News di TellusFolio http://www.tellusfolio.it Giornale web della vatellina it Copyright: RETESI Abbonamenti a Tellusfolio per il 2024 È Marisa Cecchetti, da Lucca, con il suo versamento del 11/12/2023, che quest’anno dà avvio al tam-tam dell’abbonamento Tellusfolio per il 2024. Per conoscenza di tutti e gratitudine ne diamo subito riscontro, così come faremo di seguito elencando man mano nominativi e luoghi di provenienza di quanti – collaboratori, sostenitori e lettori – vorranno sottoscrivere l’abbonamento nel corso dell’anno: • Maria L., Velletri (RM) • Giuseppina R., Barcellona Pozzo di Gotto (ME) • Silvia C., Verrua Savoia (TO) • Paola Mara D.M., Cosio Valtellino (SO) • Sandra C., Roma • Anna C. e Sergio C., Sondrio Per la sottoscrizione è disponibile il tradizionale bonifico bancario, con accredito sul conto corrente intestato a LABOS Morbegno: IBAN: IT48 T030 6909 6061 0000 0163 708 BIC: BCITITMM (per gli accrediti dall’estero) Oppure tramite PayPal o carta di debito o di credito: Abbonamento Tf € 30,00 Abbonamento Tf importo libero Per quanti – perché appena sopraggiunti al nostro crocevia o perché semplicemente smemorati – si chiedessero significato e contenuto di questo ‘abbonamento’, ricordiamo che si tratta di un modo semplice ma fattuale di com-partecipare alla conduzione e gestione del giornale web. Una ritualità del tutto libera e spassionata che ne consentirà appunto la fruizione per tutti per un altro anno ancora... Morbegno, 17 dicembre 2023 http://www.tellusfolio.it/index.php?lev=104&cmd=v&id=24742 Carlo Forin. Laetare La quarta domenica di Quaresima è del laetare: gioite! In zumero la2-e-ta-re7 = “legare per penetrare e prender possesso in compagnia della gioia (del Signore)”. Insieme col Signore, che sarà crocifisso, noi vivremo per risorgere con lui, nella sua Pasqua fra 21 giorni. Nella dualità archetipica massima tra il vivere o morire per sempre scegliamo la gioia di vivere subito nel bene. UM-IL: “Parola (mu) di Dio (IL), mio Dio, -gu10-um”. La primavera, che sta rivelando già i fiori del risveglio, sarà tra 11 giorni. Ringrazio Dio della vita felice che mi sta donando. Lo prego di consolare chi sta male. Lo prego con papa Francesco di darci la pace dei cuori, che solo da lui viene. Che l’Amore trionfi nell’armonia globale. Am3-En, “che venga il Signore”. Carlo Forin http://www.tellusfolio.it/index.php?lev=153&cmd=v&id=24808 Carlo Forin. La dimensione spirituale La dimensione spirituale è opposta all’azione dello spirito del mondo. Papa Francesco predica contro lo spirito del mondo che muore con chi muore con lui. Io non sono un predicatore. Parlo per me. Io fui stato un ‘credente agnostico’ come la maggior parte degli italiani (“Dio, se ci sei, non schiacciarmi! Se non esisti ci penso io per che il cielo non mi cadrà mai sulla testa”). Guardando indietro vedo un’anima destinata agli Inferi con lo spirito del mondo. Non sono mai stato un materialista. Certo: scappai via da ogni misticismo, come faccio ancora. La logica mi dice: tutti i viventi moriranno. E poi? Se non esiste una dimensione spirituale tutto finirà e le stelle staranno a guardare la Terra senza umani. Se, invece, la dimensione spirituale c’è, continuerà ad essere in eterno com’era stata prima che l’uomo fosse. I più finiranno all’Inferno ed altri in Paradiso. Faccio questo ragionamento dopo aver esaminato gli dèi che furono creduti essere, come immagini frantume ad Arlecchino dell’unico Dio vivente. La Rivoluzione francese ghigliottinò il Re ed introdusse la dimensione materialista negatrice di ogni animismo. Dèi e demoni furono relegati all’infanzia dell’umanità. Il positivismo di August Comte estremizzò questa corrente con l’elevazione di templi alla scienza in Brasile, creò la sociologia le scienze sociali e la comunicazione sociale, favorendo l’osservazione dei fatti esterni all’uomo. In cinquant’anni ho dovuto spogliarmi di queste vesti materiali capaci di stordire la mia anima dentro statistiche oggettive aliene dallo spirito. Ringrazio Dio di avermi tenuto vivo per 75 anni in mezzo a tante battaglie. In particolare io lo ringrazio di avermi introdotto dentro la dimensione spirituale. Io non ho cambiato il mondo come provai a fare con tutte