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Compagnia Teatro Carcano. La bottega del caffè
03 Aprile 2011
 

Non delude certo le attese la nuova produzione della Compagnia del Teatro Carcano. Si tratta di un classico: La bottega del caffè di Carlo Goldoni, rappresentata per la prima volta a Mantova il 2 maggio 1750. Insomma, soltanto 261 anni fa. Niente male per un evergreen.

La prima milanese del 30 marzo, dopo il debutto trevigiano del 4 febbraio e una successiva tournée nel centro-nord, è stata bagnata da un gran successo, con tanti, ma proprio tanti, volti giovani in platea, a dimostrare che la cultura attrae, che con la cultura si può mangiare (eccome!) nutrendosi nel contempo corpo e spirito. In cartellone sino al 17 aprile (poi si muoverà verso Seregno e Pavia) questa Bottega del caffè si avvale della splendida interpretazione di Marina Bonfigli, Antonio Salines, Virgilio Zernitz, Massimo Loreto et alii. Le scene e i costumi sono di Guido Fiorato, le musiche di Giancarlo Chiaramello e le regia di Giuseppe Emiliani.

La storia si svolge nell'inverno veneziano, in una piazzetta sulla quale si affacciano una bottega del caffè, una barberia, una locanda, una bisca, degli appartamenti. Protagonisti sono: il caffettiere Ridolfo, sorta di deus ex machina; il gentiluomo napolitano Don Marzio, terribile linguaccia dispensatrice di guai a iosa; il mercante Eugenio, perduto per il gioco e fedifrago in pectore, e la disperata e pur innamorata moglie Vittoria; il torinese Flaminio, alias Conte Leandro, e Placida, la moglie abbandonata che in veste di pellegrina si è mossa per cercare lo scapestrato consorte; Lisaura, ballerina di cui Flaminio è spasimante ricambiato, ma che è totalmente ignara della vera identità dell'amante; il subdolo e senza scrupoli biscazziere Pandolfo; Trappola, servo sapido e astuto, in possesso di un esilarante latino maccheronico oltre che di innumerevoli grani di saggezza popolare; e poi, via via, figure di contorno ma necessarie, garzoni vari, un cameriere, il capitano dei birri che parla e birri che non parlano, ma che sono muniti di nere inquietanti maschere a produrre giustizia.

La commedia si svolge fra piccoli grandi equivoci, colpi di scena, dialoghi brillanti e raffinati, fra dolce, grottesco e amaro, nei giorni del Carnevale così celebre della gran città sulla laguna. Riportiamo in merito le seguenti esemplari parole: «Goldoni descrive, indaga e mostra allo spettatore, in forma imperfettibile, l’agire degli esseri umani in un determinato contesto storico e in un continuum culturale che ancora oggi ci appartiene. Invidia, amore, odio, brama di denaro, di potere, lotta per il benessere, per il cibo, sono forse cambiati, nella loro sostanza, da quando Goldoni ha scritto i suoi capolavori? No. Però Goldoni, che fa parte di quella ristrettissima cerchia di autori che hanno scritto sul palcoscenico e per il palcoscenico, secondo regole che sono ancora oggi insuperate poiché rappresentano un perfetto equilibrio fra la parola e l’azione scenica, li descrive in maniera ineguagliata». Arte e antropologia.

Da ricordare che questa ripresa de La bottega del caffè costituisce anche un tributo affettivo e artistico allo scomparso (un grandissimo, nonché fondatore della Compagnia del Carcano) Giulio Bosetti, che vi recitò nel prezioso allestimento al Teatro Romano di Verona, anno Domini 1989, con la regia di Gianfranco De Bosio, i costumi di Santuzza Calì e le scene dell'immenso Emanuele Luzzati, maestro dell'attuale scenografo Fiorato

Interessante a questo punto confrontarsi con le note di regia: «Protagonista della commedia è l’occhialetto, diabolico strumento, col quale don Marzio, seduto al caffè, spia indiscretamente tutto e tutti, sforzandosi di vedere anche quello che effettivamente non è: “il mio occhialetto non isbaglia” …Ciò che caratterizza questo capolavoro goldoniano è l’estrema concretezza con cui sono fuse l’evocazione dello sfondo ambientale, il dipanarsi dell’intreccio imperniato su pettegolezzi, manie, stravaganze, imbrogli e finzioni, e il disegno geniale d’un carattere, quello di don Marzio: “Eh! Io so tutto. Sono informato di tutto. So quando si va, quando esce. So quel che spende. quel che mangia, so tutto”. Don Marzio è il prototipo di quei frequentatori di caffè che sanno di questo e di quello, che raccolgono notizie dalla voce degli altri e dalle gazzette per farsene portavoce, senza la cura di controllarle e di verificarne la fondatezza, mescolando verità e invenzione. Nella Bottega del caffè si nasconde una vena scientifico-filosofica caratteristica del diciottesimo secolo e non manca quel doppio livello di lettura, quell’aspetto metateatrale che più volte si ritrova nel Goldoni. La scena è uno spazio quotidiano che ruota attorno ad un centro fortemente simbolico, rappresentato dalla bottega del caffè, un luogo dove si mescolano il consueto e l’imprevedibile: il punto ideale per osservare e giudicare il “Mondo”. Non doveva essere difficile per gli stessi spettatori riconoscere le figure che si agitavano nel cerchio della finzione. La realtà della Bottega del caffè è trascolorante: i limiti fra verità ed apparenza tendono a scomparire: Leandro non è che un finto conte; la pellegrina si scopre una moglie in cerca del marito nascosto sotto falso nome; Vittoria, per non essere riconosciuta, passeggia in maschera; nella bisca di Pandolfo si giuoca con le carte segnate e la casa della ballerina ha forse una porta di dietro. “Flusso e riflusso, per porta di dietro”: ecco l’insinuante ritornello di don Marzio, spione che “ha saputo tutto” ma che in realtà non sa nulla. La geniale costruzione drammaturgica della commedia lascia allo spettatore la sensazione di osservare i casi dell’esistenza attraverso l’occhialetto diabolico di un Maldicente che non tace mai e pretende sempre d’aver ragione. Don Marzio, puntiglioso e insinuante, è sempre pronto a inforcare il suo occhialetto e puntarlo sui casi del “Mondo”. Nella sua mente si rincorrono ipotesi che le parole traducono frettolosamente in certezze. Il suo sistema di giudizio, nel quale si intersecano personaggi e avvenimenti differenti, finisce per imporsi come una coscienza scomoda dell’esistenza».

Da non perdere.

 

Alberto Figliolia

 

 

La bottega del caffè

Teatro Carcano di Milano (corso di Porta Romana 63, Milano)

Da mercoledì 30 marzo a domenica 17 aprile 2011.

Orari: da martedì a sabato ore 20:30, domenica ore 15:30.

Info e prenotazioni 02 55181377 - 02.55181362;

sito Internet www.teatrocarcano.com


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