News di TellusFolio http://www.tellusfolio.it Giornale web della vatellina it Copyright: RETESI Il 25 aprile. La Liberazione delle nostre valli|di Sergio Caivano Sfondato il fronte nazifascista, le truppe angloamericane ormai dilagano ovunque, con l’ausilio delle forze partigiane. Nelle grandi città del nord molte industrie chiudono per gli scioperi compatti dei dipendenti. Tutte le città del nord vengono in breve conquistate. Imola si libera il 21 aprile, Bologna il 22. A Genova, il 24 aprile, sono i partigiani a raccogliere la resa delle forze naziste. Nell’Alta Valtellina, tra Grosio e Grosotto, all’altezza della centrale dell’AEM si combatte un’aspra battaglia tra i partigiani e i miliciens di Darnard inviati dalla Germania, che vengono sonoramente sconfitti. Nello scontro perdono la vita due comandanti partigiani, Emilio Pini e Guglielmo Valmadre. Il 25 aprile il CLNAI di Milano emana l’ordine d’insurrezione generale. Verso sera i primi partigiani entrano in città. Mussolini fugge verso il lago, con la speranza di espatriare in Svizzera. Il gruppo fascista, unitosi ad una colonna militare tedesca in fuga, viene bloccato dai partigiani di Pier Bellini delle Stelle a Musso. Mussolini, travestito da tedesco, viene scoperto a Dongo ed imprigionato. Mussolini e la sua amante Claretta Petacci vengono giustiziati a Giulino di Mezzegra, gli altri, per lo più gerarchi, a Dongo. Il giorno dopo i cadaveri sono esposti a Milano, a Piazzale Loreto. Nelle nostre valli lo stesso 25 aprile si libera Lanzada, il giorno dopo Chiesa e Torre S. Maria. La prima città a liberarsi dall’oppressione nazifascista è Chiavenna, il 27 aprile, dopo una breve sparatoria e dopo la cruenta battaglia sostenuta dai partigiani contro numerosi nazifascisti all’Angeloga. Sempre il 27, a Bormio, la resa dei tedeschi e dei fascisti è raccolta dal Dr. Adolfo Flora. Il 28 aprile i comandanti partigiani della bassa valle siglano a Morbegno la resa della colonna tedesca già fermata a Musso. La liberazione di Sondrio, alla quale ho assistito col cuore in gola, avviene dopo una breve sparatoria, quando i fascisti asserragliati al Castel Masegra si arrendono e si consegnano ai partigiani della Divisione “Garibaldi” e della Brigata “Sondrio”. I tedeschi sono già fuggiti da un paio d’ore. Sono le 13:45 del 28 aprile 1945! Una folla di cittadini si riversa per le strade e per le piazze e manifesta la propria incontenibile gioia e felicità. Verso sera anche Tirano, dopo uno scontro duro nel corso di tutta la giornata, raccoglie la resa dei fascisti e dei miliciens, dopo aver lasciato sul terreno due partigiani, Ermanno Balgera e Nello Braccaioli. La popolazione risponde con entusiasmo alla fine della guerra. Scene di gioia indescrivibile si registrano prima a Sondrio e poi a Tirano. In realtà riguardano tutti i paesi delle nostre valli, finalmente liberate dall’oppressione nazifascista. Resta un reparto nazista alla terza cantoniera dello Stelvio. Ci pensa Cesare Marelli, con i suoi, a farli sloggiare. È il 3 maggio 1945. Tutta la Valtellina è ormai libera! Ed è opera esclusiva dei nostri patrioti! La Liberazione viene solennemente celebrata il 9 maggio a Sondrio con la sfilata dei partigiani di tutte le formazioni patriottiche, accolte dagli applausi e dalla indescrivibile gioia dei cittadini. Molti anni dopo, una volta appurato con dati storici precisi il comportamento tenuto dai partigiani e dalle popolazioni nel corso della guerra di Liberazione, con DPR 16 marzo 1987 firmato dal Presidente della Repubblica Sandro Pertini, viene assegnata alla provincia di Sondrio la medaglia d’argento al valor militare per la resistenza dei patrioti e per l’appoggio loro fornito dalle popolazioni. A consegnarla viene personalmente il Presidente del Senato on. Giovanni Spadolini che l’appone sul gonfalone della provincia nella piazza Garibaldi di Sondrio alla presenza dei sindaci delle valli, delle autorità provinciali e di una folla strabocchevole. Sergio