Diario di bordo
Guido Biancardi. La Gomorra carceraria
Rita Bernardini all
Rita Bernardini all'uscita del carcere di Catanzaro (foto G. Candido) 
07 Dicembre 2009
 

La lotta nonviolenta di Rita Bernardini ed altri Radicali che è stata troppo a lunga ignorata da tutti coloro cui dovrebbero essere affidate le speranze di intervento (a favore dei ristretti in carcere in spazi “subumani”, preda sempre più della tentazione dell' autolesionismo, sino al crescente fenomeno dei suicidi), ha da sciogliere, per essere efficace e divenire consapevolezza diffusa generatrice di riforme, un nodo, un groviglio arruffato in modo inestricabile fra situazioni vieppiù emergenziali in sede detentiva e normalità disumana quotidianamente sperimentata ed accettata come “normale”. Che è la normalità rappresentata e denunziata da “Gomorra” come forma anomala ed estrema di degrado, vissuta, ad es., in alcuni dei quartieri più malfamati di Napoli.

 

La condizione carceraria che è misura di civiltà di uno Stato è anche un test di popolo: se essa è percepita come destino accettabile da un mondo di reietti che ne condividono nella vita di tutti i giorni  anche alcune delle condizioni di particolare degrado (igienico come sociale, economico e culturale...), ma che non si considerano tali sino a che “esiste qualcuno che sta ancor peggio”, allora qualsiasi tentativo di intervento migliorativo delle condizioni dei “delinquenti” verrà considerato un inaccettabile privilegio attribuito a degli indegni e, nel contempo, l'estrema offesa verso la propria condizione di cittadini onesti (o comunque, “fuori di galera”). L'essere non reclusi può quindi rappresentare nel vissuto dei “troppi ultimi”l'unico vantaggio dell'onesto, il corrispettivo di una cittadinanza non criminale; che ha il disperato bisogno della conferma dell'esistenza della più spaventosa galera come luogo della vendetta.

Nei fatti in Italia non esiste, per esperienza ed attese di alcune popolazioni e ceti, soluzione di continuità fra le loro condizione e dignità esistenziali e quelle dei “galeotti”, se non, appunto, le sbarre dietro le quali essi vengono reclusi. “Gomorra” corre dentro e fuori la cella ed il vicolo, il carugio, i sottofondi.

 

Applicare il principio costituzionale del recupero del detenuto ed aprire anche solo timidamente il concetto di pena come non solamente estrema sofferenza espiativa (nella forma primitiva come giusto corrispettivo al dolore inflitto), ma, soprattutto, come periodo di elaborazione e cambiamento del recluso, ciò costituirebbe per paradosso “l'estrema ingiustizia” per chi non ha altro che la ricchezza, relativa ed invidiosa, di colui che non cade nelle maglie della giustizia pur dovendo vivere in condizioni di marginale osservanza della legge, costretto a sopravvivere delinquendo.

Se l'esperienza carceraria non può non essere, secondo i principi illuministici in materia di delitti e pene, la sperimentazione di condizioni ed opzioni diverse e migliori di quelle che l'hanno condotto a delinquere (ovvero la “seconda, migliore, opzione” di integrazione civile che la società deve offrire a chi ne ha mancato una prima perché inadeguata), il futuro non potrà purtroppo riservarci le conseguenze auspicate di una futura gestione delle carceri più degna ed accettabile se non dopo che saranno garantite condizioni “ordinarie” d'esistenza decenti e dignitose al cittadino.

 

Sinché sarà indistinguibile una “Gomorra” quotidiana, fatta oggetto di stupore indignato per molti “lettori/spettatori” ma poi accettata generalmente come un accettabile luogo di vita ordinaria da altrettante persone, da quella molto simile ma straordinaria, costruita “per fare giustizia” in cui immettere coloro che devono espiare senza esserne corretti, il processo di trasformazione e recupero civile sarà frustrato. Anzi l'“inferno creato” continuerà a generare disagio e degrado.

Nella totale insensibilità delle maggioranze che si illudono, inconsapevoli dei principi di base della nonviolenza e della democrazia, di essere intrinsecamente, identitariamente “diversi”.

 

Guido Biancardi

(da Notizie radicali, 7 dicembre 20009)


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