Lo scaffale di Tellus
Luciano Curreri. “Squali! Viaggio nel regno del più grande e temuto predatore di mari” di Pietro Spirito
27 Maggio 2012
 

Pietro Spirito

Squali! Viaggio nel regno del più grande e temuto predatore di mari

Illustrazioni di Nadia Zorzin

Greco&Greco, Milano 2012, pagg. 152, € 12,00

 

Questo libro è interessante perché non è facile da catalogare. E questa è la prima ragione per cui ritengo utile segnalarvelo. Penso infatti che la letteratura sia ormai solo più riconoscibile quando non lo è propriamente. Squali! non è propriamente il reportage di una spedizione a Gansbai, «un piccolo centro marittimo a duecento chilometri da Città del Capo, affacciato sull'oceano tra l'Atlantico e l'Indiano», le cui coste, al largo, offrono frequenti «avvistamenti di squali bianchi in libertà» (p. 12). Squali! non è propriamente un saggio sul Grande Bianco e a tratti assomiglia - nelle anafore, nei refrains che lo caratterizzano dall'inizio alla fine (da pp. 45-48, per esempio, a pp. 105-108 e 118-122) - a un pamphlet di taglio ecologico, che mette pure in discussione l'uso della parola, di cui comunque si serve, a profitto del silenzio della natura, dell'oceano, dello squalo che si avvicina, cauto, alla gabbia da cui l'autore, a turno e insieme a biologi, naturalisti, appassionati, ricercatori, esperti, fotografi, cineoperatori, lo osserva in tutta la sua perfezione, che ci giunge per l'appunto da un mondo lontanissimo e silenzioso, senza uomini, senza linguaggio. Eppure Squali! è anche un racconto, debitore di un immaginario che non disprezza ma che descrive, nelle sue evoluzioni, dalla parola pescecane, il cui uso straniante, desueto, non ci imporrà certo di «mandare in pensione il pescecane che inghiottì Pinocchio» (p. 28), alle storie che tra realtà e fiction sono alla base di certe nostre frasi e reazioni: da «Prima le donne e i bambini» (p. 37) - via il naufragio del Birkenhead nel 1852 al «Dangerous Point» (pp. 35-40) - a «Abbiamo bisogno di una barca più grande» (pp. 112-113), la battuta che Martin Brody (Roy Scheider) pronuncia quando, pasturando, assiste a un «head-up vertical emerging» (p. 112) del Grande Bianco nel famoso film di Spielberg, Jaws (1975), dove lo squalo fa vedere - non proprio per la prima volta (penso all'episodio della morte del bagnino) - le sue poderose mascelle, nutrite di tante file di denti triangolari (sia detto en passant, il titolo italiano banalizza quello originale, più rispettato dai francesi con Les dents de la mer; e dire che siamo uomini dalla retorica facile!). All'impatto di questo film sul nostro immaginario vengono dedicate pagine centrali e non banali (pp. 85-99), a tratti discutibili, forse, ma non banali; e sono anche tali, queste pagine, perché partono da tutta una serie di confessioni e implicazioni esistenzialmente forti, al limite anche contraddittorie con l'assunto di base (Jaws ha demonizzato lo squalo bianco e ha legittimato la caccia al mostro, spingendolo verso l'estinzione) ma proprio per questo feconde (alla fine della fiera, gli studiosi han preso il testimone dai pescatori, sportivi e non, e hanno ridirezionato in parte l'input iniziale, rendendolo foriero di avventure e ricerche di segno opposto, con l'osservazione al posto della caccia). In tutto questo, prima della visione cinematografica, vietata, ha un ruolo centrale, quasi da madeleine proustiana, la lettura del libro di Peter Benchley attraverso un'edizione del Club degli editori.

Spirito è del 1961, io sono del 1966, ma i nostri ricordi coincidono alla perfezione, dalla copertina all'episodio del tradimento di Ellen Brody con Hooper (che, sia detto fra parentesi, è il vero squalo, «con gli occhi sbarrati, fissi [...] mentre si avvicinava all'orgasmo»). Solo, i ricordi di Spirito l'hanno spinto più lontano e l'hanno portato dai libri all'esperienza: «La verità è che siamo solo capaci di imbalsamare noi stessi, fissiamo e cataloghiamo pensieri, sensazioni, sentimenti nelle teche dei nostri piccoli musei nell'illusione di poter controllare l'ascesa al vertice della creazione. Tutto questo non ha molto senso, penso, ed è quasi un conforto averne qui davanti la prova, con le fauci spalancate davanti al mio naso» (p. 82). Chapeau!

 

Luciano Curreri

 

 

Luciano Curreri (1966) è professore ordinario di Lingua e letteratura italiana all'Università di Liegi. Ha pubblicato o sta per pubblicare monografie, raccolte di saggi, di racconti, cure, edizioni, atti di convegno, graphic essays per Bonanno, Bulzoni, Cadmo, Comma22, Einaudi, ETS, FUP, Greco&Greco, Il Castello, Il Foglio, Ilisso, Lang, Mondadori, Moretti&Vitali, Nerosubianco, Prensas Universitarias de Zaragoza, PUS, Quiritta, Salerno, Sossella. Gli è capitato di scrivere su Ariel, Cahiers d'Etudes Italiennes. Novecento, COnTEXTES, Domani.Arcoiris.tv, Franco-Italica, Giornale storico della letteratura italiana, Ilcorsaronero. Rivista salgariana di letteratura popolare, Incontri, Le Reti di Dedalus. Rivista online del Sindacato Nazionale Scrittori, L'Indice, Stilos, Studi e problemi di critica testuale, Textyles.


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