Caivano http://www.tellusfolio.it/index.php?lev=125&cmd=v&id=24835 Anna Lanzetta. Un pubblico eccezionale|Per la presentazione del mio libro “Dalla lettera al computer. Un dialogo a più voci” Da tempo cercavo un luogo adatto alla presentazione del mio libro Dalla lettera al computer - Un dialogo a più voci e anche un pubblico adatto a recepirne il messaggio. A volte nella vita succede l’imprevedibile! Lontana dalla scuola da più di vent’anni non avrei mai pensato di ritornarci a 79 anni. L’occasione, provvidenziale, mi è arrivata grazie all’invito dei ragazzi, un tempo 5ªB, che festeggiavano trent’anni dalla maturità. Tra l’emozione e la gioia ho accettato con entusiasmo e domenica 7 aprile 2024 ci siamo ritrovati in un luogo ameno, dove palpabile era la primavera. Era quello il luogo più adatto per presentare anche il mio libro e i ragazzi il pubblico migliore. Seduta a capotavola, come dalla cattedra, su loro richiesta, ho fatto l’appello come una volta tra la gioia dei presenti. In un clima molto festante ci siamo ricordati degli aneddoti che avevano caratterizzato un tempo il nostro percorso scolastico. Era palpabile la gioia di ritrovarsi. A tratti il passato inghiottiva nostalgico il presente, mentre le esperienze raccontate caratterizzavano la vita di ognuno, compresa la mia. Il tempo non concede pause e scorre inesorabile; trent’anni avevano segnato per ognuno scelte di vita diverse e i ragazzi di allora avevano ceduto il passo agli adulti con pieno senso di responsabilità e uno sguardo fermo al futuro. Terminato il pranzo, un gazebo ci attende tra un verde refrigerante. Prendo i libri e li distribuisco. Salta agli occhi la copertina e il retro con i quadri di Picasso. Colgo subito l’occasione per parlare delle mie esperienze postume fatte con altri ragazzi ed essenzialmente delle Arti, invitandoli a coltivarle perché donano bellezza alla vita e ricchezza allo spirito. Sfoglio il libro e glielo illustro nelle varie parti ed emerge una scuola confidenziale fatta di rispetto e di dignità. Non mi era mai capitato di presentare un mio libro nella natura, con un tempo così amico e a un pubblico così attento ad ascoltare perché impegnato ora con la scuola dei propri figli. Li tranquillizzo dicendo loro che gli insegnanti sono bravissimi e che portano con onore un fardello non semplice ma che hanno bisogno di essere rispettati e sostenuti per il lavoro delicato che svolgono. Che la scuola sia di nuovo luogo di crescita dove la dignità e il rispetto annullino ogni violenza e l’insegnante ridiventi il pernio fondamentale per l’educazione, la conoscenza e la formazione; è necessario investire e molto in cultura per evitare l’irreparabile. Condividono e annuiscono. La lezione ha avuto l’effetto sperato. Mi convinco ancora di più che i giovani sono da sempre i migliori ascoltatori e che vanno aiutati nei loro progetti di vita. Il dialogo del libro a più voci si espande a loro, ed è ciò che desideravo. Non avrei mai sperato tanto! Firmo i libri -con affetto-, li guardo con l’affetto di sempre mentre godo della bellissima pianta di limoni posta accanto a me e già mi inonda, anche se non pienamente fiorite, il profumo delle zagare. Grazie ragazzi per la bellissima giornata. Anna Lanzetta http://www.tellusfolio.it/index.php?lev=125&cmd=v&id=24827 Antonio Rusconi, “Tom”, partigiano di Rogolo deportato nei lager nazisti|di Sergio Caivano All’età di 96 anni è scomparso a Rogolo il partigiano Antonio Rusconi “Tom”, nativo di Monza. La sua vita è segnata dagli accadimenti. L’8 settembre 1943 l’Italia chiede ed ottiene l’armistizio dalle forze Alleate. I tedeschi invadono massicciamente il territorio italiano. Nasce poi la Repubblica sociale italiana. Antonio, giovanissimo, matura sentimenti antifascisti che gli fanno fare la scelta definitiva. Passa con i partigiani della 55ª Brigata “Rosselli”, aderente alla Divisione “Garibaldi”. Nel settembre 1944 si trova sui monti sopra Rogolo con i suoi compagni. Ed