Oblò cubano
Claudia Cadelo. I leader di una rivoluzione alternativa 
Un nuovo leader parla al cubano, un leader democratico e autonomo: l’informazione
10 Maggio 2010
 

Per motivi naturali, il futuro di Cuba appartiene alla nuova generazione che non è stata educata in condizioni di libertà ma ha saputo escogitare sotterfugi libertari.

 

 

Negli ultimi cinquant’anni la leadership cubana è stata nelle mani di una sola persona. Tutto ciò ha prodotto una vera e propria distorsione del significato della parola leader e molti equivoci sulla dinamica della leadership. La mancanza di libertà politiche e di espressione ha spinto persone che in società aperte avrebbero potuto ridimensionare certi ragionamenti ad alterare le loro proposte per raggiungere diverse minoranze della società cubana.

Oltre a questo, Fidel Castro viene chiamato “Leader Massimo” dai mezzi di comunicazione di massa, definizione che implica una carica semantica importante: eterno, potente, onnipresente. Nozione radicalmente opposta agli interessi delle nuove generazioni e che va a detrimento del concetto che i più giovani possono farsi della leadership e di conseguenza di un leader.

Il sistema di valori della società cubana, soprattutto per chi è nato dopo il 1975, è stato seriamente rivoluzionato dopo la disintegrazione dell’Unione Sovietica. La conseguenza diretta di questa caduta sull’economia cubana ha prodotto la rinascita delle attività familiari private, come affitto di camere, attività gastronomiche e commercio illegale di articoli di prima necessità, ma anche l’arrivo di rimesse dall’estero, oltre a un vigore che potremo chiamare astronomico del mercato nero e informale. Tutto questo è stato tollerato in maggiore o minor misura dallo Stato. Questa nuova ondata di persone economicamente indipendenti dal sistema e la nascita del così detto “lavoratore per conto proprio” si sono scontrati con uno dei pilastri della dottrina comunista: la proprietà sociale dei mezzi di produzione; e di conseguenza hanno modificato l’ideologia delle generazioni che erano cresciute al centro di questi cambiamenti.

Per questi motivi, in forma più o meno sottile, le voci giovani rifiutano definizioni come leader e rivoluzionari - un’altra parola che ha trasformato il senso letterale acquisendo una connotazione sociale e politica opposta all’originale: rivoluzionario è colui che appoggia la Rivoluzione cubana del 1959 e i suoi leader storici - e preferiscono definizioni meno energiche come “avanguardia”, “cittadino indipendente”, “performer”, “giornalista indipendente” o “artista indipendente”. Tutti questi termini fanno riferimento al concetto “per conto proprio”, che mette in primo piano “l’indipendenza totale dell’attività in relazione allo Stato”. In altri casi si definiscono rivoluzionari sottolineando una netta differenza dalla linea ufficiale attraverso la negazione della Rivoluzione come processo storico: il concetto di rivoluzione implica cambiamento mentre Stato e governo rappresentano lo status quo; pertanto la Rivoluzione Cubana non è più rivoluzionaria. Facciamo attenzione, per esempio, alla dinamica artistica. Negli anni Novanta all’interno di Cuba cominciano a nascere le gallerie indipendenti: Espacio Aglutinador (1994) - fondata da Sandra Ceballos y Ezequiel Suárez - dove si voleva prima di tutto eliminare la così detta “curatela ufficiale”, più vicina alla Morale Socialista che all’Arte. In questa epoca nascono gruppi di performer che presentano una visione critica della società cubana ed enfatizzano le libertà individuali: il gruppo di azione stradale e poesia Omni-Zona Franca (1997), mentre Tania Bruguera fonda la cattedra di Arte-Conducta (2002). Nascono pubblicazioni stampate in maniera indipendente: la rivista Vitral (1995), sotto l’egida del Centro di Formazione Civico Religiosa e fondata da Dagoberto Valdés, che alla fine si allontana dal consiglio di redazione (2007) e inaugura un anno dopo Convivencia in formato digitale; la rivista letteraria Diáspora(s) (1997 - 2002), ideata da Rolando Sánchez Mejías, Carlos Alberto Aguilera e Pedro Marqués de Armas. Si rinnova, inoltre, il movimento dei giornalisti indipendenti - tra loro ricordiamo Raúl Rivero, Pablo Pacheco e Tania Quintero - che cerca di raccontare i fatti ignorati dalla stampa ufficiale: promuovere la società civile cubana, dare spazio agli articoli di libera opinione politica e coprire i movimenti di opposizione, poco conosciuti tra i cittadini a causa del controllo statale sull’informazione e della repressione politica. Questo fiorire di produzione culturale e giornalistica alternativa è stato seriamente colpito da molti eventi negativi: il fallimento del sogno della “Glasnost” e della “Perestroika” cubana, l’emigrazione di parecchi artisti, l’istituzionalizzazione dei progetti, le censura dei media e la repressione governativa. La repressione ha visto la sua massima espressione nel 2003 con la reclusione di 75 oppositori al regime, tra loro 20 giornalisti indipendenti, condannati a pene che raggiungevano i trent’anni di privazione della libertà. Tutte queste minacce tarparono le ali alla società civile che stava compiendo i primi passi e si vide costretta a “distinguere” il proprio discorso, a negare il ragionamento anteriore, a radicalizzare posizioni o semplicemente a cercare nuovi mezzi di diffusione per le sue proposte, prima tra tutte il formato digitale.

