Prodotti e confezioni [08-20]
Nuovi incontri/ Alberto Figliolia. Carlo Riva, il folleta
Ralph Goings,
Ralph Goings, 'Cream pie' 
07 Agosto 2010
 

Santi, navigatori, eroi, cospiratori, evasori e corruttori, veline e calciatori, isolani famosi, tronisti, stilisti, artisti, televisionisti e giornalisti sul carro del vincitore, piduisti e martiri, missionari, magistrati integerrimi, faccendieri e palazzinari, creatori di formaggi e di gelati, viticultori e spaghettari... Nulla ci facciamo mancare in Italì. Di bello e di brutto, di buono e di cattivo, maschere e mestieri, vocazioni e squallori. Poi, come si sa, nel Bel Paese, ispiratore con le sue bellezze naturali e monumentali (esclusi i paesaggi di cemento), vivono, convivono e proliferano innumerevoli accademici e poeti: si stima il numero di questi ultimi in alcuni milioni (anche Sandro Bondi si diletta), purtroppo non pari ai lettori. Tanti tanti tanti poeti, ma solo un “folleta”: Carlo Riva.

Carlo Riva è un ex bancario, non pentito poiché sostiene che anche il lavoro in un istituto di credito può fornire spunti di creatività (ad alcuni ne suggerisce di leciti, ad altri... lasciamo perdere!). Un'opinione, a ogni modo, che nel suo caso fa testo in quanto lui è capace di scrivere poesie partendo anche dai “bugiardini” dei farmaci (figuriamoci che scaturirebbe dai misteri dei conti correnti e dei bonifici!). Un esempio: «Il ferro proteinsuccinilato/ non è un invertebrato/ non ama il perborato/ non si considera integrato/ non deve essere salato/ non deve essere fucilato/ fa sapere che un ingrato/ sta sdraiato sul selciato/ che adorna il bel sagrato» (e che ne direste del caprilocaprato di cocoile?).

Certo, a volte si dedica a componimenti più nel solco della tradizione oppure fabbrica “poesietti”, libriccini in versi, autoprodotti, scritti e decorati a mano, il cui ricavato di vendita va interamente in beneficenza e solidarietà. Invero Carlo Riva è noto nel panorama metropolitano anche per la sua indefessa opera di organizzatore. Da anni difatti, dopo averlo creato, gestisce il Cenacolo Sant'Eustorgio, che “imbandisce” ogni giovedì (si riprende il prossimo settembre), dalle ore 17:50 alle 19:20, orari rispettati come nelle tabelle di marcia di un treno svizzero, reading divenuti ormai una costante popolare. Da gran cerimoniere lui si presenta in papillon e amministra il tempo di tre autori per incontro. Democraticamente non esclude alcuno dalla richiesta di leggere, prima o poi, i propri testi, ma, quand'anche gli si presentasse il Nobel per la Letteratura, il nostro “folleta” non si scomporrebbe: in lista d'attesa, come tutti, per la propria mezz'ora di “celebrità” alla Libreria Esoterica (Galleria Unione 1, Milano), il luogo che da alcuni anni ospita il Cenacolo.

In media occorre attendere due anni per il proprio turno – siamo o non siamo un Paese di poeti? –, ma la partecipazione rimane assai ambita. Merito del turnover è che la sua ampiezza è tale da sollevare il velo sul fenomeno della scrittura a Milano tracciando un originale e variegato identikit della società in cui viviamo, dei suoi umori, istanze, speranze e disperanze, di ciò che siamo e non siamo, di sogni e bisogni.

E lui, il Carlo, flemmatico fuori e appassionato dentro, un gentleman fatto e finito con il vizio di una profonda umanità, fra un “poesietto” e una “follesia”, offre la chance di esprimersi a innumerevoli voci del sommerso (una possibilità di salvezza in più nell'ordinario che parrebbe travolgerci? In fondo, nella sua migliore accezione e oltre la forma, la poesia è luce, impegno e verità).

E poi, ricordatevi... «BNAXUF7M... EXV 333/ il computer fa per tre// MIICSE 2/ siamo sordi in due/ non ci capiamo in due/ siamo sigle all'occhio di bue». Non è chiaro? Allora... «Il caprilocaprato di cocoile/ e il macrogol cetostearile/ non possono stare in un fienile/ sono stati persi in un cortile/ sono stati nascosti con un badile/ sono molto utili in un canile/ vivono intensamente in aprile/ hanno una funzione consortile».

Ma, se non ci credete, ogni tanto Carlo Riva scrive pure in ottonari! Versi seri. Però io mi chiedo, in quest'era... che cos'è più sensato del nonsense?

 

Alberto Figliolia


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