Oblò cubano
Fidel Castro, le UMAP e la persecuzione dei gay 
Appunti per ricordare
03 Settembre 2010
 

La lettura della recente intervista di Fidel Castro a La Jornada lascia perplessi quando l’ex comandante nega di aver nutrito pregiudizi verso i gay, prima di assumersi ogni responsabilità per le persecuzioni degli anni Sessanta e Settanta (ma non solo).

Recentemente Fidel Castro ha cercato persino di negare le persecuzioni, limitando il problema all’esistenza delle famigerate UMAP (1965 - 1968) dove venivano rinchiusi gli antisociali per rieducarli in senso virile e comunista con una cura a base di lavoro. Nel documentario di Oliver Stoone, Looking for Fidel (2004), e nella biografia compilata insieme al fido Ignacio Ramonet, Castro non ammette neppure il problema e parla di «una supposta persecuzione nei confronti degli omosessuali».

Se scorriamo alcune dichiarazioni del passato ci rendiamo conto che lo storico leader cubano ha sempre fatto professione di omofobia. Castro è stato il responsabile diretto di una persecuzione sistematica nei confronti degli omosessuali, basata esclusivamente su pregiudizi morali. Basta ricordare alcune frasi storiche.

«Non abbiamo mai creduto che un omosessuale potesse possedere cognizioni e requisiti di condotta tali da permetterci di considerarlo un vero rivoluzionario e un vero comunista… sarò sincero e dirò che agli omosessuali non sarà mai permesso ricoprire incarichi dove possano influenzare i giovani». (Fidel Castro a Lee Lockwood, per il libro Castro’s Cuba, Cuba’s Castro, 1965).

«Nella nostra capitale, negli ultimi mesi, si è presentato uno strano fenomeno, tra gruppi di giovani e meno giovani (…) persone che si sono messi a ostentare pubblicamente comportamenti svergognati. Per esempio alcuni hanno cominciato a vivere in maniera stravagante, a riunirsi in determinate strade della città, nella zona della Rampa, di fronte all’Hotel Capri…» (discorso del 28 settembre 1968 in Piazza della Rivoluzione, che si può ascoltare nel documentario Seres extravagantes di Manuel Zayas, pubblicato in parte su Diario de Cuba, 2004).

Fidel Castro approvò gli accordi omofobi del Primo Congresso di Educazione e Cultura (1971), nel cosiddetto quinquennio grigio; firmò come Primo Ministro, la Legge 1267 (1974), sulla “giustizia lavorativa”, che condannava «l’omosessualità esibita e altre condotte socialmente riprovevoli» nel campo dell’insegnamento.

Nel 1980, durante il noto esodo del Mariel, quando abbandonarono il paese con mezzi di fortuna oltre 125.000 cubani, Castro organizzò un piano di espulsione di omosessuali, carcerati e malati di mente. Tra questi venne fatto espatriare anche lo scomodo scrittore Reinaldo Arenas, perseguitato e più volte incarcerato a causa delle sue idee politiche e dei comportamenti scandalosi. Reinaldo Arenas si era visto sequestrare molti romanzi e racconti, che in seguito avrebbe riscritto basandosi sulla prodigiosa memoria. Alcuni libri, invece, riuscì a farli uscire da Cuba grazie alla complicità di alcuni amici. Arenas ci ha lasciato un testamento spirituale toccante, un’autobiografia terminale intitolata Prima che sia notte che racconta in modo veritiero la persecuzione dei gay a Cuba. Félix Luis Viera, scrittore cubano esiliato in Messico, ha pubblicato Il lavoro vi farà uomini (L’Ancora del Mediterraneo ha curato l’edizione italiana) che racconta la sua esperienza nelle UMAP, dove è stato internato solo perché vestiva alla moda dei giovani rockettari. Pure questo è un libro che dice molte verità sulla condizione degli omosessuali a Cuba nel corso degli anni.

Infine, solo nel 1997 è stato tolto dal Codice Penale il reato di omosessualità, con il Decreto Legge 175, del 17 giugno, che modifica l’articolo 303. Nonostante tutto a Cuba esiste ancora il reato di pericolosità sociale, secondo il quale ogni individuo può essere arrestato o internato in un ospedale psichiatrico solo per il sospetto che potrebbe commettere un delitto.

Fidel Castro adesso ci viene a dire che in quel periodo era troppo impegnato per occuparsi degli omosessuali, ma certe dichiarazioni possono convincere soltanto Gianni Vattimo, Gianni Minà, Ignacio Ramonet e Salim Lamrani. La storia non si modifica…

 

Gordiano Lupi


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