le mie forze nel 1968. Il mondo spirituale ha cambiato me, grazie al Dio comunionale di cui parlo in www.tellusfolio.it. Carlo Forin http://www.tellusfolio.it/index.php?lev=153&cmd=v&id=24795 Carlo Forin. Dalila|Io sono in gioia nel piacere che accompagna Osservo il nome biblico Dalila in zumero (cfr. Wikipedia). I zumeri precedettero Israele nella stessa area medio-orientale; lasciarono i nomi. Se cominciamo finalmente a riconoscere ciò che c’era prima, ed ignoriamo tutti i significati sovrapposti, andremo alla fonte non inquinata. Non è vero? Sillabo il biblico de-li-lah, it. dalila, in zumero dalila. Il nome Dalila deriva dall'ebraico Delilah, che ha la sua radice semantica d-l-l (dolal) che vuol dire “languire” oppure “vacillare”. Il nome poi dall'ebraico è stato trasformato in greco come Δαλιλα (Dalila) ed è arrivato così fino al latino e poi all'italiano. Leggo dal centro li, “io sono in gioia”. Segue foneticamente lil, interno, a li-la. Finisce il trittico da, “che accompagna”. En lil, “signor lil” è dio dell’Aria (per molti: vento). Omologa con la-la, studiato in “LA LA, gioia”. La intermedio vale “prendere piacere”: la-la…gi4 (-gi4) to bring pleasure; to become satisfied, sated (‘joy’+ ‘to turn to, to restore’). (Halloran: 155) “Prendere piacere che accompagna” risulta dal finale: -da5 An OS form of the comitative suffix da [senza numero]. (Halloran: 38) Leggo, dunque: da- li- la, “io sono in gioia nel piacere che accompagna”. Carlo Forin http://www.tellusfolio.it/index.php?lev=153&cmd=v&id=24762 Carlo Forin. Dio ha creato l’uomo comunionale Io sono sempre stato alieno dalla filosofia e, maxime, dalla teologia. L’artista sloveno Marko Ivan Rupnik, direttore del Centro Aletti in Roma, mi ha convinto alla teologia spirituale. Più precisamente, lo Spirito Santo, cui sono devoto fin dall’Epifania 2021, mi ha convinto a studiarlo meglio su questo fronte preciso. L’artista mosaicista è portatore della saggezza dei Padri orientali che hanno esplorato l’esistenza di ciò che sta sotto la persona: “hypostasis (sub-sistentia, ciò che sta sotto).1 Sotto, nelle fondamenta dell’esistenza, c’è un’esistenza personale. Persona significa dunque un’entità definita dalla relazione”. A modo mio, non filosofico, ma sociologico, chiarisco: io sono due persone: Carlo e Gesù, che mi permea. Sono un peccatore come voi, ma in trentadue anni di ricerca (33 nell’aprile 2024), di cui dieci di conversione piena, Gesù è entrato nella mia consapevolezza continua della sua compresenza. Io sono l’asino che Gesù cavalca. Il suo ‘peso’ mi solleva riempiendomi di gioia. Poiché Gesù è uno con il Padre e lo Spirito Santo, io sono un uomo comunionale. Fatico a narrarmi come individuo. Marko ama comporre mosaici insieme con altri autori del Centro Aletti. Dunque, molto più di me, essendo anche teologo, è un uomo comunionale. La relazione con Dio sta sotto la mia persona. Questa relazione mette la morte tra parentesi: sarà un passaggio: da una vita allietata di tanti assaggi di gioia dentro ad un tunnel che passa per “surriscaldamento globale, femminicidi, strage di innocenti, ammazzamenti con droni… e via enumerando” incontreremo il muro al di là del quale sarà la Gerusalemme messianica (“Non vidi alcun tempio –nella città di oro puro, come cristallo trasparente– perché il Signore Dio, l’Onnipotente, e l’Agnello sono il suo tempio”. Apocalisse, 21, 22). Carlo Forin 1 Marko Ivan Rupnik, Secondo lo Spirito. La teologia spirituale in cammino con la Chiesa di papa Francesco, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano, 2017: p. 81. http://www.tellusfolio.it/index.php?lev=153&cmd=v&id=24751 Carlo Forin. Nuraghe: “inondazione di luce nel buio” Oggi, è il solstizio d’inverno (per la precisione, lo sarà alle 4,27 del 22/12/23). Nelle 24 ore con minor luce dell’anno, intendo rivelarvi il significato zumero della parola nuraghe. Avrete avuto un contatto letterario coi Nuraghe sardi almeno una volta. Il primo link (» Wikipedia) con /Nuraghe dice che gli studiosi non sono ancora concordi sulla funzione originaria di queste costruzioni con massi di pietra: Gli studiosi non hanno ancora espresso un parere comune sulla loro funzione originaria, mentre per quanto