Un incontro
05 Settembre 2006
 
Di incontri, si sa, è piena la vita. Alcuni la cambiano, per molto o per un po’, altri ci lasciano indifferenti. Ce ne sono di quelli che restano indelebili nella memoria e nemmeno tu sai il perché. Sempre, quando si tratta di brevi momenti e conoscenza nulla, è il fascino che la persona incontrata emana a lasciar traccia. E non importa se è qualcosa di positivo e invidiabile ad attrarci, oppure di inquietante o nel quale intravediamo la vertigine di un pericolo… Anzi, in quest’ultimo caso l’interesse è forse più forte.
Lo ricordo, quell’incontro. Di una sera di tarda estate, mentre un poco imbarazzata me ne stavo dietro la bancarella dove avevo posizionato il mio libro di poesie per la vendita. La gente passava, guardava di sfuggita, evitando di fermarsi più del dovuto. Aveva più successo l’amica accanto a me, col suo romanzo per bambini. Guardavo le facce di conoscenti, di qualche illustre rappresentante della cultura della mia città, di sconosciuti che ritiravano le fotocopie coi versi dei miei autori preferiti: Sylvia Plath, Emily Dickinson, Neruda… Ma a me ed al mio libro fu solo lui a dedicar parole. Mi fece delle domande, prese in mano il volumetto e lo sfogliò, ne lesse – contestandola (e a ragione) – la retrocopertina, in cui si asseriva che «la poesia ha sviluppato un percorso sempre in linea col progresso». No, secondo lui la poesia avrebbe avuto sempre il ruolo di contestare il progresso, un ruolo di opposizione a tutti i mali di ogni tempo.
Aveva un aspetto evidentemente trasandato e la gente intorno lo guardava disapprovando.
Lui mi chiese di donargli il libro, che sentiva gli sarebbe piaciuto. Ricordo che mi chiamò miss.
Anch’io non sapevo bene come comportarmi perché aveva dei modi grossolani, accanto ad un discorrere fine ed arguto, che invece trovava tutto il mio interesse. Se ne andò per qualche minuto e quando lo vidi tornare gli andai incontro io, col mio libro in mano. Chi, se non lui, era il mio lettore eletto, quella sera? Lui in cambio volle scrivere sul blocchetto che avevo con me una sua poesia; mi disse che ne aveva raccolto più di trecento. Non so se fosse vero, ma quella che mi dedicò si rivelò profonda e tormentata. La scrisse lì per lì, dicendo che se la ricordava a memoria. E in fondo, tre righe per me.
Le più romantiche che qualcuno mi abbia mai dedicato.
Il tuo ricordo lo conserverò e voglio credere che oggi, per te, il cielo non sia nudo.
 
Miss

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