Diario di bordo
Maria G. Di Rienzo. Il testimone
01 Marzo 2010
 

«Dicono che è un delitto, ma lo commettono»

(Tacito, Storie)

 

Cosa pensereste, se un Comune decidesse di contribuire alla lotta contro la violenza di genere usando come testimonial il compagno della cantante Rihanna (che qualche mese fa l'ha riempita di botte sino a deformarle il volto)? A meno che la scritta sui manifesti non sia: “Ero un violento, mi sono accorto di quanto male ho fatto, sono cambiato”, non se ne vede il senso.

Cosa pensate di un cantante che canta alle feste della camorra (nel repertorio, due brani di un boss), e che è stato condannato a nove mesi di reclusione per lesioni aggravate, come testimonial contro il bullismo e per la legalità? Campeggia sui manifesti pagati da un Comune, a braccia conserte, accompagnato dai consueti vuoti slogan (“Diciamo basta” ecc.) e pare che il suo compenso per la sceneggiata, che comprende sei incontri con gli studenti romani, ammonti a 150.000 euro.

Sarei assai curiosa di assistere (magari sotto forma di mosca) ad uno degli incontri. Vorrei proprio ascoltare le risposte alle domande per così dire certe ed inevitabili: Cosa devo fare se un bullo, o un gruppo di bulli, si accanisce contro di me? Il buon singer non potrà che ripetere quel che ha già detto quando gli è stato chiesto dei suoi rapporti con la camorra, e cioè che non era in grado di scegliere o rifiutare. Per cui allo/a studente che domandi lumi non potrà che replicare: Subisci, sono più forti di te, no? Alla domanda se sia lecito, e soprattutto se sia produttivo, rispondere con la violenza nelle situazioni di conflitto non potrà che rispondere affermativamente: lui è stato condannato per lesioni e guardatelo adesso, ricco e famoso. Non è così che volete diventare anche voi, giovanotti e giovanotte? Infine, alla richiesta di spiegare cause e di citare referenze non potrà che reiterare il suo “non bisogno” di leggere libri (è così che ha risposto a chi gli chiedeva se aveva letto quello di Saviano), mandando un ulteriore messaggio di civiltà alla gioventù italiana.

Ora, quando penso non solo al mio piccolo impegno di pellegrina (seminari, incontri, conferenze, training) offerto in dono sia perché i gruppi spessissimo non sono in grado di remunerare il mio lavoro sia perché mi ripugna chiedere persino il rimborso delle spese sostenute, ma all'impegno enorme, costante, efficace, sensato, e gratuito, delle donne delle reti antiviolenza o degli attivisti maschi e femmine del movimento nonviolento, so che con quei 150.000 euro si poteva senz'altro ottenere di meglio.

 

Maria G. Di Rienzo

(da Telegrammi della nonviolenza in cammino, 1° marzo 2010)


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