Lisistrata
Lidia Menapace. Oslo è la violenza della politica
24 Luglio 2011
 

La strage di Oslo è simbolicamente fortissima e ci dice che non abbiamo costruito una memoria politicamente significativa del tasso di violenza che c'è nella politica, né una riflessione minimamente adeguata sul rapporto esistente tra tipo di cultura politica di riferimento e contesto, nonché organicità della violenza ad essi. Inoltre non ci si rende conto che non avere memoria della violenza e degli episodi o attrezzatura mentale e pratica alla lotta nonviolenta non serve a difendersi dalla violenza e soprattutto non dal suo contagio.

Ad esempio, a proposito di Genova la trasmissione della memoria di ciò che era venuto prima sarebbe stata molto importante, il tramite e il raccordo con il G8 delle donne pure, allora e oggi. Non si può dire che Genova è il massimo di violenza di stato: e allora Piazza Fontana? Reggio Emilia? il governo Tambroni? Portella della Ginestra?

A proposito di Genova mi è parsa molto precisa equilibrata ed efficace la ricostruzione che ne ha fatto “Un giorno in pretura” di sabato 24 notte. (Con le solite due mancanze: censurato, dimenticato il G8 delle donne allora e nel suo decennale e le responsabilità politiche del governo, non solo gli abusi degli esecutori, insomma: che alla caserma di Bolzaneto a tenere le fila e a dirigere c'era Fini al quale vien magari facile dire che ciò che ha prodotto la Shoah è il male assoluto che è il nazismo, ma non gli esce di bocca una parola sulle sue responsabilità di Genova, nemmeno sorry).

Ma voglio provare a dire che se delle grandi manifestazioni e del loro significato politico avessimo fatto memoria, la sequela dei fatti che intercorsero tra piazza Fontana e i 12 dicembre a Milano, ci avrebbero consentito di fare anche memoria dell'agire della polizia (fino alla sua sindacalizzazione ecc.). E se fossimo minimamente abituati/e a considerare le azioni politiche delle donne azioni politiche tout court, pure.

 

Ma perché insisto tanto su Genova? perché temo che certe rievocazioni assolutamente acritiche verso il movimento e per esempio la sua assoluta impreparazione pratica, mi suggeriscono di pensare che non sia impossibile che vi siano altri Carlo Giuliani, mentre la riflessione politica sull'efficacia della lotta nonviolenta consiste appunto nel rendere impossibile altri Carlo Giuliani. Partecipare a manifestazioni è un diritto e un diritto non richiede eroismo, mai, in un paese democratico. E se le donne trovano un modo di manifestare che non provoca scontri, perché non imitarle?

 

Ma allora, come nasce Oslo?; questa strage di dimensioni e modalità insopportabili, non può essere trattata come un grande fatto di cronaca. Dirò, anticipando le conclusioni molto incerte che avanzo, che la sua genesi e significato è assolutamente politico. E mostra la clamorosa caduta e fallimento della grande civiltà o cultura (ciò che in francese si dice civilisation) socialdemocratica, la quale si fonda riformando o contenendo il capitalismo affluente, senza mai metterne in discussione la struttura economica, crolla con danni generali quando il capitalismo è in crisi irreversibile, nel suo meccanismo profondo e in tutto il mondo. Qui siamo. Che fare? intanto non riaprire pulsioni imitative in personaggi deboli: quando i tg magari del sabato o della domenica elencano un padre che uccide moglie e figlio, un texano che ammazza cinque persone e poi si toglie la vita, una famosa cantante che muore di suicidio incosciente a 27 anni, un incidente alla stazione Tiburtina di Roma subito messo tra i sospetti di anarcoinsurrezionalisti della Tav ecc. ecc., si deve dire che il palinsesto informativo della Tv di stato è molto poco informativo e obiettivo. Chiedi la censura? mi si domanderà con sospetto, perché sono ormai sospetta delle peggio cose, sarei persino disposta a parlar male di Garibaldi... Ebbene no, non voglio affatto la censura. Ma le notizie vengono selezionate, non si può mai darle tutte quante e ognuna subisce un trattamento molto diversamente significativo. Ad esempio perché Oslo tiene per giorni e donne, bambini, bambine, uomini del Corno d'Africa dopo una scarna esibizione strappalacrime scompaiono a morire di fame e sete? e perché mentre di Oslo si cercano gli antecedenti, della morte per fame, sete e stenti, decisa dall'Occidente come “naturale” e perciò unico lecito mezzo di controllo delle nascite, non si dice nemmeno la storia, arriva narrata come una calamità naturale e “non si può fare niente per aiutare le persone, perché lì non c'è lo stato e nessuno è in grado di distribuirli”. Questa è informazione corretta? e potremo mai superare il capitalismo in crisi, se non capovolgiamo gli indirizzi informativi.

 

Lidia Menapace


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