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Patrizia Garofalo legge IDDU di Paolo Diodati
10 Novembre 2010
 

È Antico il padre e non sempiterno, non alle origini ma nel cammino di chi man mano lo riconosce e gli è grato dell’approdo sulla terra

«quando gettasti l’ancora/ in quella nera isola nel sole»

Il sole non illumina quindi nessuna terra che non aspiri alla luce, all’interiorità, al riconoscimento del miracolo. Sia esso o no Dio, Iddu diventa così un’energia che aiuta a dare senso alle cose. Forza che non riduce al pragmatismo del vivere le azioni quotidiane ma che concede la riappropriazione di esse come nuove ogni giorno (fu la metafisica tedesca dello “straordinario nell’ordinario” a suggerire per prima questa “immaginazione del mondo”). È l’isola di Stromboli la terra dove Iddu ha gettato l’àncora «dove fioriscono capperi e limoni e amore per l’aria, l’acqua, la terra e il fuoco». Da una terra lavica e da luoghi poco accoglienti nella loro asprezza scoppia il sentire di questo componimento e l’umanizzazione di una sovrarealtà che si fonde con gli elementi che lui stesso ha creato in piena comunione con terra e uomini «Iddu che freme/ Iddu che tutto trema» (e trema viene all’unisono ad indicare il Suo personale sbigottimento di fronte al creato e la rispondenza di coloro che lo percepiscono).

Dai muretti laterali alle viuzze «al buio sprizzano scintille». Nella perla nera è pieno il vivere, difficile lo staccarsene, nostalgia resta il sentimento del volerci ogni volta tornare e riposare. Coincidono i luoghi amati con quelli in cui la presenza di Iddu accompagna nel brillio delle lucciole, nel posarsi delle api, nella natura degli ulivi, nei rovi e nelle viti che, tipiche di alcune isole, sono piccoli tralci, si contorcono verso il basso quasi a succhiare l’umidore della terra (i grappoli pieni di succo e vita rimandano immediatamente ad un quadro di Van Gogh). Nell’aridità dell’isola e della vita, l’aggrovigliamento delle piante che riempiono muri screpolati, dove sembra tutto morire assetato, Iddu «che ha sempre il fuoco vivo nelle vene» è talvolta dimenticato, nella durezza del vivere, la fatica allontana l’uomo dall’energia del fuoco, dell’amore, da Iddu.

Il poeta, sempre esule a se stesso, ridefinisce il senso della lontananza, misura l’assenza e ripassa la scia dei sogni che non si disfano all’alba. Il cielo riporta la voce, il mare pescoso risuona e all’anima sarebbe di sostegno sperare nella pace di quel luogo dove ancora inabissata nel fondo, la presenza di Iddu aspetta l’anima.

 

Patrizia Garofalo

 

 

 

Antico Padre, grazie ancora,

per aver scelto quella terra a tua dimora,

quando gettasti l'àncora,

in quella nera isola nel sole...

...là ...dove fioriscon capperi e limoni

e amor per l'aria, l'acqua, la terra e il fuoco...

 

Perché Iddu è aria, è acqua e terra

perché Iddu è fuoco,

perché Iddu è un faro nella notte...

Iddu ti parla, Iddu lo senti

Iddu che freme

Iddu che tutto trema...

e la sua voce e tutta la sua luce

vivono in noi,

difficili a spiegarsi

ed a scordarsi...

 

Là, nelle strade strette ai lati

da vecchi muri fatti a lava e sgretolati,

dove correndo, strisciano

le api e al buio sprizzano scintille...

...là ...dove ritrovi aranci e bouganville,

in quella Perla Nera, vorrei tornare...

Ma quanti ulivi, nei bei declivi,

adesso trovi

imprigionati in mezzo ai rovi...

e quante viti aggrovigliate,

stremate a terra,

là muoiono assetate

là muoiono assetate...

Iddu da tanto e tanti è abbandonato

dimenticato,

Iddu che ha sempre il fuoco vivo nelle vene,

noi lo scordiamo...

 

Vorrei che il tempo ritornasse

a quando io cercavo Iddu ogni sera,

quando guardavo in alto...

e tra le nubi udivo la sua voce...

là, dov'è pescoso il mar di cavagnole...

in quella amata isola nel sole...

...vorrei infine riposare.

 

Paolo Diodati


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