Le donne italiane figlie di un dio minore 
Commissione Ru486: confermato uso improprio delle istituzioni. E il Governo fa il gioco delle tre carte...
26 Novembre 2009
 

La maggioranza ha oggi confermato l'uso improprio delle istituzioni piegando le stesse alle priorità politiche e ai richiami delle gerarchie cattoliche. Una commissione che per 30 sedute dalla ripresa dei lavori estivi ben 20 le ha dedicate all'indagine conoscitiva sulla Ru486 ha concluso negando l'evidenza: la sicurezza di un farmaco usato da milioni di donne in oltre 20 anni.

A differenza delle leggi come quella che disciplina il mutuo riconoscimento di un farmaco in Europa, il documento approvato dalla commissione non è vincolante, ma è un mero atto di indirizzo politico che suggerisce al Governo passi come quello dell'arbitrato che già poteva fare, ma che fino ad oggi non ha fatto perché manca il supporto scientifico.

Purtroppo anche il Partito Democratico ha voluto presentare un documento che aveva un punto in comune con quello della maggioranza e che mi ha impedito di sottoscriverlo perché si chiedeva al Governo di emanare delle linee guida che prevedessero il ricovero ordinario per la durata dell'intervento abortivo.

Un atto medico sanitario non può che essere organizzato e gestito dai medici a seconda delle condizioni cliniche e sanitarie della donna, mentre l'organizzazione spetta più in generale alla Conferenza Stato Regioni.

Oggi, ancora più di ieri come Radicali vigileremo perché l'Italia rispetti la normativa europea in materia di farmaci affinché non si incorra in una infrazione europea.

Il voto di oggi, avvenuto dopo la giornata internazionale contro la violenza sulle donne, è la manifestazione di uno Stato che decide sul corpo delle donne considerandole irresponsabili e incapaci di scegliere.

Le donne italiane sono evidentemente figlie di un dio minore.

 

 

E il Governo, contro Stato di diritto,
fa il gioco delle tre carte


«Mi sembra che la ricognizione di quale sia la procedura corretta sia evidente. La procedura corretta richiede preventivamente il parere del governo e alla luce del parere del governo una nuova delibera dell'Aifa». Lo dice il ministro del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali, Maurizio Sacconi, commentando la decisione della commissione Sanità del Senato che nel documento conclusivo dell'indagine conoscitiva sulla pillola RU486 chiede di bloccare la commercializzazione della pillola. Per Sacconi «la delibera già adottata dall'Aifa secondo quella procedura è nulla perché serve il parere del governo preventivo rispetto all'espressione della delibera dell'Aifa».

Il ministro invece che dire oggi «mi sembra» doveva dire fin dal 30 luglio scorso su quale articolo di legge basa la sua affermazione. La delibera per l'immissione in commercio risale infatti a quella data, non avendo sostegno normativo per sostenere questa tesi, Sacconi ha mandato avanti gli zuavi del Senato, Gasparri & c. Ma neppure la relazione approvata in commissione rintraccia la norma di legge che prevede il parere del Governo preventivo su un atto dell'Aifa, e lo suggerisce.

Piegare organi scientifici ai dikat ideologici è pericoloso, andare incontro ad una apertura di infrazione europea con atto antiscientifico è ideologico. Ennesimo episodio contro lo Stato di diritto facendo il gioco delle tre carte.


Donatella Poretti



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