One Shot
23. Silvia Monti domanda a Bianca Maria Frabotta
01 Febbraio 2010
   

Non so bene da dove provengano le domande che mi saltano in mente. Anzi, sì. Lo so. Dalla curiosità. Dalla pura e semplice curiosità. Credo sia questa, la caratteristica principale di one shot. Oltre alla disponibilità, simpatia, leggerezza, serietà, passione... di chi si lascia tormentare, da queste domande. Come Bianca Maria Frabotta. Che ringrazio, insieme a tutti/e gli/le altri/e.

 

/Gennaio l'ho saltato, sì. Mi farò perdonare (?)./

 

 

Che effetto fa essere una delle poche donne in poesia di cui si mormora il nome con rispetto?

 

La domanda di Silvia Monti è paradossale. Paradossale ma non troppo lontano dalla verità. Probabilmente è esagerato sostenere che le poetesse, in quanto poco nominate nelle rassegne, nelle antologie, o negli articoli, siano proprio per questo le migliori. Le cause della rimozione del valore delle opere femminili, almeno in Italia, sono complesse e intrecciate ai pregiudizi di una società letteraria, poco abituata alla presenza di donne che contano e che non potrebbero mai essere escluse dal canone, senza una evidente ingiustizia. La poesia, soprattutto lirica, fino a qualche decennio fa, è stata ammantata di una sacralità che l’ha resa simile all’esperienza religiosa della preghiera o della illuminazione mistica. E, come è noto, le donne sono ancora escluse dal sacerdozio nella Chiesa cattolica. La lirica d’amore, poi, è un’espressione di libertà che non viene concessa alle donne. Penso alla censura e alla violenza che il padre di Antonia Pozzi ha esercitato sull’opera postuma della figlia, occultandone o manipolandone i messaggi più dirompenti che gli parevano disadatti a una fanciulla bene educata. Il suo conformismo ha sottratto alla poesia italiana per quasi mezzo secolo la conoscenza di un talento forte e geniale. Oggi i pregiudizi più grossolani sono caduti, ma una inconsapevole censura continua ad agire, soprattutto nei confronti di poeti donne dalla personalità singola e indipendente da tendenze, poetiche e ideologie, “plurali”, come oggi si dice. E le donne, che esercitano la critica letteraria, finiscono, magari con le migliori intenzioni, per riservare alle poetesse uno spazio separato che, oggi, non giova più come un tempo, quando, io stessa, spinta anche da una pulsione politica oltre che letteraria, cercai di rifondare una tradizione di “donne in poesia”, magari ricollegandomi alle epoche d’oro del petrarchismo cinquecentesco o delle “illuminate” e colte gentildonne dell’Arcadia. Ma oggi è arrivato il momento, credo, di liberarci dalle gabbie delle antologie separate per rivedere il canone della poesia tutta del Secondo Novecento.

 

 

Le fasi della luna

 

I

 

Trapela, nella camera oscura

come l’intelligenza nel cuore.

Illecita, ingannevolmente stanziale.

Chinata sulla sua metà in ombra

sul fianco di una panca

la faccia girata a non guardarsi

in un confuso abbracciarsi di gambe

come fosse questa l’ultima notte

per dormire insieme

non il mio sonno senza sollievo

ma il nostro che non ha rimorso.

 

(da I nuovi climi)

 

 

Bianca Maria Frabotta. Nata a Roma nel 1946, qui vive insegnando Letteratura italiana contemporanea all’Università di Roma “La Sapienza”. Ha pubblicato i seguenti libri di poesia: Il rumore bianco, Feltrinelli, 1982; Appunti di volo e altre poesie, La Cometa, 1985; Controcanto al chiuso, Rossi § Spera editori, 1991; La viandanza, Mondadori, 1995 (Premio Montale 1995); High Tide, Poetry Ireland Ltd/Eigse Eireann and The Tyrone Guthrie Centre, Dublin 1998; Terra contigua, Empiria, 1999; La pianta del pane, Mondadori, 2003 (Premio Lerici-Pea 2003); Gli eterni lavori, San Marco dei Giustiniani, Genova, 2005; I nuovi climi, Stampa, Brunello 2007.

Ha inoltre pubblicato il romanzo Velocità di fuga, Reverdito, 1989, la trilogia teatrale Trittico dell’obbedienza, Sellerio, 1996 e vari saggi di critica letteraria, tra cui: Letteratura al femminile, De Donato, 1980 e Giorgio Caproni, il poeta del disincanto, Officina edizioni, 1993. Ha curato l’antologia Donne in poesia, antolo-gia della poesia femminile in Italia dal dopoguerra a oggi, Savelli, 1976; Arcipelago malinconia. Scenari e parole dell’interiorità, Donzelli, 2001 e Poeti della malinconia, Donzelli, 2001. Con Bruno Mazzoni ha tradotto un’antologia della poesia di Ana Blandiana, Un tempo gli alberi avevano occhi, Donzelli, 2004. Nel 2009 è stata pubblicata da Donzelli Quartetto per masse voce sola, un’opera in prosa mista di memorie, riflessioni, racconti e versi.

 

s.


TELLUSfolio - Supplemento telematico quotidiano di Tellus
Dir. responsabile Enea Sansi - Reg. Trib. Sondrio n. 208 del 21/12/1989 - R.O.C. N. 7205 I. 5510 - ISSN 1124-1276