riguarda la datazione la maggior parte pensa che furono costruiti nel II millennio a.C., a partire dal 1800 a.C. fino al 1100 a.C. A me pare che la traduzione dal zumero: nu-ra-ghe: ‘inondazione (ra) di luce (ghe) nel buio (nu)’ riveli sia il significato pratico, sia l’orientamento religioso: ‘luce’. Il secondo millennio a.C. ha conosciuto l’irradiazione in tutti i popoli dell’esperienza zumero-accada vissuta da quelle genti nella seconda metà del III millennio a. C.. E’ girato il poema di Ghilgamesh senza che si sia diffusa nei moderni l’idea che i diversi popoli abbiano imparato a leggere e scrivere coi loro conduttori proprio grazie alle fonti zumere. Il punto di riferimento per l’analisi del trinomio è “Aldilà”, underworld in inglese: a - ra - li underworld: ‘tears’ + ‘to overflow’ + ‘to sing’. (Halloran: 6) che leggo invece dal centro ‘inondare (ra) di gioia (li) con obbligo di luce (a). La lettura dei grafi a partire dal centro discende dalla natura circolare della scrittura zumera che muta il significato nella decifrazione (da ‘lacrime’ a ‘luce’). Fortuna vuole che Halloran abbia significato correttamente il termine centrale ra = inondazione, pari al nome del dio sole egizio Ra. I sacerdoti mesopotamici ed egizi facevano costruire zigurrat e piramidi per osservare le stelle, dare l’immortalità ai loro sovrani ed ingraziarsi in vita il favore degli dèi benevoli. Questa sete di vita e di luce ha segnato i secoli. Dico ciò pur con buchi neri come August Comte, che ha lasciato una scia di non scienza che perdura nel web inondato di archeologie del linguaggio povere di luce. Osserviamo il solstizio partendo dall’altro mondo che significhiamo con altri grafi: hi - li - ba the underworld (‘beauty’ –‘To be happy’ – ‘anima’). -Esser felice nell’anima bella- è una condizione dell’Aldilà come pensiamo tutt’oggi. Nella civiltà dei Nuraghe c’erano le stesse esigenze, in un mondo feroce e spietato, di legare socialmente e distruggere col potere: gi - il - gi - il - la harnessed (? –finimenti-) (redup., gil, ‘to cross, lie athwart’). (Halloran: 78) gi16 – il – gi16- il Emesal dialect for gilim, ‘to destroy’. (Halloran: 80) Noterete la differenza nelle due espressioni, dove il = Dio (sconosciuto a tutti, meno Robert A. Di Vito, Studies in third millennium sumerian and akkadian personal names, Editrice Pontificio Istituto Biblico, Roma 1993): col finale la = abbondanza, la distruzione cessa, ed il legame perdura coi finimenti (gil). Il2-la2 Elevation; heights (‘to raise, lift up’ + lal, ‘to measure, weigh’; cf., dun3-la2, ‘depression’ and ib2- ba – la2, ‘flat country’). (Halloran: 124) È bizzarro che l’elevazione il2-la2 sia stata scritta nell’ignoranza dell’elevatore (il = Dio) e del punto medio tra il Cielo e la terra il2; la ‘penetrazione’ la2 è mancata per forza. La celebrazione li – li celebration (reduplicated ‘to rejoice’). (Halloran: 157) La celebrazione del solstizio d’inverno 2023 avviene nella massima gioia. Tenete memoria la gioia con questa tavoletta: (im) li- gi – in Exsercise tablet (loan from Akkadian liginnu. (Halloran: 157) Carlo Forin http://www.tellusfolio.it/index.php?lev=153&cmd=v&id=24746 Alberto Figliolia. Cerco di leggere il mio futuro tra carcasse di sogni|Il Calendario poetico 2024 della Casa di reclusione di Milano-Opera Io e me stesso/ sopra un limbo/ guardavo un pozzo non profondo/ le rane le carpe/ che veneravo molto/ ricordavo gli abbracci di un passato energico/ sembrava un tramonto con i suoi tinteggi/ mi manca ogni volta/ è così apatica l’esistenza quaggiù/ il mio sentire come fosse/ un vento in questo giardino vuoto/ di colore e le strade sempre bianche (L.D.C.) Non si può evitare di sognare. Ne va della vita stessa. Forse non si possono ricordare i momenti dell’universo onirico notturno. Ma i sogni ci lavorano dentro, così come sogniamo a occhi aperti. I sogni sono, infatti, anche desideri da realizzare. Somnĭo ergo sum, verrebbe da parafrasare il caro vecchio René Descartes. Si sogna anche in carcere, luogo duro per definizione. Lì si sogna, con l’espiazione e la conseguente riabilitazione (art. 27 della Costituzione), il riscatto dalla colpa o da quella sorta di ricatto e criticità esistenziale che ha condotto