In tutta libertà
Gordiano Lupi. SMILE di Francesco Gasperoni (2009) 
Il nuovo horror italiano
09 Febbraio 2010
   

Francesco Gasperoni debutta con Smile (2009), un horror da sala interpretato da Giorgia Masetti, Robert Cappelli Jr., Assante Armand, Antonio Cupo, Harriet McMasters Green, Tara Lisa Haggiag, Manuela Zanier e Mourad Zaui. Soggetto e sceneggiatura sono del regista, ma non sono il massimo dell’originale e non hanno grande spessore. La fotografia africana di Giovanni Battista Marras è eccellente e fa acquistare qualità alla pellicola. Ottimi pure gli effetti speciali gore di Andrea Baracca. La musica di Federico Landini è suggestiva, realizza una buona atmosfera misteriosa e inquietante. Il montaggio abbastanza serrato è di Francesco Loffredo e Charles Kaplan. La produzione è italo-marocchina e dispone di un buon budget, anche perché il film ha ottenuto il sostegno del Ministero per i Beni Culturali e della Regione Lazio Sembrerebbe la pellicola della possibile rinascita horror, ma non convince fino in fondo per colpa di una sceneggiatura modesta.

Sette amici partono per un viaggio in jeep diretti in Marocco, ricchi di spirito d’avventura e di voglia di divertirsi. Lungo la strada che porta verso i boschi dell’Atlante, Clarissa si fa rubare la macchina fotografica e, raggiunta la città più vicina, decide di comprarne una nuova. Girando per le strade della città entra nel bazar di un inquietante personaggio, che le dona una vecchia instant camera Polaroid degli anni Sessanta. Una volta giunti nel bosco, cominciano una serie di omicidi che sembrano legati agli scatti della macchina fotografica.

La tecnica iniziale con le foto che presentano il gruppo di amici per mezzo di voci fuori campo è originale, così come è suggestiva la fotografia marocchina tra deserto, dune, città bruciate dal sole e mercati arabi. La pellicola comincia come un on the road giovanilistico ad andamento lento con brevi riferimenti romantici e alcuni parti erotiche. L’orrore è dietro l’angolo e fa repentinamente il suo ingresso in scena con improvvise accelerazioni di montaggio. L’importanza della macchina fotografica nell’economia della pellicola si intuisce sin da subito. Gli effetti truculenti sono il sale del film e l’improvvisa apparizione del corpo di una scimmia trucidata introduce nella spirale di morte. Il mistero è racchiuso nelle montagne stregate, dove prendono vita leggende di demoni scatenate da una Polaroid maledetta. Il tema è soprannaturale, perché la macchina fotografica viene regalata dal fantasma di uno psicopatico, impazzito dopo la morte della figlia, massacrata da un killer. Il folle individuo muore suicida, impiccato nella sua casa nel bosco, ma prima aveva ucciso diverse persone e le aveva fotografate nel gesto terminale. La Polaroid maledetta uccide tutte le persone che vengono fotografate e lo fa con l’oggetto più vicino durante lo scatto. Il regista abbonda in suggestive dissolvenze, scenografie nebbiose, effetti gore ben realizzati, boschi e case stregate sedi di orrori. La tensione è a ottimi livelli, anche se il soggetto è abbastanza prevedibile e la sceneggiatura risulta monocorde. Troviamo il solito amico che non crede al soprannaturale, cerca una spiegazione razionale, ma viene ucciso con un colpo di lancia nel costato. Registriamo diversi dialoghi inutili, soprattutto scritti male, che risultano poco credibili (Moriremo tutti - No, è solo un brutto sogno…). Smile cita a più non posso La casa (1982) di Sam Raimi e in alcune sequenze persino The Blair Witch Project (1999) di Daniel Myrick e Eduardo Sanchez. Le scene di morte sono la cosa più bella della pellicola, crudeli e realistiche, spesso realizzano composizioni artistiche informali. Il beduino massacrato con le corna del cervo africano che stava scuoiando è una delle rappresentazioni più riuscite. Interessante la parte nel cimitero del bosco quando i superstiti scoprono che il beduino e la figlia del mercante erano morti. La storia dello psicopatico e dei suoi orrori viene ricostruita per flashback, seguendo le cronache di un quotidiano. Il finale è inaspettato perché muoiono persino i duie superstiti dopo essersi autofotografati per errore.

Francesco Gasparoni produce un film di puro intrattenimento per un pubblico di adolescenti, piuttosto avvincente e ben girato, che si lascia guardare anche se privo del supporto di una storia complessa e originale. Lo spunto della macchina fotografica assassina è interessante, ma un po’ troppo poco per reggere l’intera storia.

 

Gordiano Lupi


TELLUSfolio - Supplemento telematico quotidiano di Tellus
Dir. responsabile Enea Sansi - Reg. Trib. Sondrio n. 208 del 21/12/1989 - R.O.C. N. 7205 I. 5510 - ISSN 1124-1276