Lo scaffale di Tellus
Gordiano Lupi. La castroenterite 
Racconto apocrifo di Guillermo Cabrera Infante
(foto Stefano Pacini)
(foto Stefano Pacini) 
26 Maggio 2011
 

Fidel Castro ha sradicato la povertà da Cuba e ha nazionalizzato la miseria. Ha dato ai cubani la tessera del razionamento e l’economia di sussistenza stile Pol Pot, ma anche un lunatico sistema militare-agricolo che produrrà per la popolazione cubana una vera carestia. Non certo per i dirigenti, ma per il popolo. Castro è un capitano che affonda con la nave dopo averla fracassata. L’isola sarà il suo Titanic. E io che ho vissuto nel mostro ne conosco le viscere, per dirla con Martí, so tutto di quel sordido dittatore che si finge comunista. Non assisterò a un delitto in silenzio, perché so che equivale a commetterlo. Il castrismo ha esiliato troppi scrittori, persone che non possono più tornare nella loro terra - chi è ancora vivo, ma molti sono morti prima del persecutore - come Heberto Padilla, Reinaldo Arenas, Carlos Franqui, Carlos Alberto Montaner, Antonio Benítez Rojo, Lydia Cabrera, Labrador Ruiz, Carlos Ripoll, José Triana, César Leante, Eduardo Manet, Severo Sarduy… Cuba ha prodotto nell’ultimo quarto di secolo più esuli di tutti gli altri paesi americani messi insieme. In ogni caso gli scrittori non stanno peggio di altri, perché a Cuba non si uccidono molti scrittori. Si uccidono operai, contadini, dirigenti clandestini, testimoni di Geova, bianchi e neri. Ma scrittori ne uccidono meno di chiunque altro. Gli scrittori tacciono o si spaventano e il loro silenzio viene comprato con una casa e una macchina e qualche viaggio. Vanno via dal paese come esuli. Non uccidono gli scrittori. Uccidono, appunto, uomini privi di immaginazione come Gustavo Arcos, uccidono i loro stessi eroi.

La nostalgia è l’opposto di una nevralgia: il dolore resta dietro. Si continua a parlare di ciò che abbiamo perduto per tutta la vita. Non posso che parlare di Cuba e delle cose che so, mentre non posso parlare di un’America Latina che non conosco e che in fondo è così poco latina. So che la Rivoluzione cubana nasce da un inganno perpetrato da Fidel Castro nei confronti di Herbert Matthews, giornalista credulone che fabbricò il mito di un Castro vincente. Matthews subì il fascino di Castro pure quando si rese conto che sulla sierra lo avevano preso in giro, spacciando per un esercito un pugno di uomini che sfilavano a rotazione davanti ai suoi occhi. Tutti i tiranni sono lo stesso tiranno anche se non sembrano uguali.

Il Times di Londra prova una sorta di rispetto accademico per Fidel e arriva al punto di chiamarlo il dottor Castro. Le Monde è innamorato di Castro quasi quanto lo era il vecchio Matthews. La sinistra europea venera Castro e mette nel libro nero della destra tutti i suoi detrattori. Non esiste lista nera più terribile per uno scrittore, un giornalista o un uomo pubblico, che finire etichettato come uomo di destra. E io allora dico che sono un reazionario di sinistra. Ma dico con forza che la futura seconda repubblica cubana dovrà creare una procura generale in cui il procuratore della repubblica processi tutte le pubblicazioni che in Europa e in America hanno ripetuto le calunnie castriste contro Cuba e le giudichi se non per complicità almeno per diffamazione. Leggo cose deliranti come: “L’istruzione e la sanità sono esemplari, sotto Castro”. Ma non dicono mai che gli scolari cubani quando imparano a leggere e a scrivere devono cominciare a farlo con un sillabario che inizia con la F di Fidel. Agli adulti che sanno leggere una censura crudele e quotidiana impedisce di leggere libri, quotidiani e riviste pubblicate all’estero. La sanità pubblica è un caos con centro Castro: ci sono febbri puerperali, suine, dengue, brucellosi. In compenso mancano anche le aspirine. Se a Cuba ti trovi con il mal di denti la cosa migliore che puoi fare è stringere i denti. Letteralmente. In compenso i soliti propagandisti della fame parlano del crudele blocco statunitense contro Cuba, ottima scusa per il regime che sa chi indicare come responsabile dello sfacelo. In ogni caso non dimentichiamo le colpe di Cuba, cose non da poco come attentati e guerre in ogni parte del globo per difendere interessi del blocco sovietico, trecentomila soldati spediti in Angola, Congo, Namibia, persino in Etiopia. La castroenterite è una malattia grave, capace di far dimenticare che Cuba nel 1958 aveva un prodotto interno lordo superato solo da Argentina e Venezuela. Oggi si parla di terzo mondo e il paragone si fa con Haiti. A Cuba negli anni Cinquanta c’erano più automobili che in molti paesi europei e più televisioni che in Italia. Cuba ha avuto la televisione a colori nel 1958, dieci anni prima di Inghilterra, Galles e Scozia. I giornali di sinistra mi dovrebbero spiegare come mai tanti cubani rischiano la vita per fuggire dal paradiso. Cuba è un paese comunista e un paese comunista è un mondo di menzogna e di paura. Fidel Castro morirà nel suo letto, proprio come Stalin e Mao, mentre il suo governo ha prodotto più esuli che un secolo e mezzo di storia americana. La letteratura cubana è da sempre letteratura dell’esilio, per svariati motivi, e la poesia è la sua massima espressione letteraria. Nel secolo scorso fu Julían del Casal, in questo secolo Lezama Lima, esuli interni, desiderosi di lasciare l’isola, ma timorosi di scappare all’estero. Per José María Heredia l’esilio fu una condanna a morte, scomparso a trentasei anni lontano dalla patria, primo scrittore cubano a morire in esilio. Non sarebbe stato l’ultimo, purtroppo. Per noi cubani il socialismo è stato uno scherzo pesante che ci hanno fatto, che continuano ancora a farci. La morte non assolverà Castro, statene certi, ma ha preparato per lui un letto di Procuste.

 

Gordiano Lupi


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