al reato e alla privazione di uno dei più preziosi beni elargiti dalla sorte: la libertà. Né si può togliere a un essere umano il sogno e, con esso, la speranza. Non è un caso dunque che per il consueto Calendario poetico, ogni anno partorito dal Laboratorio di lettura e scrittura creativa attivo nella Casa di reclusione di Milano-Opera, si sia scelto il tema Sogni (sottotitolo: Cerco di leggere il mio futuro tra carcasse di sogni). Dalla prefazione della psichiatra, scrittrice e criminologa Erica Francesca Poli: “La poesia riesce dove né la filosofia né la scienza riescono: giunge a sfiorare il sentire dell’essenza vitale che permane nell’impermanente o, per meglio dire, piega l’impermanente del poeta che la scrive, ad esser via, mezzo, porta per una rivelazione improvvisa di eterno, che balena in un lampo, si spoglia d’improvviso e poi si vela di nuovo delle stesse parole in versi che hanno tentato di dirlo”. Per ogni mese una immagine fotografica – dono di Margherita Lazzati, che con pazienza, sensibilità e innato senso estetico ogni anno correda il Calendario dei suoi scatti – e una o più poesie delle persone detenute. Liriche avvolgenti, coinvolgenti, profonde, di bella e curatissima forma, fra dolore e aspettative ancora da coltivare, fra ansia e quella speranza, mai doma, che anche nelle celle e dietro le sbarre, in un ambiente di mura, ferro e, sovente, separazione affettiva, vive tuttavia nello spirito colmando i giorni e squadernandone le possibilità di bellezza. Perché anche da un carcere possono scaturire bellezza e cultura. Passi./ Strascichi di membra atrofizzate/ si aggirano. Stanchi e apatici i loro volti/ in questi freddi corridoi/ pregni di indefinibili miasmi./ Passi/ di gente assorta nelle mille e mille illusioni/ che la vita le ha riservato./ Passi che a volte qualcuno conta,/ scandite linee del consunto tassello del mattone. (U.C.) E ancora... La strada accompagnava i nostri passi/ gli alberi cercavano le stelle/ le foglie cadevano piano/ toccavano le nostre anime/ il vento soffiava lento/ l’alba è arrivata stanca// Ora chiudo gli occhi/ e resto qui (V.S.) In Italia esiste il Fine pena: mai oppure, se volete scriverlo diversamente, Fine pena: 31/12/9999. Forse, al di là di ogni considerazione ideale o ideologica, varrebbe la pena di convertire quell’angosciante espressione, oltre le opinioni personali, in Fine speranza: mai. Chiudiamo con una splendida poesia (versi fortemente empatici), tratta dal Calendario, di F.P. (una composizione dagli echi hemingwayani e alla John Donne, quello per il quale, per intenderci, nessun uomo è un’isola): Lacrime del sole che tutti vedono…/ Suona il campanello per noi fratelli,/ ma non lo sentiamo./ Scalini di un cammino verso il futuro/ affiorano dall’acqua della speranza;/ nel delirio di fuochi dell’umana miseria/ cadono come grandine dalle stelle/ riverberi infuocati del nemico./ Nulla conta più nella stirpe dei rapaci./ Questo è l’infausto destino./ Un ricordo soltanto la pace,/ chiodo mai piantato,/ ma l’urlo del dolore,/ questo sì…/ Troppe croci,/ cuori ridotti a brandelli/ densi di sangue dei nostri fratelli…/ Non migrano più le urla dei morti,/ eccole lì, prossime ai vivi. Il Calendario poetico del Laboratorio di lettura e scrittura creativa di Opera è una vera e propria pubblicazione (casa editrice La Vita Felice). E, soprattutto, un’occasione per scoprire un mondo nascosto alla vista e pure tanto foriero e capace di sentimenti positivi. Sorprendente e toccante. Alberto Figliolia http://www.tellusfolio.it/index.php?lev=158&cmd=v&id=24741 Carlo Forin. Coppa Davis 2023 a Italia Avevo 28 anni quando vissi, trasmessa da Santiago del Cile, la prima Coppa Davis. Ringrazio l’Eterno di avermi tenuto vivo fino a vivere la seconda Coppa Davis. Sono passati 47 anni! La storia si misura sui 50 anni! Oggi è storia del tennis. Come sta dicendo Adriano Panatta, lo sport individuale del tennis diventa uno sport collettivo solo con la Coppa Davis che fa godere una nazione con la sua Nazionale. In zumero, il nome Sin-ner esprime la massima ambiguità nella Luna Nera. Jannik Sinner è il campione che ha unito la nostra squadra piegando anche l’attuale numero uno del mondo Novak Djokovic: ha sciolto ogni ambiguità, ha intimorito la squadra australiana ultima nostra avversaria, pluri-vincitrice della coppa. Le due sillabe componenti SIN NER hanno queste spiegazione dalla ‘lingua morta’ zumera: SIN: Fu rito della scrittura sumerica incidere Enzu e leggere all’inverso Zuen (semplificato Sin = Luna); diventò uso cananeo scrivere Ba’al diversamente dai correligionari europei di Al’ba. L’ascesa di Babele, verso il 2000 a.C., al predominio mesopotamico sovrappose Bel sia ad Al’ba che a Ba’al. (Licinio Glori, La pace di Cesare, pag. 28, Editoriale Dimara, Milano 1956). NE-RU (cf., erim2, erin7, rim3). 