Lisistrata
Terzo racconto dal Parlamento. Mentre sgorga l'ingorgo, con un antico andazzo oligarchico 
Adesso la prima cosa č che il 2 giugno non sia pių una maledetta e sprecona parata militare
13 Maggio 2006
 

Il terzo racconto si situa nel pieno delle elezioni istituzionali: convalida degli e delle elette, fornitura alle Camere delle persone che ne dovranno dirigere e ordinare l'attività, formazione degli uffici di presidenza e dei segretariati delle Camere, formazione dei gruppi parlamentari e relative dirigenze di gruppo, elezione del Presidente della Repubblica, cerimonia del giuramento, incarico a Prodi di formare il governo e inizio del lavoro parlamentare vero e proprio, a partire da un folto gruppo di iniziative legislative "avanzate" dalla legislatura precedente e che i proponenti ripropongono per il nuovo iter.

Tutti gli inizi di legislatura sono pressappoco così, ma questo è particolarmente difficile per molte circostanze, la principale delle quali è il cosiddetto "ingorgo istituzionale". In effetti ogni volta che riusciamo a mettere in moto un altro pezzo delle istituzioni, a me sembra di sentire quel noto rumore che fa l'acqua nel lavandino quando sgorga un ingorgo: le brutture vanno già per gli scarichi e il lavandino respira. Una impressione di sollievo respiro apertura viene in effetti, anche se le nomine sono stranamente all'insegna di una decantata trasparenza e poi avvengono tutte per designazioni "clandestine" e soprattutto ad opera e tra pochissime persone. Questo andazzo oligarchico sembra sia antico, ma certo le ultime legislature l'hanno accentuato. Spero che si riesca attraverso l'immane lavoro di ricostruzione di una coscienza civile politica democratica o anche solo decente, anche a sbrogliare i vincoli, che sono un po' pesanti.

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A me è capitato di trovarmi in mezzo alle segrete cose e poi di interrompere per fare un salto tra i comuni mortali: che respiro!

Potrei raccontare alla svelta così l'effetto che mi ha fatto, dopo alcuni giorni fitti di ore passate nelle nostre gabbie dorate, catacombe sontuose, loculi di lusso, arrivare a Firenze per il convegno del Movimento nonviolento, in una sede molto meno prestigiosa (un sindacato, pensate un po', con annessa mensa) e sentire circolare aria, sentire parole vere, scherzose, intelligenti, pazienti, curiose: che differenza! Probabilmente una platea come questa, fatta di persone mature e determinate, di tutte le età e dei due generi, fa un po' paura a una accolta di persone che passano dalla pomposità più gonfia alla goliardia stupida, senza equilibrio.

L'impressione che danno i palazzi del potere è di inautenticità.

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Probabilmente non è così, ma così a me è apparsa la vicenda, forse anche in parte perché legata al mio nome, nel corso della elezione presidenziale. Innanzitutto non ho finito né finirò di ringraziare per l'ondata calda diaffetto apprezzamento amicizia tenerezza che mi è arrivata addosso attraverso le moltissime firme che hanno promosso o aiutato l'idea politica di una presidente, che avesse fatto la Resistenza, la scelta nonviolenta e fosse femminista: l'ho detto alla riunione del gruppo senatoriale di Rifondazione: non si è trattato di un affettuoso scherzo (che già sarebbe stata una cosa gentile e piacevole), ma di una indicazione molto precisamente politica.

La comunicazione tra Firenze e Roma (pur messa nelle condizioni migliori perché, sia lì che qui le persone coinvolte erano e sono amiche compagne oneste e di sinistra) non si è attivata: non è stato possibile far entrare il discorso della società civile organizzata negli spazi delle istituzioni (dei quali il partito come forma politica è inestricabilmente avvolto). C'erano patti di ferro nell'Unione e anche dichiarando che la mia candidatura aveva un puro valore simbolico e avrebbe semplicemente introdotto nell'elezione del presidente i temi della Resistenza nonviolenza e femminismo, non è stato possibile, la mia candidatura o del resto qualsiasi altra che non fosse già stata inclusa nel giro degli oligarchi, non era proponibile.

Ho chiesto che comunque alle innumerevoli firme raccolte si dia una risposta politica e porrò la questione ancora una volta martedì 16, quando ci sarà la seduta del gruppo.

Inoltrerò la risposta che è politica e quindi rivolta a tutti e tutte voiche leggete.

Che fare? Mi pare che sia già successo tutto e adesso comincio a pensare al domani.

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La prima cosa è il 2 giugno.

Enrico Peyretti ha scritto un bell'indirizzo a Giorgio Napolitano per chiedergli di mutare subito la natura e caratteristica della festa della Repubblica, che sia davvero una festa e non una maledetta (l'aggettivo è mio) e sprecona pompa militare. Vedremo.

Vi abbraccio


Lidia Menapace


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