Diario di bordo
Roberta Migliavacca. La canzone del danno e della beffa di Giovanni Raboni
12 Marzo 2010
 

Mi sono, per un caso che casuale probabilmente non è, ritrovata per le mani questi versi che Giovanni Raboni (1932-2004, foto) ha scritto negli ultimi anni della sua vita.

Aveva anche rilasciato un'intervista in quel periodo, di cui riporto un breve passo:

«Da qualche tempo avverto con particolare urgenza l'impulso a testimoniare anche in poesia le mie riflessioni e preoccupazioni e indignazioni di carattere civile, probabilmente perché vivo in un paese dove sono tornate a farsi sentire odiose tentazioni antidemocratiche e antisociali».

Qualche anno è passato, e noi continuiamo ad avvicinarci sempre più al bordo del precipizio. E le oche al passo già scandiscono il loro ritmo... (Roberta Migliavacca)

 

 

LA CANZONE DEL DANNO E DELLA BEFFA

 

Stillicidio di delitti, terribile:

si distruggono vite,

si distruggono posti di lavoro,

si distrugge la giustizia, il decoro

della convivenza civile.

E intanto l’imprenditore del nulla,

il venditore d’aria fritta,

forte coi miserabili

delle sue inindagabili ricchezze,

sorride a tutto schermo

negando ogni evidenza, promettendo

il già invano promesso e l’impossibile,

spacciando per paterno

il suo osceno frasario da piazzista.

Mai così in basso, così simile

(non solo dirlo, anche pensarlo duole)

alle odiose caricature

che da sempre ci infangano e sfigurano.

Anche altrove, lo so,

si santifica il crimine, anche altrove

si celebrano i riti

del privilegio e dell’impunità

trasformati in dottrina di Stato.

Ma solo a noi, fradici

di antiche colpe e remissioni,

a noi prima untori e poi vittime

della peste del secolo

è toccata, con il danno, la beffa,

una farsa in aggiunta alla sventura.

 

Giovanni Raboni


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