Prodotti e confezioni [08-20]
In libreria/ Alberto Figliolia. “Il mondo negli occhi” di Silvia Magistrini
16 Settembre 2011
 

Non sai che cosa apprezzare di più, se le poesie o le fotografie. Né immagini che cosa sia nato prima, se il verso o lo scatto. La mente o la vista? La vista della mente, con il coinvolgimento del sentimento. Il mondo negli occhi si intitola il libro di Silvia Magistrini (euro 20, il Baobab Editore): poesie in viaggio, dedicate alla “sapienza dei vecchi, alla forza delle donne, ai bambini, speranza del mondo”.

«Da bambini» scrive nell'introduzione al volume Tiziano Pera, compagno di vita e di percorsi (quale altro viaggio è più importante della vita?) «si viaggiava con la fantasia, sfogliando gli atlanti geografici che con mappe e foto, magari in bianco e nero, svelavano parti di un mondo che non era ancora il nostro: cartine e immagini, perle rare per i bambini d'oggi».

E ancora... «Tenere fra le mani questo libro non significa possederlo, ma sentire l'emozione che ne trabocca: basta iniziare a leggere e ad osservare le fotografie per sentirlo parlare, per coglierne i rumori di fondo: carri che trasportano di tutto, acque che scrosciano o che ondeggiano spezzando gli specchi e i riflessi, venti che spazzano strade grigie o panorami assolati, nevi che sbiancano cime irraggiungibili, pecore al pascolo e pietre che dicono di storia. Poi volti, tramonti, alberi e pianure».

Ogni pagina sfogliata è un passo in questo vasto pianeta, su questa piccola sfera schiacciata ai poli, minuscolo granello nel Sistema Solare e nell'Universo. Un itinerario lungo le strade di ogni continente, alle più diverse latitudini: dal Tibet a Baghdad, da Palmira a Sana'a, Yemen – «Il giorno finisce/ in solitaria bellezza,/ vicino/ batte la vita/ nel fuoco di mille incudini» –, dagli altipiani etiopici al Bhutan – «Nelle guglie del chorten/ si proietta/ l'orizzonte del tempo/ inabissato all'alto» –, da un'alba in Mali alla Valle dell'Indo, e vecchi d'oriente, pastori mesopotamici, Cirene e la natura delle Galapagos, un sorridente monaco birmano, Gerusalemme, «un lungo gemito frantumato in fessure di pietra», e il Sinai, il rosso Marocco e il vertiginoso Salto Angel in Venezuela, le monumentali pietre di Angkor Wat e le possenti inarrestabili radici degli alberi che si riprendono il possesso della terra, la polvere del Sudan e i disegni degli aborigeni, Persepoli e il Vietnam, l'India – «una povertà piena di grazia/ di struggente dolcezza,/ di vecchi storti/ e di occhi bianchi,/ di fagotti inerti sui marciapiedi./ Piccole dita fredde/ toccano l'anima/ che non sa pregare/ questo Cristo sfinito/ sulle strade dell'India» –, i colori del Laos: rosa, verde.

Una homeless sulla spiaggia oceanica di San Francisco: «Provavo freddo/ non solo per la nebbia/ che ci rubava il sole.// C'era il tuo fuoco/ ma solo a te/ faceva casa». Lo sguardo di Silvia si mantiene umile; l'approccio a cose, culture, persone è sempre rispettoso. La curiosità intellettuale non è mai fredda, semmai è l'empatia a caratterizzare il viaggio. Intelligenza e partecipazione emotiva. La meraviglia.

«Partiremo un giorno in silenzio/ oppure tra grida d'addio,/ dedicati al mistero/ Fragili le nostre dita/ si sfalderanno/ come fiori dolcissimi e brevi/ Sarà forse la luce in agguato/ a intiepidire lo sguardo/ nelle pieghe del cuore/ oppure/ il gusto del tempo,/ esile fiamma,/ a poco a poco si lascerà fiorire d'ombra/ Giunga a noi allora/ tacitamente compiuto/ il nostro viaggio».

 

Alberto Figliolia


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