Oblò cubano
Orlando Luis Pardo Lazo. HIGHABANA
02 Luglio 2010
 

L’Avana libera è più leggera dell’aria.
La città concreta e crudele a volo d’uccello svanisce, diventa un’altra, rinasce o forse torna al passato che una volta abortì.

Le nubi sono pezze di sollievo contro i fendenti fiammeggianti del sole.
L’Avana appare respirabile nei cieli, quando la sua atmosfera finge

d’essere meno claustrofobica ma ugualmente criminale.

L’Avana da un elicottero o almeno da una gronda è un magnifico

trampolino per chiudere gli occhi e masticare l’abisso.

Città non gravida, incongruente, inusuale.

Paesaggio scenografico, cinematografia di gente geniale come tutti noi prima. Posto perfetto per planare in una scheggia d’aria.
Terreno dove infine cadere in picchiata, fino a infrangersi contro le onde morte dell’asfalto o la tavola solida del mare.

Un giorno lo faremo tu e io, senza dubbio né delirio, non per retorica ma nella realtà più rara e reale.
Di fatto, tutti lo faremo un giorno o, meglio, una di queste notti senza

fine quando la luna gocciola troppo vicino alla nostra corteccia cerebrale.

Tic… Tac…
Non è un augurio né una minaccia, è la certezza cronica di un invito.

Tu e io, ripeto.

Tutti, ma non insieme.
La violenza del volo deve essere un’arte per separati.

Una comunione di tutti contro tutti.

Una complicità della quale nessuno si renderà conto in tempo.

 

Orlando Luis Pardo Lazo

(da Boring Home Utopics, 26 giugno 2010)

Traduzione di Gordiano Lupi


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