1) erim2, erin7, rim(3) [NE.RU] n., enemy; malefactor; wicked; destruction; oath [ERIM2 archaic frequency]. adj., hostile; evil; wicked. adv., wickedly. (Halloran: 64) 2) erim3, 4, 5, 6 erin3, 4, 5, 6 treasury; storehouse; trasures. Come può accertare anche il lettore estraneo al zumero rendono diversi 1) da 2) solo i numeri deponenti (che aiutano i zumerologhi a non perdersi nelle loro teste). Erim = tesori. Sono tesori gli amici tennisti uniti da Jannik Sinner. Carlo Forin http://www.tellusfolio.it/index.php?lev=153&cmd=v&id=24729 Mauro Raimondi. Ancora sulla vergogna di San Siro|Intervista agli ingegneri Aceti e Magistretti «Assurdo demolire San Siro: si può riqualificare»: così affermano gli ingegneri Aceti e Magistretti in un’intervista apparsa su ilSudMilano nell’ottobre scorso che voglio proporvi integralmente per denunciare di nuovo quello che sta accadendo a Milano intorno al suo storico stadio. «Nel 2016, quando San Siro doveva ospitare la finale di Champions League tra l’Atletico Madrid e il Real Madrid, facemmo una tesi di laurea con gli studenti del Politecnico» spiega l’ingegner Aceti. «L’obiettivo era da un lato far emergere le criticità dello stadio e dall’altro le possibilità di intervento per un miglioramento dell’accessibilità, dei servizi e per inserire nell’impianto esistente una serie di funzioni per il tempo libero, culturali e commerciali. Da questo primo studio, molto preliminare, a partire dal 2019, quando si è iniziato a parlare di abbattimento del Meazza e di un nuovo stadio per Milan e Inter, con l’ingegnere Magistretti abbiamo iniziato ad approfondire lo studio sia da un punto di vista tecnico costruttivo che finanziario economico. Tenendo conto, oltre che dei servizi necessari per uno stadio moderno, anche di come riqualificare e riammodernare la struttura». «Abbiamo incontrato tutti i partiti, parlato con comitati, giornali e televisioni» gli fa eco l’ingegner Magistretti, «l’anno scorso abbiamo partecipato anche al dibattito pubblico sostenendo che San Siro non va abbattuto. Noi non siamo “bastian contrari”, il lavoro che stiamo portando avanti dimostra che è assurdo demolire San Siro, perché può essere riqualificato, soddisfacendo tutte le esigenze della città, delle squadre e dell’ambiente». Una posizione che di fatto non è mai stata presa in considerazione da Inter e Milan, né – incredibilmente e vergognosamente! – dal Comune, assolutamente succube verso gli interessi delle due squadre. – Come si può riqualificare lo stadio e allo stesso tempo far giocare Inter e Milan? Aceti: «Si lavora per spicchi, attraverso un intervento per fasi e cantierizzazioni parziali. Come è avvenuto in moltissimi altri stadi». – Da dove si parte? Aceti: «Prima di tutto dai lavori di riammodernamento sul primo e secondo anello, necessari per ospitare le manifestazioni di Milano-Cortina 2026 e la finale di Champions League del 2026, che possono essere realizzati coerentemente con il progetto di riammodernamento dello stadio. Si sistemano i servizi igienici e si fa un generale restyling, ma soprattutto si utilizzano le sottotribune del primo e secondo anello, che attualmente sono spazi vuoti, che possono essere trasformati in spazi per il tempo libero, commerciali, per la ristorazione o lo sport. Si tratta di circa 35mila metri quadri, a disposizione delle squadre e della città. Tutto questo nel rispetto del vincolo sul secondo anello della Sovrintendenza». – E il terzo anello? Aceti: «Il terzo anello, che ora occupa tre lati dello stadio, viene smontato mantenendo le torri e le strutture portanti, per fare spazio alla