Pianeta jazz e satelliti
Giovanni Guidi - We don't live anymore (Camjazz) 2011
15 Marzo 2011
 

Giovanni Guidi piano, Gianluca Petrella trombone, Michael Blake sax, Thomas Morgan bass, Gerald Cleaver on drums.

Tracklist: 1 DESS 4:53 2 FURIOUS SEASONS 4:47 3 WE DON'T LIVE HERE ANYMORE 6:35 4 SHE COULD TELL THEY WERE FRIENDS 3:34 5 DISTURBING THE PEACE 5:52 6 THE DREAMERS 3:21 7 BEGATTO KITCHEN 2:39 8 OVERNIGHT REVOLUTION 7:50 9 WHAT REMAINS 7:01 10 IN PURSUIT OF SILENCE 8:27

 

 

Nello spazio di poche settimane sono usciti due nuovi e interessantissimi album di due dei più rappresentativi musicisti italiani, Giovanni Guidi e Gianluca Petrella. Per di più in questo We Don't Live Here Anymore i due suonano insieme attorniati da tre tra i migliori musicisti americani del momento, in una registrazione newyorkese del maggio scorso. L'album è splendido sia per la bellezza delle composizioni sia per la naturale compenetrazione tra i musicisti, scelti con sapienza e oculatezza. Il pianista di Foligno dimostra di avere una vena compositiva che eccelle nelle ballads, ed in effetti il tempo predominante nell'album è il medio-lento, foriero di temi immaginifici e impregnati di soave malinconia (“We Don't Live Here Anymore”) o di immobile, cristallizzata purezza (“The Dreamers”). Gli ultimi due brani sono libere improvvisazioni, “What Remains” in gruppo e “In Pursuit Of Silence” in trio, che esplorano paesaggi pensosi e quieti con grande bilanciamento di colori e controllo di emozioni. C'è anche un duo tra Guidi e Petrella (“She Could Tell They Were Friends”), una ballad tenue e meditativa che fa risplendere il tocco di impressionante bellezza del pianista.

Tutto l'album è all'insegna della ricercatezza timbrica e della qualità degli accostamenti, ed in questo gioco risplende il bellissimo suono del sassofono di Michael Blake, smarcato da qualsiasi incasellatura preconfezionata e abilissimo nel calarsi in ogni parte con duttilità e naturalezza. Petrella è qui molto più controllato e mainstream sia nel suono che negli assolo, lontano dagli sperimentalismi del suo recentissimo Slaves e da qualsiasi tentazione elettronica. Anche “nature” il timbro del suo trombone si conferma tra i più godibili e creativi che si possano ascoltare oggi. Molto lontano dal precedente album, quel The Unknow Rebel Band di buona fattura ma troppo ricalcato sul modello della Liberation Orchestra per poter vantare un respiro autonomo, questo nuovo progetto che vede il quintetto alle prese con un tour italiano proprio in questi giorni, è invece del tutto originale e convincente. Trama delle composizioni e valore intrinseco dei musicisti contribuiscono a farne uno dei migliori progetti italiani di questo inizio d'anno. Assolutamente da ascoltare.

 

Roberto Dell'Ava

 

VALUTAZIONE: * * * * ½


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