è proprio il 20 settembre, dopo un duro scontro con consistenti forze fasciste provenienti da Morbegno, che viene catturato ed imprigionato. Inviato in un primo tempo nelle scuole di Morbegno adibite a prigione, viene successivamente spedito nella caserma di Sondrio. Da qui è avviato al carcere milanese di SanVittore. Infine viene portato al noto binario 21 della stazione centrale di Milano con destinazione un lager in Germania. Antonio sopravvive alla vita durissima del campo di concentramento. Nel dopoguerra a Milano aderisce alla CGIL e al PCI, dal quale si stacca dopo l’invasione sovietica dell’Ungheria. Ritornato a Rogolo, nel corso dei lunghi anni che lo separano da quella truce esperienza, si spende per raccontare ai ragazzi delle scuole il suo vissuto. Pieno d’iniziative, fa parte dell’Associazione culturale Gente di Rogolo, dove s’impegna al massimo delle proprie capacità. Offre al paese numerose testimonianze. In una delle ultime, pubblicata sul settimanale Centro Valle del 2 marzo 2024, ricordando la sua partenza verso il campo di concentramento, tra l’altro, riferisce: «…Davanti ad ogni vagone un tedesco è di guardia. Dietro, più staccato, un cordone di giovani fascisti della milizia è lì di rinforzo a controllare. Oltre il cordone, un folto assembramento di persone, uomini e donne osservano la scena. Il ragazzo che io ero allora cerca con gli occhi tra la gente, l’incontro di qualche viso noto. Dirimpetto, una ragazza dal viso dolce, guarda e saluta con cenni di mano. Il ragazzo le risponde, e poi continua a fissarla e a salutarla. Quel viso grazioso, in quel momento così difficile, sovrastato dalle incognite del futuro, aveva messo in moto nel cuore del diciottenne la potenza dei sentimenti, l’affetto, l’amore. “Vieni, vieni” fa segno lui, sorridendo, con il braccio. Gli occhi umani hanno una grande potenza magnetica. Quelli dei due rimangono allacciati. Quel cenno “vieni” mosse la ragazza. Si avvicinò al miliziano fascista che comandava e gli parlò con garbo implorante. Accompagnandola verso il ragazzo, oltrepassò il tedesco di guardia che non eccepì. Parlò il fascista: “ti vuole salutare” disse “svelti perché il convoglio tra poco partirà”. Lui saltò giù dal piccolo pendio sassoso che sostiene i binari. Un attimo e di slancio si abbracciarono. Meravigliosa quella stretta, meraviglioso scambio di cuori. Poi guardandosi negli occhi, umidi di lacrime: “sono Carla”, “sono Antonio detto Tom, ma le due mani che si tenevano forti, nella stretta, presto si staccarono. E sotto quegli ultimi raggi di sole di autunno, andando a ritroso, con gli occhi allacciati: “ciao Tom, ritorna, il mio cuore è con te”. “ciao Carla non ti dimenticherò mai”. Lui saltò nelle fauci del vagone e lo osservò allontanarsi. Ormai lontana, la vide girarsi verso il treno, alzare il braccio e salutare. Poi risuonarono gli ordini secchi, metallici dei tedeschi: “Chiudere le porte, sigillare i vagoni, via partenza”. Il convoglio, col suo ripetitivo rullio, nel buio incipiente, viaggiava verso l’ignoto. Il ragazzo che io ero, accovacciato sul legno del vagone sorride pensando ancora a lei. Com’è bella, com’è dolce! Che gioia quell’incontro… il treno piombato continuava la sua corsa verso i lager della morte». Il racconto della deportazione di Antonio Rusconi lascia comprendere che uomo fosse. Non è un caso che, ritornato dalla terribile esperienza del campo di concentramento, non abbia mai espresso, nei confronti dei suoi persecutori, una sola parola d’odio o di rancore. Tutta Rogolo rimpiange un uomo libero ed onesto. Sergio Caivano http://www.tellusfolio.it/index.php?lev=125&cmd=v&id=24819 Giornata Mondiale della Poesia e del Teatro 2024|a cura dell’Associazione Culturale di San Ginesio (MC) L’Associazione Culturale “San Ginesio” e il Centro di Lettura “Arturo Piatti” di San Ginesio (MC), nelle persone degli organizzatori Rita Bompadre e Matteo Marangoni, in occasione della Giornata Mondiale della Poesia e