Oblò cubano
Yoani Sánchez. Cronaca da Cuba: dopo 13 anni si terrà un Congresso del Partito Comunista Cubano 
Dall’inizio della rivoluzione hanno avuto luogo diversi congressi simili, ma questo può portare piccoli cambiamenti economici
Jardim (su
Jardim (su 'El Nuevo Herald', 17/11/2010) 
18 Novembre 2010
 

Sono le sette del mattino e una moltitudine di persone attende davanti all’unica edicola che vende giornali in tutto il quartiere. Non sono lì per comprare il Granma, classico esempio di quotidiano con poche pagine e ancor meno notizie, ma attendono un opuscolo con i lineamenti del VI Congresso del Partito Comunista di Cuba che avrà luogo il prossimo aprile.

Erano 13 anni che «la forza dirigente superiore della società e dello Stato» non sentiva la necessità di riunirsi, ma adesso ha annunciato il suo prossimo conclave. L’ultima volta che è accaduto un evento simile è stato nel 1997, quando ancora il suo primo segretario, Fidel Castro, poteva improvvisare lunghi discorsi che trasformavano le discussioni delle commissioni in un monologo infinito.

 

Riso e carne russa

 

Per me che sono nata nel 1975 - anno del primo congresso del PCC - questi incontri quinquennali hanno finito per segnare differenti tappe della mia vita. Ricordo soprattutto il congresso del 1986, che si concluse nel processo di rettificazione degli errori e tendenze negative, chiudendo i liberi mercati agricoli e lasciando sopra le nostre tavole un monotematico menù a base di riso e carne in scatola proveniente dall’Unione Sovietica.

Nel 1991 è stata la volta del IV congresso che ha reso flessibile lo statuto dell’associazione politica per consentire l’ingresso ai religiosi. La percentuale dei credenti che sono entrati nel partito non è stata così alta come quella dei membri effettivi che si sono potuti togliere la maschera dell’ateismo per confessare una fede ulteriore rispetto al marxismo leninismo. Gli anni del periodo speciale con le loro carenze materiali ci hanno fatto attendere fino al 1997 per vedere “l’avanguardia organizzata della nazione cubana” riunirsi in congresso per la quinta volta.

Il grande appuntamento si è concluso con la creazione di un documento intitolato: “Per la democrazia e i diritti umani che difendiamo”, una sorta di programma da seguire. Molto ironico per un paese dal quale non si può uscire senza permesso, dove ancora oggi viene penalizzata l’associazione ed esprimersi liberamente è una dolorosa chimera.

 

L’isola di Chávez

 

Proprio quando ritenevamo che l’unico partito consentito dalla legge non si sarebbe più riunito, è comparso l’annuncio pubblico del suo sesto congresso. Alcuni di noi hanno pensato che la nazione stava tornando agli anni compresi tra il 1959 e il 1975, quando non si cercava di nascondere che il governo esprimeva la volontà di un uomo, visto che i progetti economici, le iniziative politiche, i programmi sociali uscivano da una sola testa con cappello verde oliva e barba rada.

Ma nel corso dell’ultima visita di Hugo Chávez a Cuba, nel bel mezzo della commemorazione ufficiale dei dieci anni di scambio - o per meglio dire sussidio - economico tra Caracas e L’Avana, Raúl Castro ha preso il microfono e ha fatto sapere che i comunisti si riuniranno un’altra volta. L’ha detto senza tante smancerie, come chi approfitta dell’occasione per comunicare un evento troppo a lungo rimandato. Raúl ha chiarito che il congresso avrà un taglio esclusivamente economico, mentre nel 2011 ci sarà una conferenza nazionale del PCC.

 

Senza libertà

 

Se si leggono i 291 punti del progetto di lineamenti della politica economica e sociale per il VI congresso, saltano agli occhi alcune omissioni. Non si fa cenno ad aperture nel settore dei diritti civici, né si parla di ammorbidire la rigida struttura politica che ci paralizza.

Non viene neppure menzionata l’eliminazione delle assurde restrizioni migratorie che impediscono ai cubani di entrare e di uscire liberamente dal loro paese e ancor meno si inserisce la possibilità di fondare partiti politici diversi da quello che ha come simboli falce e martello o di votare in elezioni dirette per un presidente.

L’opuscolo con i punti in discussione comprende solo aspetti finanziari e produttivi; le conquiste civiche dovranno attendere o si dovranno verificare parallelamente al rigido contenuto del documento.

 

Cambiamenti attesi

 

Se si tolgono la retorica e certi approcci trionfalistici, la piattaforma del prossimo congresso comprende alcune proposte interessanti. Si rinforzano, per esempio, l’autogestione delle imprese, l’iniziativa privata, e si arriva persino a parlare di creare un mercato all’ingrosso per i lavoratori indipendenti.

Si prospetta anche la volontà di “applicare formule flessibili per scambio, acquisto, vendita e affitto di abitazioni”, iniziativa che potrebbe aprire le porte a un mercato immobiliare da sempre proibito. Le autorità non hanno mai voluto compiere questo passo, per il timore che in breve tempo le città si ridistribuissero e mettessero in evidenza le vere disuguaglianze sociali che caratterizzano la nostra società.

Anche se molte delle proposte economiche indicate in questo progetto vanno nella direzione sperata - della riforma e dell’apertura - è certo che né la profondità né la rapidità che caratterizzano le misure sono in grado di far uscire dalla frustrazione la maggior parte dei cubani.

 

Rielezione di Fidel?

 

Il punto più scottante intorno al nuovo incontro di partito sembrerebbe quello della possibile rielezione di Fidel Castro come leader eterno del PCC o la sua sostituzione con un’altra figura, senza dubbio suo fratello minore che ha già ereditato il governo della nazione. Tuttavia, le attese in merito a questa decisione si sono dissolte dopo l’annuncio di una conferenza nazionale - parallela al congresso - dove saranno discussi temi interni relativi all’organizzazione.

Questa riunione non ha ancora una data precisa ma toglie all’evento principale del PCC ogni decisione politica. Per questo motivo il vero congresso non è quello che si terrà nella primavera del prossimo anno, ma l’altro, che ancora non sappiamo quando e dove avrà luogo, ma che senza dubbio segnerà la mia vita - la nostra vita - con la stessa testardaggine e cecità delle occasioni precedenti.

 

Yoani Sánchez

(da El Comercio, Perù, 14 novembre 2010)

Traduzione di Gordiano Lupi


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