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Cantù-Milano, cronaca di una disfatta
30 Dicembre 2011
 

Cronaca di una disfatta, sebbene non annunciata. O, anche, il giorno della mattanza. Nel momento in cui vergo queste righe non si è ancora disputata la tredicesima giornata del campionato italiano di serie A (30 dicembre) e, quando con ogni probabilità le leggerete, la stessa giornata sarà stata disputata. Tuttavia è quasi inevitabile tornare al turno precedente e parlare di uno dei più clamorosi derby dell'età moderna della pallacanestro nostrana.

Un derby lombardo sempre assai sentito, oltre che storico, è quello che che vede scendere in campo la Bennet Cantù (denominazione sociale Pallacanestro Cantù) e l'EA7 Emporio Armani Milano (denominazione sociale Pallacanestro Olimpia Milano) e che è andato in scena il giorno di Santo Stefano. Le due squadre avevano festeggiato il Natale con la grata consapevolezza di avere conquistato, insieme con Siena, le Top 16 di Eurolega. Milano addirittura in maniera rocambolesca andando a vincere con gran coraggio e sangue freddo (e il giusto scarto) la partita decisiva nella bolgia di Belgrado, contro quel rognoso Partizan che aveva in precedenza sbancato il Forum di Assago in una partita già raccontata per la sua drammaticità ai lettori di tellus.

In campo, nel leggendario Pianella di Cucciago, al di là degli scudetti, 5 Coppe dei Campioni, un po' d'Intercontinentali e tante, ma tante altre coppe europee (fra Korac e Coppa delle Coppe). Insomma, un confronto sempre elettrico, emozionante, di elevato tasso tecnico.

Invero in campo è esistita una squadra sola: la Pallacanestro Cantù. Il David Brianzolo le ha suonate al Golia metropolitano in una maniera quasi imbarazzante. Tolto lo 0-2 iniziale la squadra di Coach Trinchieri, un milanese emigrato (o esiliato?) a cercar miglior fortuna, ha demolito con una difesa impressionante e un gioco offensivo vario e senza sbavature gli spenti meneghini, forse scarichi per le tensioni della gara in terra serba.

Dopo 20' di gioco il risultato sul tabellone elettronico alla vista di addetti ai lavori, tifosi e telespettatori recitava: 43-19. Milano aveva sin lì segnato soltanto tre canestri dal campo confezionando un imbarazzante 3-25 globale al tiro. La valutazione: Cantù 55-Milano 3. Mai vista una cosa del genere. Cantù, non paga, non rallentava portandosi sino al + 29 di vantaggio, praticamente un abisso nel gioco, soprattutto fra due team che dovrebbero esprimere valori di sostanziale equilibrio. Ricordiamo che Milano è una delle favorite del torneo avendo speso tanto e, almeno in apparenza, bene; Cantù, che ha un budget minore, ha saputo sempre spendere in maniera oculata e intelligente scovando talenti (e valorizzandoli oltremodo) e costruendo squadre competitive).

Provano a reagire con l'orgoglio gli eredi di Gamba, Riminucci, D'Antoni, McAdoo e Meneghin, ma non basta. Mancinelli gioca alcune pregevoli azioni e Hairston vola a una imperiale schiacciata a due mani dal rimbalzo d'attacco. Ma, al massimo, gli uomini di Sergio Scariolo si portano al -19. Ma Cantù sta giocando troppo bene (fatto che non le è insolito) e tutto le riesce alla perfezione. Alcune azioni sono da manuale del basket, con una naturalezza disarmante, da rivedere e rivedere. Cinciarini, il play tricolore, il ragazzo di Cattolica asfissia il più celebrato Omar Cook; Denis Marconato pare non sentire i suoi 36 anni suonati, stoppando e prendendo rimbalzi; Basile, il fuoriclasse, l'uomo dei tiri ignoranti/siluri intelligenti, non scaglia i suoi abituali dardi ma gestisce con maestria, intelligenza e carisma; Micov fa valere la sua superba versatilità; Markoishvili mostra tutta la spietata eleganza e il talento che l'hanno condotto al professionismo a soli sedici anni; Leunen fa un percorso netto al tiro e da collante in ogni fase del gioco e ogni luogo del campo; Mazzarino, il capitano, è infallibile da 3; Shermadini, l'altro georgiano in forza a Cantù, fa valere centimetri e volontà mettendo in croce i pariruolo avversari. Finisce 79-54.

Andrea Trinchieri, allenatore vero, verace e dalla dialettica affascinante, ha preparato in maniera superba quella che per la gente canturina da sempre è una delle partite più importanti della stagione. Anche se la passione per il basket a Cantù è travolgente e commovente in qualsiasi occasione, radicatissima, ce lo si passi (ma non è un eccesso), nella cultura popolare.

Chi non è mai stato al Pianella non sa che cosa si è perso. Tali e tante sono le vibrazioni che partono dai quasi 4.000 di ogni età (Cantù non arriva a 40mila abitanti) al Palazzetto dello sport. Come un corpo solo con la squadra, in un processo di simbiosi e immedesimazione che fa vero tessuto sociale.

E poi, diciamolo, Cantù gioca bene, non molla mai. Estetica ed etica del lavoro si coniugano con il divertimento e il piacere. Piccola grande patria cestistica.

Capitolo Milano. Una giornata storta può capitare (anche se a Milano ne sono capitate alcune più del dovuto quest'anno), ma la strada è lunga e il potenziale c'è. Anzi, sarà un paradosso ma non si va lontani dalla verità, l'Olimpia non sarà penalizzata dal ritorno a Denver, per la riapertura della stagione NBA, di Danilo Gallinari. Nonostante il talento immane del giovanotto nato l'8/8/1988, gli equilibri milanesi erano stati concepiti senza la sua presenza. Ora Don Sergio potrà lavorare per riaggiustare la famosa chimica di squadra, l'amalgama. Certo, la condanna per chi gioca o allena a Milano è... vincere! Lino Lardo fece una finale contro la Fortitudo, anche imprevista, decisa, in fondo, a danno degli armanini da un tiro impossibile e scoccato da distanza siderale da Ruben Douglas, innescato da quel Basile che ora evoluisce a Cantù. Piero Bucchi ne fece addirittura due. Né l'uno né l'altro salvarono la panchina. Due eccellenti coach peraltro. Sergio Scariolo è un allenatore carico di gloria e vittorie: campionati fra Spagna e Italia, due Europei con la Spagna. Ma Milano è una piazza dura, esigente, ti spolpa, ti esaurisce. Devi vincere. L'ultimo a riuscirci fu quel gran drago di Tanjevic. Era il lontano 1996 e Milano schierava una squadra bellissima, con Nando Gentile, Rolando Blackman, Dejan Bodiroga, Sandro De Pol Flavio Portaluppi, Gregor Fucka e compagnia cantante. Fenomenale équipe, una delle migliori di sempre nella storia della pallacanestro italiana.

L'impressione è che Milano si ricorderà di questa gara umiliante, del violento schiaffo in faccia. Forse, se hai carattere, puoi ripartire anche da una sconfitta di tale portata. Come sapeva fare quel mago che era Dan Peterson.

Cantù... Cantù è Cantù, il magnifico David del basket italiano e internazionale.

Un derby indimenticabile per tutti. Anche se le risultanze emotive sono state di segno diverso, opposto. Che l'Anno Nuovo sia viatico a entrambe dei più importanti successi nel vecchio continente. In Italia fra le due sarà ancora aspra, ma leale, battaglia. Per la gioia di chi ama il basket. A prescindere.

 

Alberto Figliolia


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