Diario di bordo
Giuliano Ghilotti. Il Gioco dell’Oca (truccato)
19 Settembre 2011
 

Come se…

Avete svuotato la cassa e la banca dei vostri risparmi per acquistare la casa dei sogni. Versate in contanti, ma quando fate per metterci piede vi informano: la dovete pagare una seconda volta.

Siete condannato ad un bagno in acqua e sale, dopo aver ricevuto, nudo come un verme nella pubblica piazza, 77 sonore frustate: è la vostra punizione. Non sarete felici di sapere che sarà ripetuta, immediatamente, senza un perché.

Non molto diversamente si saranno sentiti i Gianoncelli, e particolarmente Marinella, destinataria, della sconcertante missiva dell’Avv. Nicola Marchi: mi devi pagare 57 mila e rotti euro o saranno guai (vedi lettera in allegato).

 

Il gioco dell’oca.

Come in un incubo Patrizia, Marinella, Diletto e Giorgio Gianoncelli partecipano ad un perfido gioco dell’oca dove le regole non valgono mai: se vinci non incassi, ma se perdi devi pagare, se paghi non estingui il debito e quando giungi all’arrivo torni sempre alla casella di partenza.

Per questo motivo i nostri eroi devono continuamente opporsi e ad ogni legittimo ricorso si vedono addossare una montagna di spese legali, e si ritorna daccapo.

Le spese relative alle sentenze b, e, f (vedi documento allegato) sono state interamente pagate attingendo al ricavato dalla vendita dell’appartamento pignorato a Patrizia (con le discutibili modalità descritte ne ‘l Gazetin, ottobre 2010).

Altre spese riguardano una causa in cui è stata condannata, tre anni dopo la sua morte, la nonna. Gli eredi non erano parti in causa e la sentenza (n. 481/06 del Tribunale di Sondrio) non è mai stata loro notificata.

L’importo non recuperato dalla vendita dell’appartamento, ovvero la differenza tra le esorbitanti parcelle dell’Avv. Nicola Marchi (85.313 Euro) e il ricavato (70.500 Euro), dedotte le spese per il professionista incaricato (3.332 Euro) dovrebbe, semmai, essere chiesto a Patrizia, essendo stata condannata in prima persona al pagamento delle spese di opposizione al pignoramento e di quelle inerenti le procedure di vendita.

Ma, si sa (è tristemente noto a noi che da tempo ce ne occupiamo) è più difficile trovare cose dritte in questo affaire che gambe dritte tra i cani.

 

Chi male inizia è già a metà del misfatto.

Da cattivo seme non nasce buon frutto. Il fallimento Gianoncelli è paradossale fin da prima che venisse dichiarato.

Infatti il 5 giugno 1997 venne rigettata, con la motivazione che la Società non si trovava in stato di insolvenza, l’unica istanza di fallimento, proposta nientemeno che dal socio Bruno Gianoncelli il quale, tuttavia, manifestava, avanti il G.I. Dr Pietro Paci, l’intenzione di ritirare l’istanza a condizione che venisse affidato il tutto a un fidato plenipotenziario (avete letto bene) il quale avrebbe avuto diritto di vita e di morte su ogni bene mobile e, soprattutto, immobile.

Il Giudice Dr Paci (come riferito in un processo penale dal testimone Avv. Marco Gandini di Milano, difensore di Franco e Peppino Gianoncelli) caldeggiava la proposta e indicava egli stesso taluni nominativi dei papabili al ruolo di “plenipotenziario”.

Franco e Peppino non hanno accettato il gioco dell’oca truccato. Il risultato è stato che il 3 dicembre 1997 (nemmeno sei mesi dopo il rigetto della prima istanza di Bruno Gianoncelli) a situazione economica e patrimoniale migliorata, venne dichiarato il fallimento della Società e dei soci Franco e Peppino (ma indenne Bruno Gianoncelli che anche nella seconda procedura ha avuto un ruolo di primo piano).

 

Non si fa ciò che si deve, per far ciò che non si può.

Anziché liquidare tutto e pagare i creditori della società, come peraltro dispone la legge fallimentare, il “Fallimento” affidato alla capace guida del curatore Dr Marco Cottica con il supporto legale dell’Avv. Nicola Marchi, si è infilato in un vorticoso tunnel di inutili cause civili che hanno creato una prima montagna di spese legali.

Come prescritto dal torbido ed artefatto gioco dell’oca ad alcune parti soccombenti nella causa (i coniugi Fiori) sono state, sempre per incomprensibili motivi, risparmiate le spese legali. La prima tornata di spese legali, di circa 37.000 Euro, è stata affibbiata a chi, almeno in parte, aveva visto riconosciute le proprie ragioni: i figli di Peppino e Franco Gianoncelli: Marinella, Patrizia, Diletto e Giorgio.

 

Da creditore a eterno debitore.

Altra cosa incredibile, che riteniamo non abbia uguali nella storia dei fallimenti, è il fatto che due creditori privilegiati (Giorgio e Diletto), che in quanto dipendenti devono essere liquidati per primi e per intero, non solo non sono stati pagati per poche briciole (nel 1999), ma sono diventati in solido con Marinella e Patrizia debitori per le spese legali.

In ogni consesso civile che si rispetti si compenserebbero debiti e crediti, ma così facendo il “Fallimento” avrebbe riscosso un credito senza incassare un Euro.

 

Tutta trippa per i gatti.

Da qui la geniale idea di lasciare a bocca asciutta Giorgio e Diletto e di far pagare tutte le spese legali (37.000 Euro) alla sola Patrizia che disponeva di un immobile del valore di circa 121.000 Euro, svenduto a 70.500 Euro, con una procedura costata 85.313 Euro, somma interamente liquidata a favore dell’Avv. Nicola Marchi, a cui si è aggiunta la somma di 3.332 Euro, a favore del professionista incaricato della vendita.

 

Fine del gioco.

Alla fine del gioco il “Fallimento Gianoncelli”, che ad ogni opposizione, ricorso, rilievo, istanza, carica smisurate spese legali, si trova come per incanto ad aumentare il debito senza pagare i creditori, neppure quelli privilegiati, ma solo se stesso ed il proprio apparato, con l’avvocato Nicola Marchi in prima fila per velocità redazionale di parcelle inconcepibili.

Così, ad estremo rimedio, completamente al di fuori della procedura fallimentare prevista e delle più elementari regole del processo esecutivo, è stato affidato a una raccomandata (documento allegato) l’arduo compito di far pagare a Marinella sia ciò che è già stato pagato, sia somme di competenza di Patrizia, che non può pagare in quanto le è stato tolto tutto, meno le lacrime per piangere, sia somme di competenza di Lina Moretti, che non può pagare perché morta.

Il gioco è brutto quando è lungo e truccato.

È auspicabile che venga disposta un’accurata ispezione ministeriale – su questa ed altre poco edificanti vicende – e che vengano adottati provvedimenti nei confronti di coloro che si sono resi responsabili di questa kafkiana situazione.

 

Giuliano Ghilotti

(da 'l Gazetin“Carta canta”, luglio-agosto 2011)


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