Diario di bordo
Marco Cappato. Non è Minetti a doversi dimettere, ma Formigoni
20 Gennaio 2011
 

Certamente le inchieste che riempiono in questi giorni le pagine dei giornali riguardano ipotesi di reato gravi. Ma non si può non notare come i fatti che noi Radicali denunciamo da mesi e per i quali ci siamo di nuovo stamani recati in tribunale riguardano ipotesi di reato ancora più gravi, relativi alla massiccia falsificazione del voto regionale in Lombardia. E le due vicende non sono scollegate.

Da 11 mesi denunciamo il fatto che le liste di Roberto Formigoni siano state modificate a tre giorni dalla consegna. Inizialmente lo stesso Sostituto Procuratore, oggi Procuratore capo, Edmondo Bruti Liberati chiese l'archiviazione. Il Tribunale amministrativo regionale, con il giudice Leo, ha dichiarato i nostri ricorsi addirittura inammissibili. I vertici nazionali e lombardi delle cosiddette “opposizioni” non hanno mai speso una parola chiara di denuncia dell'accaduto, nonostante le prove siano pubblicate da mesi.

Oggi, improvvisamente, assistiamo a un massiccio impiego di mezzi investigativi (che speriamo possano essere in parte “distratti” sulla questione della legalità delle elezioni) e a parola durissime delle “opposizioni” Partito Democratico e altri per chiedere le dimissioni di... Nicole Minetti? Come abbiamo documentato in tribunale, l'ingresso di Nicole Minetti nelle liste di Formigoni e la conseguente falsità sia delle 2.000 firme già raccolte (su quali liste, se Minetti non era ancora candidata?) che di buona parte di quelle successive, falsificate dopo in tutta fretta sulle nuove liste, non è un'operazione che può essere scaricata alla responsabilità politica o giudiziaria di Minetti o di qualche poveraccio di autenticatore.

Formigoni, obbedendo a Silvio Berlusconi e d'accordo con Umberto Bossi, è il titolare politico di Liste falsificate, che rappresentano una vergogna e un crimine contro i diritti civili e politici dei cittadini ben peggiore di qualsiasi bunga bunga. Non è Nicole Minetti, ma Formigoni a doversi dimettere dal suo mandato, già abusivamente protratto oltre i limiti imposti dalla legge.

 

Marco Cappato

(da Notizie Radicali, 20 gennaio 2011)


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