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In libreria/ Nicola Vacca. “Il Dio dell'impossibile” di Patrizia Garofalo
24 Marzo 2011
 

Non sono molti i poeti che amano scrivere con le parole strappate dal cuore. Sono davvero pochi i poeti che si lasciano incendiare dalle passioni e avvertono sulla propria pelle il tratto profondo del verso che soltanto una forte emozione è in grado di trasmettere. Sono rari i poeti che non mentono quando scrivono.

La poesia per essere ragione di vita ha bisogno di autenticità, e il poeta per stupire interiormente chi legge non deve fare altro che ascoltare la sua naturalezza, mettere sulla pagina la schiettezza della parola nuda. In poche parole egli, per incontrare l’Altro, non deve rinunciare all’onestà e alla trasparenza.

«Amo la parola/ La strappo dal cuore/ Dall’incandescenza/ Dallo squilibrio/ Da processi indiziari/ Lontana da me/ Si apre distesa/ Libera/ Senza scorie/ Donazione di sincerità/ Ferirà il foglio/ E/ Lo spruzzerà di sangue». Questi versi bellissimi sono la dichiarazione di poetica di Patrizia Garofalo e si trovano nel suo libro fresco di stampa Il Dio dell’impossibile (Introduzione di William Navarrete, postfazione di Paolo Ruffilli, Edizioni Il Foglio, pagine 131, 12 euro).

La poetessa con grande coraggio si definisce un’«appassionata fotografa di vita». Senza difese scrive a cuore aperto, dichiarando apertamente di non amare «i poeti che stuprano se stessi».

Patrizia Garofalo continua a scrivere un’ininterrotta poesia d’amore, non rinuncia alle forti emozioni della sensualità per dare voce al silenzio, dentro il quale sono custodite le parole.

«Continuerò a scrivere/ Versi d’amore/ Strappati al silenzio». La Garofalo soffre e vive l’insufficienza della parola, imprigionata dall’incapacità, dalle mura umide della nostra prigione. Del silenzio cerca l’affanno e il respiro. Dalla sua poesia «arrivano parole/ attaccate ai sentimenti» per riempire il vuoto senza ormeggi nel quale ogni giorno precipitiamo.

Davanti al disarmo etico di un’epoca che non ha più nulla da raccontare, nessuno può soffocare la voce del poeta che nel deserto dell’anima non si arrende e chiede al silenzio di restituire alla vita quelle poche parola che urlano libertà.

La Garofalo non rinuncia nella sua poesia alla sensualità e alla passione, incendia col cuore il rumore assordante di quel silenzio cosmico nel quale siamo caduti perché abbiamo paura di toglierci la maschera.

La vita ha un sentimento tragico, il suo peso può essere sopportato attraverso la forza assoluta dei sentimenti. Questa è la scommessa di Patrizia Garofalo, che scrive versi per dare voce al silenzio, strappa dal cuore le parole per mettere ordine nel disordine dell’oggi, dove non bisogna arrendersi. Perché «ci sono giorni/ che fanno la differenza».

Non nascono tutti i giorni poeti che ci dicono senza alcuna retorica che c’è sempre qualcosa da salvare, che sono le ore dell’amore e della felicità quelle che vale la pena conservare per poter trovare ogni giorno la ragione per vivere.

Non si incontra spesso un poeta che non scrive versi a tavolino, che non stabilisce spesso il tempo della sua creatività, è che soprattutto avverte la necessità di «restituire alla parola/ la dimenticanza che l’ha storpiata».

 

Nicola Vacca


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