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Eliana Cambieri. Ancora a proposito di... diritti
25 Settembre 2010
 

Riceviamo da una nostra socia un intervento che si richiama alla sentenza del Tribunale di Padova. La sentenza diventa possibilità per riflettere sul “ma come sarebbe se...”.

Ci piacerebbe uscire dall'augurio, dal sogno e cominciare a costruire realtà possibili. (Scuola e Diritti)

 

 

ANCORA A PROPOSITO DI... DIRITTI

 

L’ora alternativa è un diritto, e ogni scuola è obbligata a garantirla.

Questo è quanto ha stabilito il Tribunale di Padova, accogliendo il reclamo presentato dai genitori di una bambina frequentante una scuola primaria statale della città veneta.

Mentre ai suoi compagni era impartito l’insegnamento della religione cattolica, l’alunna era stata costretta prima a rimanere in classe, poi a trasferirsi in classi parallele, senza che l’istituto provvedesse ad attivare le lezioni alternative richieste. Secondo il tribunale, la loro attivazione costituisce invece un obbligo, e la scuola ha pertanto praticato nei confronti della bambina una doppia discriminazione, «nell’esercizio del diritto all’istruzione e alla libertà religiosa». Per questo «comportamento discriminatorio illegittimo» l’istituto e il ministero dell’istruzione sono stati condannati anche al pagamento della somma di 1.500 euro.

Questo risultato è stato ottenuto dall’UAAR, che ha sostenuto tecnicamente ed economicamente il ricorso: la vittoria è certamente un fatto positivo, rammarica solo il fatto che in questo nostro bel paese per rendere concreta la parola laicità e veder riconosciuto un proprio diritto fondamentale, debba essere necessario rivolgersi alla giustizia.

In molte delle nostre scuole il diritto alla libertà religiosa è negato sistematicamente, mentre io credo che sia importante per i bambini e per i ragazzi poter scegliere liberamente la propria concezione dell'universo senza che questa sia imposta dalla società. In breve noi resteremmo allibiti se ci raccontassero di un bambino marxista leninista e di uno neo-conservatore, e quindi dovremmo, razionalmente restare altrettanto sorpresi di scoprire bambini cattolici, bambini cristiani, bambini musulmani o buddisti. Potremmo, a ragione, dire che questi bambini sono figli di genitori cristiani, musulmani, buddisti. Questo sarebbe restituire dignità e consapevolezza ai nostri figli e significherebbe lasciare che questi possano formare le loro menti e scegliere se avere una religione o non averla.

Ma questo non succede, e parlando della zona in cui, per il momento vivo, non succede nella provincia di Sondrio, che a me pare segregata tra grettezza religiosa e perbenismo da provincia. Coloro che non si avvalgono dell'IRC, soprattutto in una realtà angusta come quella valtellinese, risentono di una mancanza di parità, vengono additati (in silenzio, come nelle province più buie) e discriminati. Tutto ciò perché non abbiamo dato in pasto i nostri figli ai miti e alle religioni ma, al contrario, ci siamo assunti le nostre responsabilità liberamente.

Eppure conosco molte persone che non sono credenti, o che credono ma con un rapporto con la religione totalmente alieno dall’autorità ecclesiastica. Queste persone, che sono numerose, hanno paura di scegliere la diversità. Hanno paura di esercitare per i loro figli il diritto alla libertà religiosa. Eppure, se queste scelte fossero condivise da più persone si potrebbero organizzare serie proposte di attività alternativa. Pensate che esperienza interessante sarebbe quella della creazione di un’ora alternativa nella quale si discutesse di ambiente, di esseri viventi, di evoluzione. I bambini e i ragazzi potrebbero osservare, sperimentare e usare pensiero critico e creativo, in altre parole un primo approccio al metodo scientifico. L’insegnante potrebbe fungere da facilitatore, rilevare le contraddizioni, senza imporre le proprie concezioni del mondo come verità uguali per tutti. Si leggerebbero storie, pagine di libri, articoli per indurre a discussioni appassionate sulle credenze religiose, sullo scetticismo, sulle ipotesi scientifiche, sul senso civico e di cittadinanza senza spingere nessuno verso una verità precostituita, ma al contrario spiegando e avvalorando il metodo di discussione razionale.

Ed è qui che entra in gioco l’importanza fondamentale della cultura, della conoscenza della storia ed è proprio in questo contesto che vale la pena di ricordare che l'Europa e l'evoluzione della nostra società si basa su una storia di 2500 anni di crocevia di pensieri, risorse e percorsi di tutte le civiltà che hanno partecipato alla sua edificazione.

Si germina attraverso i conflitti, non ritrovandosi tutti insieme, uniti da un pensiero unico. Il libero pensiero è il risultato a cui tutti possiamo arrivare. Il lungo viaggio della vita ci ha condotto, attraverso l'Egitto dei faraoni, la Cina del confucianesimo e del taoismo, la civiltà greco romana, il secolo dei lumi, l'umanesimo e lo sviluppo della coscienza. Perché interrompere questo flusso costruttivo, concedendo spazio solo al pensiero unico? E... naturalmente quel pensiero unico, quella verità assoluta. La verità della CHIESA. Quella verità che la maggior parte delle persone, all’interno delle proprie abitazioni critica.

Io non credo che ci sia qualcuno che ha una verità assoluta, anzi giudico questa forma di pensiero molto pericolosa. Il senso della vita è diverso per ognuno e ognuno di noi deve dargliene uno proprio.

 

Eliana Cambieri

(per 'l Gazetin, ottobre 2010)


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