Galleria panoramica polifunzionale, una struttura prefabbricata completamente chiusa su due livelli, che a parità di portata, mette a disposizione delle squadre altri 30mila metri quadri per servizi, sale convegni, ristoranti e quanto altro possa essere interessante per gli spettatori. Sul lato di via dei Piccolomini, si costruisce uno spazio coperto, che può essere destinato ad altri servizi e tribunette per spettatori. Secondo i nostri calcoli tra terzo anello completato su quattro lati, interventi su primo e secondo, arriviamo a una capienza di 70mila spettatori e 80mila mq per i servizi, numeri che corrispondono alle richieste delle squadre. Rimarrebbe comunque la possibilità per il Comune e le squadre di valutare la sistemazione dell’area circostante San Siro, con del verde ma anche con servizi, in modo intelligente e certamente meno impattante». – Come avviene lo smontaggio del terzo anello? Magistretti: «Ci siamo confrontati con società specializzate in demolizioni, che hanno confermato le nostre osservazioni. I lavori possono partire durante i mesi estivi, appena conclusa la finale di Champions League, lavorando su tre turni, sette giorni su sette. Si recupera il calcestruzzo delle solette, così come molta parte del resto del materiale, facendo pochissima polvere perché si tratta di prefabbricati. Concluso lo smontaggio, sempre a spicchi si procede alla costruzione del nuovo terzo anello, senza impedire l’uso da parte delle squadre. Anche in questo caso abbiamo avuto contatti con esperienze internazionali simili. Ci siamo sentiti diverse volte con la società spagnola di ingegneria e costruzioni Aysa, che sta completando il Bernabeu a Madrid, lavorando durante la settimana e consentendo le partite. D’altronde senza andare troppo lontano, ricordo che l’attuale terzo anello è stato costruito completamente, torri incluse, tra l’88 e il ’90, senza impedire una partita». – Tempi e i costi stimati? Magistretti: «Per la riqualificazione di San Siro abbiamo stimato un costo di 350 milioni di euro, inclusi tutti gli interventi per la sostenibilità ambientale, che è circa la metà delle spese preventivate dalle squadre per realizzare il loro stadio fuori Milano. Anticipando una parte dei lavori sul primo e secondo anello a prima delle olimpiadi invernali, e procedendo con la realizzazione della Galleria panoramica polifunzionale subito dopo possiamo avere pronto lo stadio per il campionato 2028-2029». – Quali sono i vostri prossimi passi? Magistretti: «Abbiamo messo il nostro studio a disposizione della città, vediamo cosa succede. Ci conforta sapere che l’opinione pubblica è dalla nostra parte. Prima dell’estate un sondaggio di Radio Popolare indicava che il 90% dei milanesi è per la riqualificazione. Partiamo da qui». http://www.tellusfolio.it/index.php?lev=134&cmd=v&id=24716 La demolizione di San Siro: una vergogna! (L’alternativa del progetto Aceti – Magistretti)|di Mauro Raimondi In questi mesi, su San Siro “abbiamo visto cose che voi umani” non avreste mai immaginato. Le due Società milanesi che, con l’arroganza di chi sa di avere il coltello dalla parte del manico, fanno forti pressioni sul Comune (ricattano?) affermando che vogliono costruire i loro stadi altrove (con quali soldi?). Il Comune di centro sinistra che fa ricorso – in nome delle “ricadute economiche”! – contro la Soprintendenza alla Belle Arti, simbolo di quella cultura che dovrebbe essere nel DNA della Sinistra. Un Comune che si definisce ambientalista ma nei fatti vuole assolutamente un progetto che, secondo il consigliere comunale Carlo Monguzzi, una delle poche voci sensate e fuori dal coro, “causerebbe l’emissione di 210mila tonnellate di Co2 e 150 camion al giorno per 5 anni, un disastro ecologico”. E poi: Sgarbi che dice cose sensatissime. Al contrario degli altri politici di Destra che – per una volta – vanno a braccetto con quelli di Sinistra purché vada in porto l’affaire immobiliare da un miliardo di euro (e oltre). E ancora: personaggi pubblici ma anche semplici tifosi che legittimano l’abbattimento di San Siro in nome di mantra inculcati, imparati a memoria e assolutamente non dimostrati del tipo: “le Società di calcio devono possedere un loro stadio”. A