Diario di bordo
Renato Pierri. I morti, ne sono certo, amano il silenzio
08 Ottobre 2010
 

Questa è l'epoca del fango. Fango dappertutto. Fango sulle case, a causa delle piogge. Fango sulle persone, a causa della politica. Fango sul corpo di una ragazzina uccisa e gettata in un pozzo. Ma adesso, scusate, la ragazzina morta non sarebbe il caso di lasciarla riposare in pace? Oppure conviene fare una trasmissione televisiva dietro l'altra di approfondimento, o per meglio dire, di sprofondamento per l'appunto nel fango? Io capisco i giornalisti costretti a fare necessaria informazione su fatti di cronaca nera, ma non capisco quelli che si tuffano con ardore su tali fatti come su fossero cibi prelibati da gustare lentamente. Non gli sembra vero: ore e ore di trasmissioni con ascolti assicurati. Sì, perché sono in molti a guardare, a dire che strazio che pena, fammi sentire, che strazio che pena fammi sentire ancora. «Requiem aeternam dona eis Domine et lux perpetua luceat eis, requiescant in pace. Amen». La ricorderanno questa preghierina perlomeno i giornalisti religiosi? I morti, ne sono certo, amano il silenzio. Ma non si tratta solo di rispettare i morti.

Proprio in questo momento (Rai2 - ore 14:20) passo davanti al televisore che mia moglie (ahimè) tiene acceso, e sento la domanda profonda di un conduttore: «L'ha violentata subito o dopo ore?». Dio mio, ma si può?

 

Renato Pierri


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