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Marco Lombardi. Un cielo pił azzurro dopo Berlino
21 Febbraio 2012
 

L'eccessivo quanto prevedibile clamore per lo “scandalo Celentano”, ancor più che i drammatici eventi al largo delle coste indiane, ha malauguratamente messo in secondo piano i successi del cinema italiano al Festival di Berlino. Non è tanto il ritorno alla vittoria dopo vent'anni il fatto più importante, bensì che ad essere premiati siano stati due film del tutto anomali nella recente produzione nazionale. Opere di qualità, l'una più poetica, quella dei Taviani, l'altra, sui fatti della Diaz all'epoca del G8 di Genova, più documentaristica, che con la loro serietà e pulizia potrebbero contribuire a dare al mondo l'immagine di un'Italia che vuole cambiare e che sta cercando di smaltire i bagordi dei festini e delle ruberie.

Ancor più significativo che l'Orso d'Oro sia andato ad una produzione della nostra TV pubblica di Stato, a pochi anni dagli allori di La Meglio Gioventù, sperando che stavolta non rimanga un caso isolato riposto nel cassetto di qualche funzionario RAI. C'è una parte della cittadinanza e, forse azzardando, della dirigenza pubblica, che sta mettendo in campo le sue energie non tanto per eccellere, quanto per sopravvivere, partendo dal recupero di una reputazione internazionale distrutta.

Chissà che il palco di Berlino, più ancora delle aule di Bruxelles e Strasburgo o della stanza ovale alla Casa Bianca, non sia il luogo da cui far ripartire una nuova storia italiana.

 

Marco Lombardi


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