Oblň cubano
Lia Villares. Da “Habanemia”. June 1, 2010
Orlando Luís Pardo,
Orlando Luís Pardo, 'Zoo' 
07 Giugno 2010
 

Dispiace arrivare in un cinema e vedere che l’amministrazione e suoi lavoratori comuni (persino le bigliettaie) sono controllati da funzionari per la sicurezza statale.

Fa arrabbiare e vergognare che siano i giusti a pagare per i peccatori quando si crea la nota confusione dei segregati – che subito vogliono ingenuamente reclamare e far valere i propri diritti civili e sollevare argomenti al posto di stupidi pretesti e giustificazioni insipide – e che ragazzi di 20 anni che non hanno nulla a che vedere con la scabrosa situazione, ma che sanno, siano stati indottrinati in quel modo, “ci sono cose che non hanno spiegazione, a meno che non si tratti di un assurdo scherzo”, e facciano tutto il possibile per verificare il meno possibile: Tutto ciò non ci riguarda. Non ci interessa più di tanto. Non avevamo dove andare e disgraziatamente siamo inciampati in questo circo.

Fa venire niente meno che i brividi pensare che questa moda per niente recente si possa estendere in qualunque luogo ricreativo o culturale dell’Havana, anche il più piccolo, o in qualunque capitale di provincia di quest’isoletta: sarebbe allora necessario adottare la tecnica della costruzione virtuale e inutile di un’isola uguale allo stile zen.

Bisognerebbe introdurre volontariamente i preferibili arresti domiciliari.

Riuscire ad avere un proiettore, il film, vederlo sulla parete interna di casa tua (sappiamo che quella esterna non ti appartiene) e annullarti come individuo sociale civile. Avere amici trovatori, convincerli e fare un concertino molto intimo e privato, quasi senza programmare nulla, quasi senza invitare nessuno in modo che i segurosos non si accorgano e non si infiltrino ordinando di fermare tutto, come accade ora con il festival di poesia indipendente che stava organizzando Reina María Rodríguez per i primi giorni di giugno, che coincide con il Festival ufficiale di Poesia Internazionale che stando a loro si tiene annualmente e del quale io non mi ero resa conto fino a quando non ho visto un cartellone orripilante. (Se ai ragazzi del Isdi è venuto in mente di disegnare così i fatti culturali non so cosa ci può aspettare per la solita propaganda politica ufficiale).

Lasciarsi trasportare dall’emozione e dall’impeto immediato che provoca assistere a qualsiasi ingiustizia commessa nei confronti di qualunque persona da parte delle istituzioni culturali statali, per di più se è uno dei tuoi amici, può essere controproducente, e una forma molto passiva di fare il loro gioco e cadere nella nevrosi collettiva.

Io mi riservo il diritto di confrontarmi verbalmente con qualcuno di questi cani funzionari, persino di guardare molto da vicino il loro occhietto pestifero e soprattutto, di permettere a quelli di rovinare la mia energia positiva malgrado tutte le assurdità giornaliere che mi tocca patire.

Non so se gli rimane poco tempo, e no so dove caspita troveranno la pincha per essere così, e non so se domani potrò andare al prossimo ciclo di Bergman programmato dalla filmoteca.

Ma mi rifornirò di tutta la collezione e di un amico con un proiettore a casa e mi divertirò più che potrò e mi lascino quella pace interiore che si suppone resti nel focolare cubano, quasi in stile islamico, dove le donne appena si affacciano all’esterno contaminante, poiché le è proibito interagire con l’impurezza.

E non credano che le nostre testoline femminili segregate non abbiano pensato di travestirsi a la maniera araba con mantelli e fazzoletti che ci coprano il viso per vedere se più in la del manifestarci in performance, possiamo squagliarcela attraverso qualche simpatica fessura che non ci riconosca e che ci accetti; come quando il poliziotto di Holguin arresta per “molestie al turista” nella parte vecchia dell’Havana l’argelino che cammina per mano con qualche ragazza “nazionale”, anche se un po’ “bianchiccia”, e questo gli mostra il passaporto senza capire un bel niente.

Bisogna confonderli, perché, senza l’intenzione di offendere, loro, coloro che si prestano all’inganno continuo e alla grande truffa di questo governo, sono più stupidi.

Mi congedo con il mio slogan deleuziano, che adesso più che mai posso accantonare: creare è resistere!

Bacio, Lia
creare è resistere! (Ndt)

 

Lia Villares

(da Habanemia, 1° giugno 2010)

Traduzione di Francesca Desogus*

 

 

* Francesca Desogus è una nuova traduttrice che, a partire da questo post di Lia Villares, si affianca al team di 'Oblò cubano' per aiutarci conoscere i sempre più numerosi blogger che scrivono dall'Isola o dall'esilio. Grazie!


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