Oblò cubano
Fidel Castro davanti al Parlamento 
Parla di guerra nucleare e dei cinque eroi prigionieri dell’impero ma non dice niente sui problemi del paese
08 Agosto 2010
 

«In questo stesso momento alla televisione Fidel Castro parla davanti al Parlamento e agita il fantasma di una prossima guerra nucleare. Fidel Castro menziona l’Unione Sovietica come se non fosse scomparsa, nel corso del discorso parla ancora di sovietici e non di russi. Mi chiedo che Parlamento è mai questo. Non fa domande scomode, non ribatte, né reclama cambiamenti. È solo capace di applaudire, adulare e assentire». Questo è il commento di Yoani Sánchez di fronte alla ricomparsa di Fidel Castro in divisa verde oliva - ma senza gradi militari da Comandante en jefe - davanti al parlamento dell’Avana.

Mancava da quattro anni il vecchio Fidel e non si sentiva il bisogno di rivederlo ancora, anche se ha assicurato che non vuole riprendere il potere, ma che il suo ruolo è ormai quello del vecchio consigliere, del saggio che riflette sui grandi problemi del mondo. Deve farsi aiutare a camminare, ma nonostante tutto porta abbastanza bene i suoi 84 anni che compirà il prossimo 13 agosto e quando fa il suo ingresso in aula è ancora in grado di scatenare un’ovazione. Il discorso dura soltanto 15 minuti, ma parla in piedi e affronta solo l’argomento di una possibile guerra nucleare in caso di attacco degli Stati Uniti nei confronti di Iran e Corea del Nord.

I tempi passano. A Cuba tutti ricordano i discorsi interminabili di Fidel, ore e ore ad ascoltare retorica rivoluzionaria sotto un sole cocente, alla televisione - ma si poteva sempre spengere o cambiare canale - o nell’aula di un’assemblea. Fidel termina il discorso e siede accanto a Ricardo Alarcón, presidente storico del parlamento cubano, risponde per quasi due ore a domande e commenti dei deputati, ma lo fa con monosillabi, si vede che non ha la forza di affrontare un confronto serrato. In ogni caso le domande sono di circostanza, come dice Yoani Sánchez, giusto per farsi notare, per parlare con Fidel, per assentire, approvare.

Non bisogna dimenticare che il Parlamento cubano è una sorta di consiglio del re, pure se il monarca in carica - Raúl Castro - oggi non parla, lascia la parola al fratello e se ne sta in disparte. In aula notiamo pure Dalia Soto Valle, ultima moglie di Fidel, raramente vista in pubblico insieme al marito. Il lider maximo non dice una parola sui problemi interni, non accenna a cambiamenti economici, a promesse di libertà e diritti umani, non ricorda le liberazioni dei prigionieri politici. Niente di tutto questo. Riferisce che sta lavorando ala seconda parte del suo libro di memorie dopo aver presentato questa settimana la prima parte intitolata La vittoria strategica. «Per me, la cosa più importante era questa riunione dell’assemblea. Per ora non ho più niente da fare. Credo che mi avanzi tempo. Potrò ottenere qualche premio letterario come il Principe de Asturias di Spagna».

Fidel Castro ha ribadito la richiesta agli Stati Uniti di liberare i cinque agenti cubani incarcerati da 12 anni con l’accusa di spionaggio. In ogni caso lo scopo della riunione era quello di «contribuire a convincere Obama a non attaccare Iran e Corea del Nord» e ammette che ci sono buone speranze perché «Obama non è un cinico come Nixon». Fidel parla dei pericoli di una guerra nucleare: «L’Unione Europea è decisa a lottare per impedire la guerra. Mi sembra molto buono. In caso di guerra scomparirà l’ordine sociale attuale e il prezzo sarà molto più alto del previsto. Cuba deve fare in modo che il mondo si mobiliti. Qualcosa abbiamo già fatto in questa strada. Questo è il nostro dovere».

I cubani attendevano ben altro dalle parole di Fidel e di Raúl - che è rimasto in silenzio, succube come sempre del fratello - ma pare che per risolvere i gravi problemi interni ci sia tempo…

 

Gordiano Lupi


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