del Teatro 2024, presentano all’interno della pagina social del Centro di Lettura (on line a partire dal 21 Marzo 2024) un contributo video che ricorda la figura dello scrittore, poeta e drammaturgo Jon Fosse (foto), Premio Nobel per la Letteratura 2023 ed autore del messaggio della Giornata Mondiale del Teatro che si celebrerà il 27 Marzo 2024. (R.B.) http://www.tellusfolio.it/index.php?lev=125&cmd=v&id=24811 Sergio Caivano. La ritirata di Russia Tra le tante scelleratezze compiute da Mussolini, quella della guerra alla Russia è forse la più riprovevole perché rileva, ad un tempo, ignoranza assoluta delle forze in campo, fanatico assoggettamento alle decisioni del Führer, assoluto disinteresse per le sorti dei nostri soldati, inviati in territori avversi a combattere – e morire – senza equipaggiamenti adeguati e senza mezzi corazzati per sostenerne l’azione. Hanno scarpe di cartone rinforzato, bende in luogo di calze, divise leggere. E devono combattere in un ambiente che tutti sanno essere piovoso, freddo, spesso gelato. È la storia dell’ottava armata dell’Armir che Mussolini invia a tutti i costi, nonostante il parere contrario di Hitler. L’armata viene dislocata lungo tutto il tratto del fiume Don. Dopo aspre battaglie nelle quali i nostri soldati ed alpini si battono con coraggio e determinazione, vengono soverchiati su tutto il fronte del fiume. 230.000 soldati italiani sono sbaragliati, in parte uccisi, in parte imprigionati. Inizia, per coloro che sopravvivono, la lunga ritirata di oltre 600 chilometri, a piedi tra ghiaccio, neve, freddo affrontata con indumenti inidonei. Molti non ce la fanno: restano congelati sul terreno. Durante la ritirata, alcuni cercano di aggrapparsi ai camion tedeschi, ma vengono respinti in malo modo dai teutonici. E pensare che gli italiani si sono battuti a lungo per individuare e scavare un corridoio che consenta la ritirata sia agli italiani come ai tedeschi! Alcuni dei nostri soldati vengono salvati dai contadini russi che li accolgono nelle loro case. Tra contadini, come sono molti militari italiani, al di là delle nazionalità, ci s’intende. Diversi si accaseranno in Russia e non torneranno in Italia (vedi il film I girasoli, diretto da Vittorio De Sica ed interpretato da Marcello Mastroianni e Sophia Loren). Dal diario di Galeazzo Ciano, pubblicato da Rizzoli nel 1996, si legge: “28 gennaio 1943. Il duce continua a vedere abbastanza ottimisticamente la situazione in Russia. Crede che i tedeschi abbiano uomini, mezzi, energie per dominare gli eventi e forse per capovolgerli. Non si può dire che le idee del duce siano condivise dal colonnello Battaglini, capo di stato maggiore reduce dalla Russia. Ha fatto un quadro come più scuro non sarebbe stato possibile e, benché fosse la prima volta che parlava con me, ha detto che l’unica via di salvezza per l’Italia, l’esercito e lo stesso regime è quello della pace separata”. Che dire? Il miglior commento è il silenzio. Montanelli-Cervi, a loro volta, in L’Italia del novecento, edito da Rizzoli per il Corriere della Sera, alla pagina 224 scrivono: “Il Bilancio della battaglia del Don suscita ancora commozione per il sacrificio della truppa, orrore per le condizioni in cui essa visse una ritirata di 600 km, indignazione per l’ostinazione con cui Mussolini e l’Alto Comando, che non riuscivano a sostenere decentemente il peso della guerra negli scacchieri in cui l’Italia era direttamente interessata, vollero andare a farla nelle steppe. Le forze presenti ed operanti all’inizio della battaglia, ha scritto l’Ufficio storico dell’Esercito, ammontavano complessivamente a 229.000 uomini. Detratto da tale cifra il numero dei feriti e dei combattenti rimpatriati, pari a 29.690, restano 199.310 combattenti. Alla conclusione della battaglia mancavano all’appello 84.830 uomini. I superstiti furono dunque 114.485. L’URSS ha restituito 10.030 prigionieri. Il numero dei combattenti dell’ottava armata che non sono tornati in Italia