Oblò cubano
Oswaldo Payá. Cronaca di un ricatto 
Più crudeltà e più repressione, vogliamo subito un cambiamento. Cessi la tortura a Yosvany Melchor
Oswaldo Payá
Oswaldo Payá 
30 Giugno 2010
 

La sicurezza di Stato ha cercato di impedire, tramite minacce e ricatti, che scrivessimo la dichiarazione in occasione della visita del segretario del Vaticano per i rapporti con gli Stati, sua Eminenza il Cardinale Mamberti.

La mattina di giovedì 17 Giugno abbiamo pubblicato la dichiarazione con il titolo “Trasparenza per Cuba” (www.oswaldopaya.org), e lo stesso giorno Josvany Melchor fu spostato dalla prigione di Aguadores per essere trasportato a Versalles mentre gridava: «Mi portano via per torturarmi ancora».

Non abbiamo avuto più sue notizie.

 

 

La sicurezza di Stato ha cercato di impedire, tramite minacce e ricatti, che scrivessimo la dichiarazione in occasione della visita del segretario del Vaticano per i rapporti con gli Stati, sua Eminenza il Cardinale Mamberti.

Il pomeriggio di mercoledì 16 Giugno, dopo la conferenza stampa offerta al Cardinale dal Ministro degli Esterni del governo cubano, ho ricevuto una chiamata dal giornalista del Miami Herald, Juan Carlos Chávez, che chiedeva il mio parere su ciò che era stato dichiarato nella conferenza stampa a proposito del dialogo fra il governo cubano e la Chiesa. Dopo avergli dato alcune mie opinioni gli ho annunciato che il giorno dopo avremmo fatto una dichiarazione pubblica su questo argomento.

Alcune ore dopo un ufficiale della Sicurezza di Stato identificatosi come Fernando, si è recato a casa di Rosa Rodríguez, membro del Movimento Cristiano di Liberazione e gli ha detto: «Payá domani vuole fare una dichiarazione, se questa dichiarazione verrà fatta e verrà menzionato tuo figlio, tu sarai incarcerata». La rapidità con cui il governo ha preso questa decisione e le sue motivazioni, possono essere spiegate solo dal governo stesso.

Rosa Rodríguez era stata minacciata varie volte dall’ufficiale Fernando e da altri ufficiali della Sicurezza di Stato, con gravi rappresaglie a causa dei suoi rapporti con il Movimento Cristiano di Liberazione. Dopo aver ricevuto queste minacce, il figlio di Rosa, Yosvany Melchor fu incarcerato, con l’accusa sospetta di aver collaborato a far uscire cubani dal Paese, e fu detenuto nella prigione di Aguadores, con la scusa di accertamenti. Yosvany ha 27 anni, soffre di disturbi mentali, confermati anche dai medici della prigione dell’ospedale psichiatrico Jagua della stessa Provincia. Il suo passato clinico è lungo e travagliato, avendo il ragazzo frequentato anche scuole speciali per adolescenti e bambini con disturbi mentali. Fu rinchiuso per lungo tempo a Versalles, caserma della Sicurezza di Stato di Santiago di Cuba. Yosvany cercò di strapparsi una vena della mano con i denti a causa, secondo quando comunicò in seguito sua madre, dei maltrattamenti e delle torture di cui era vittima.

La mattina di giovedì 17 Giugno abbiamo pubblicato la dichiarazione con il titolo “Trasparenza per Cuba” e, lo stesso giorno, Josvany Melchor è stato spostato dalla prigione di Aguadores per essere trasportato a Versalles mentre gridava: «Mi portano via per torturarmi ancora».

Non abbiamo avuto più sue notizie. (...)

 

Oswaldo Payá

(dal sito Web ufficiale dell'Attivista cubano, 25 giugno 2010)

Traduzione di Barbara La Torre

barbara71282@gmail.com


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