tutto questo schifo, come ha scritto decenni fa Luciano Bianciardi: “Io mi oppongo”. E ritenendo “che vivere significhi essere partigiani” (scusatemi, amo le citazioni…), prendo posizione e chiedo a voi tutte e tutti di fare altrettanto. Perché penso che dietro l’abbattimento di San Siro ci sia quel “partito del cemento” che da sempre domina su Milano. Perché voglio che in primo piano vengano posti l’ambiente, la sostenibilità, la Storia e – se permettete – il cuore e i ricordi di chi, in quello stadio, è cresciuto e ha visto crescere i propri figli. Io pretendo che non si ragioni esclusivamente con le logiche capitaliste che mettono davanti a tutto i soliti danee. Lo pretendo, soprattutto da una Giunta di centro Sinistra! Anche perché di alternative, ce ne sono. E considerato che i media – come sempre cassa di risonanza dei poteri forti – ne parlano pochissimo, ho pensato di presentare quella di Riccardo Aceti, ingegnere strutturista, professore a contratto al Politecnico di Milano, e di Nicola Magistretti, ingegnere civile, esperto di project-construction management. Il progetto è pubblicato sul sito di Radio Popolare, che prima dell’estate ha fatto un sondaggio i cui risultati sono stati inequivocabili: il 90% dei milanesi è per la riqualificazione. Il piano di fattibilità Aceti – Magistretti si pregia di rigenerare il monumento storico di San Siro, chiaro esempio della genialità costruttiva italiana, mediante la creazione di una galleria panoramica unica al mondo, collocata in sostituzione totale (o anche solo parziale) delle tribune del terzo anello esistente. L’operazione di riqualificazione, che comprenderebbe altresì le aree e i sotto tribuna del primo e del secondo anello, ha innanzitutto il pregio di salvaguardare l’impianto esistente, icona riconosciuta a livello internazionale e già dotato di tribune poste a ridosso del campo di gioco, senza interrompere le partite durante i lavori di ammodernamento, garantendo inoltre la sostenibilità ambientale e l’assenza di consumo di suolo. Nel piano di fattibilità sono inclusi interventi migliorativi delle strutture esistenti anche attraverso il riciclo del calcestruzzo delle opere decostruite. Inoltre, particolare attenzione è posta all’efficientamento e miglioramento energetico – tecnologico – funzionale dell’impianto. I costi prospettati (circa 300/350 milioni di Euro) risultano pari alla metà di quelli previsti per la realizzazione del nuovo stadio ipotizzato dalle squadre, con caratteristiche prestazionali equivalenti, se non addirittura superiori al nuovo (ad esempio mantenendo una capienza di almeno 70.000 spettatori, in funzione della quantità di decostruzione del terzo anello), sia in termini di redditività che di ricavi. Il tutto risulta compatibile e rispettoso di eventuali vincoli che potranno essere apposti al secondo anello da parte della Soprintendenza. I lavori di ammodernamento possono essere ultimati prima di quelli necessari per la realizzazione di un nuovo impianto, anche in sinergia con quelli previsti per la cerimonia inaugurale delle Olimpiadi Invernali 2026, potendo eseguire lotti funzionali scelti ad hoc. In linea con la concezione dei nuovi stadi moderni, gli interventi previsti per la riqualificazione possono prevedere aperture 7 giorni su 7, spazi commerciali, spazi multimediali, punti di ristoro e permanenza, musei, con il pregio di offrire una nuova prospettiva da cui seguire le partite e i concerti nella nuova galleria panoramica, con possibilità di integrare e ampliare significativamente i servizi e le aree hospitality anche al primo e al secondo anello. È inoltre in corso di approfondimento la possibile esecuzione di una copertura mobile integrativa dello stadio (che lo renderebbe totalmente coperto all’occorrenza), oltre al brevetto di un sistema di sottopavimentazione del prato che permetta l’installazione rapida di porzioni di palco per attività ed eventi extracalcistici. Risulterà in ogni caso possibile eseguire interventi esterni allo stadio, nel rispetto dell’indice di P.G.T. vigente, ad esempio anche per riqualificare le aree a parcheggio oggi già cementate e le limitrofe aree già urbanizzate, con un vantaggio fondamentale: libertà di decidere dove