo,

e negli ultimi fulgori

il volto della morte trasfigurava.

Adesso nel suo trono del dolore,

mia sorella è una morta che sa,

tra lamenti e pallori,

che nessuno potrà cambiare il suo volto.

 

(1969)

 

 

Mio padre

 

Dice mio padre che è inutile il commiato:

non possiede la speranza di un ritorno.

Mio padre, la cui partenza è imminente,

con il suo bagaglio alla porta,

nell’aria gelata del mattino,

rifiuta i nostri abbracci e le nostre lacrime:

Sarà inutile lasciare le porte aperte”.-

 

(1969)

 

 

Poesie deplorevoli

 

Gamba al forno

 

Come una gru, in piedi su una gamba,

mi taglio l’altra

e te la offro, fratello,

perché finalmente conosca il sapore della mia carne.

 

Frittura di cervello

 

Come quello della vacca o dell’agnello

servono il mio cervello per fare fritture.

Nelle notti intellettuali

sono l’afrodisiaco dell’idiota.

 

Lingua impanata

 

Non è la mia lingua

boccone per cardinali,

ma per laici. Essi

la preparano a loro gusto.

 

(1969)

 

 

Finale

 

Sono stato come un cane

sottomesso alla voce del padrone:

Hop, Virgilio, salta!

Ho amato la bellezza,

preteso la grazia.

Ho avuto delicatezze

da cane ammaestrato.

Come premio, padrone mio,

solo ti chiedo,

un poco più di scherno.

 

(1969)


Traduzioni di Gordiano Lupi


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Dir. responsabile Enea Sansi - Reg. Trib. Sondrio n. 208 del 21/12/1989 - R.O.C. N. 7205 I. 5510 - ISSN 1124-1276