A partire dal 2005 sorgono nuove pubblicazioni alternative con l’aiuto della tecnologia informatica e potenziano la loro diffusione su Internet: la rivista letteraria Cacharro(s) (2003-2005), portata avanti da Jorge Alberto Aguiar Díaz, Orlando Luis Pardo Lazo e Lizabel Mónica; 33 y 1/3, di Raúl Flores e Jorge Enrique Lage. Si fanno incursioni sulla stampa digitale e i siti web pubblicano i lavori della stampa alternativa, avanguardisti della pubblicazione digitale su siti amministrati dall’estero come Cubanet, Cubanuestra e Cubaencuentro: Si fonda la rivista Consenso (2004) il cui webmaster tre anni dopo sarà la fondatrice del movimento blogger all’interno dell’isola: Yoani Sánchez di Generación Y. La tecnologia diventa il sostegno per dare voce a una generazione che non trova altri mezzi per esprimersi in piena libertà. L’arrivo dell’era digitale apre una crepa nel muro del controllo statale sull’informazione, e la rottura del cerchio finisce per cambiare la nostra vita. Il mondo dell’informazione apre infinite possibilità, anche se siamo soltanto a metà del cammino.

La legge - fino al 2008 - impediva al cittadino cubano di possedere computer e di accedere a Internet in maniera legale, ma grazie all’efficiente mercato nero siamo usciti poco a poco dall’analfabetismo tecnologico. Una stamperia, una radio, una registrazione in cassetta, oltre al terribile rischio legale che comportavano, necessitavano di un’infrastruttura molto più complessa di un documento di Word in una memory card. I giovani hanno saputo approfittare di questa possibilità che non solo permetteva di burlare la censura, ma consentiva di eluderla completamente, come se non esistesse.

Tuttavia il carattere underground delle produzioni digitali alternative - blog, riviste e persino spedizioni massicce di e-mail da indirizzi con estensione .cu - inasprirono l’antagonismo tra il ragionamento ufficiale dei mezzi di comunicazione di massa e un’altra visione della realtà condannata ai kilobytes, i “senza terra” della rete. L’acceso all’informazione “indipendente” fa progressi, l’accesso a Internet per vie “non autorizzate” aumenta, l’uso di cellulari e di qualunque supporto informativo si generalizza, ma il ragionamento ufficiale non solo mantiene la sua linea, addirittura estremizza certe posizioni e non esprime nessuna volontà di “dialogo” con i giovani: la direzione storica della rivoluzione si propone come la sola forza capace di guidare il paese. Tuttavia, per motivi naturali, il futuro di Cuba appartiene alla nuova generazione che non è stata educata in condizioni di libertà ma ha saputo escogitare sotterfugi libertari. La tecnologia, i cellulari, i computer non stanno arrivando a Cuba per volontà politica, ma perché la tecnologia ci invade lentamente e il ventunesimo secolo si fa largo anche in questa piccola isola.

Un nuovo leader parla al cubano, un leader democratico e autonomo: l’informazione. Cuba è il paese con il più basso indice di connessione di tutto l’emisfero occidentale. Secondo i dati del Ministero dell’Informatica e delle Comunicazioni, solo un 10% della popolazione avrebbe accesso alla Rete, ma la statistica tiene conto della rete locale nazionale e di Internet (e non è proprio la stesa cosa! - ndt). Nonostante tutto, i giovani hanno scoperto i blog, i periodici digitali e le riviste online, strumenti eccezionali per la libertà di espressione. Tra l’altro certi strumenti non si sfruttano solo accedendo a Internet, ma anche tramite supporti digitali come memory card, cd, dvd, tecnologia Bluetooth e tessere SIM, che si sono trasformati nei maggiori diffusori di un’informazione che stampata su carta è considerata reato, ma che in dati elettronici non è contemplata dal Codice Penale.

 

Claudia Cadelo de Nevi, L’Avana (febbraio 2010)

Traduzione di Gordiano Lupi

 

 

Note:

Una versione inglese di questo articolo è uscita sulla rivista Americas Quaterly (www.americasquarterly.org/node/1229) e in spagnolo sulla rivista digitale cubana che si pubblica all’estero Penultimos Días (www.penultimosdias.com/2010/02/22/lideres-de-una-revolucion-alternativa).

Claudia Cadelo scrive uno dei blog alternativi più interessanti: Octavo Cerco - www.octavocerco.blogspot.com -, realizzato con taglio giovanile e controcorrente, ai limiti del punk, uno spazio libero dove si discute di letteratura, musica rock e politica senza peli sulla lingua.


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