e come realizzare gli interventi extra stadio, salvaguardando le attuali aree verdi. A tal proposito, potrebbe essere introdotta la riqualificazione del “quarto lato” dello stadio (Via Piccolomini), anche ai fini di mitigazione acustica verso l’ex-trotto. Inoltre, ad esempio, nel rispetto dei principi dello studio d’area “MOSAICO SAN SIRO”, presentato recentemente alla stampa dall’assessore comunale Tancredi, ad integrazione dell’ammodernamento dello stadio potrebbero essere realizzate soluzioni plano-altimetriche che possono razionalizzare e riqualificare le aree esterne pubbliche esistenti, con totale salvaguardia del verde profondo esistente e con esecuzione di volumi polifunzionali dotati di tetto verde, edificati sopra le aree attualmente cementate a copertura dei parcheggi. Potrebbe dunque nascere un distretto polifunzionale e polisportivo in un parco verde, anche su più livelli. http://www.tellusfolio.it/index.php?lev=134&cmd=v&id=24708 Un ricordo di Giovanni Lodetti|di Mauro Raimondi Io l’ho conosciuto abbastanza bene, il Lodetti. E siamo in molti a poterlo dire, perché lui era sempre gentile e disponibile con tutti. Inoltre non si tirava mai indietro quando c’era da parlare del Milan degli anni Sessanta, gli si illuminavano gli occhi. Iniziava a raccontare aneddoti e non finiva più, proprio come gli altri protagonisti di quell’epoca d’oro con cui ho avuto la fortuna di chiacchierare in questi anni (Cudicini, Anquilletti, Prati, Belli ma anche Mazzola, Corso, Cappellini). Erano consapevoli di essere entrati nella storia del calcio, ma il loro orgoglio era genuino, spontaneo, non si trasformava mai in egocentrismo. Per capire chi era Giovanni Lodetti basta narrare della volta che ci siamo conosciuti. Correva il 2003, ed ero stato invitato a invitato a presentare il mio primo libro, Invasione di campo-Una vita in rossonero, in un posto assurdo, una specie di mini palasport in periferia. Quando sono entrato gli spalti erano pieni di gente che aveva appena visto giocare i loro figli a calcetto o aspettava di farlo. Si può immaginare quanto potesse importare loro di un libro. Così mi ritrovai a centrocampo, da solo, con il mio bel romanzo in mano, e non sapevo come attirare l’attenzione. Fu allora che lo vidi: stava parlando con gli organizzatori. Mi avvicinai, mi presentai, e gli domandai se poteva darmi una mano. Lui mi fissò per un momento, diede un’occhiata alla copertina (con Rivera abbracciato ad Altafini dopo un gol al Benfica nella finale di Coppa dei Campioni del 1963), e mi fece: “Andiamo”. Prese il microfono, ottenne un po’ di silenzio e disse di ascoltarmi con attenzione perché avevo appena pubblicato un libro sul Milan. Era – ripeto – la prima volta che mi vedeva. Lui era così, un generoso, un appassionato del suo Milan e di tutto ciò che lo riguardava. In seguito scrisse la prefazione – ovviamente a titolo gratuito – a un libro che pubblicai insieme all’amico Davide Grassi (Milano è rossonera. Passeggiata tra i luoghi che hanno fatto la storia del Milan). Di conseguenza, ci incrociammo abbastanza spesso perché, quando c’era un incontro, il primo che cercavamo era lui. E pure quando uscì Il Derby della Madonnina, scritto a sei mani da Alberto Figliolia, Davide Grassi e dal sottoscritto, lui era sempre in prima fila, nelle presentazioni. Ricordo che una volta lo portammo fino alla biblioteca di Cassina de’ Pecchi insieme a Renato Cappellini, e il pubblico era formato da cinque – dico, cinque – persone. Entrambi, però, si divertirono a parlare di Inter e Milan come se ne avessero di fronte cento. Se si negava era solo per impegni televisivi, perché era opinionista in una televisione privata che aveva gli studi vicino a Loreto. E sotto la linea rossa della metropolitana ci siamo incontrati spesso verso le undici di sera, perché lui aveva appena finito la trasmissione ed io le lezioni a scuola. Ci fermavamo lì, ad aspettare il suo metrò, e commentavamo il momento del Milan. Così, alla buona. Perché Lodetti era veramente una persona d’altri tempi, di un calcio – e di un mondo – d’altri tempi. E non c’è miglior complimento che io gli possa rivolgere. Mauro Raimondi http://www.tellusfolio.it/index.php?lev=134&cmd=v&id=24689