dal fronte russo ammonta pertanto a 74.800. Nessuno, né da parte italiana né da parte sovietica, ha potuto indicare quale fosse, in questa cifra, il numero dei morti e il numero dei dispersi”. Anche su queste parole ogni commento appare superfluo. Sergio Caivano http://www.tellusfolio.it/index.php?lev=125&cmd=v&id=24789 Sandra Chistolini. Collezioni pedagogiche e cultura materiale|Un dialogo sull’apprendimento attivo che include la Valtellina Le collezioni pedagogiche appassionano i bambini soprattutto quando è possibile toccare gli oggetti e interagire anche con i compagni. L’occasione di sperimentare questa modalità di apprendimento attivo nasce dal Progetto italo-tedesco dal titolo “Bildung und Objekte: Historische Sachlernprozesse in schulbezogenen Sammlungen”, ovvero “Educazione e oggetti: Processi di apprendimento di materiali storici nelle collezioni scolastiche”. Il Progetto ha lo scopo di permettere agli alunni, inizialmente della scuola elementare, con eventuale estensione agli altri gradi di istruzione, di osservare, usare, muovere, spostare, manipolare, apprezzare gli oggetti della Collezione del Fondo Pizzigoni a Roma e del Museo della Scuola di Lipsia. In sessioni parallele di attività, gruppi periodici di dieci scolari a volta hanno partecipato a momenti di conoscenza delle cose conservate, rappresentative della cultura scolastica materiale locale. Tra gli oggetti più gettonati ci sono gli strumenti per il richiamo degli uccelli; le forme geometriche; i burattini; le figurine mobili; le piante collegate al giardino della scuola di cento anni fa; la camera oscura; le fotografie; i plastici; i calendari; i disegni; i ritagli e molto altro ancora. Una esperienza unica nella vita scolastica che ha calamitato l’attenzione di tutti. La curiosità di visitare le collezioni, e di poterle esplorare da vicino, ha prodotto un pensiero critico personale e comune con la proposizione di questioni ed interrogativi su oggetti, anche inconsueti, che è stato necessario provare ad identificare. Le associazioni tra quello che facevano i bambini a scuola molti decenni fa e quello che succede oggi nelle nostre classi sono scaturite con fluidità, favorendo la ricostruzione di una memoria posseduta ed ora giunta a nuova consapevolezza. Il collegamento di alcuni oggetti a parti della propria esperienza personale vissuta in famiglia con genitori e nonni, o anche in altri Paesi di provenienza estera, soprattutto per i bambini con passato migratorio, evidenzia il processo intellettivo, storico, culturale, archeologico attraverso il quale i piccoli acquisiscono il senso del tempo e dello spazio. Con gli oggetti delle collezioni si apprende a contestualizzare ed anche a immedesimarsi cambiando le regole del gioco, facendo e disfacendo, codificando e decodificando tanti linguaggi. Anche per questo osserviamo sempre un apprendimento attivo che si forma e di arricchisce insieme alla stessa interazione con gli oggetti. Nel Convegno internazionale e interdisciplinare del 22 e 23 febbraio 2024 a Roma, Dipartimento di Scienze della Formazione, Università degli Studi Roma Tre, è possibile ascoltare i risultati, in presenza e online, della sperimentazione condotta al Fondo Pizzigoni e al Museo della Scuola di Lipsia. Apriamo il dialogo con esperti, dirigenti, docenti, educatori che studiano il valore antropologico della cultura materiale liberandola dalle teche che la conservano e rivelando che cosa ogni oggetto racconta e conduce a riprodurre, imitare, inventare. Educare con gli oggetti permette di ritrovare le tracce del passato nella quotidianità del presente. I bambini sanno anche proiettare nel futuro le loro osservazioni e se per un verso descrivono ciò che vedono da vicino, per altro verso vanno oltre il dato fenomenologico immediato estrapolando pensieri e modificando comportamenti assolutamente originali. La consistenza pedagogica emerge nella sedimentazione dell’esperienza nella quale si innestano esperienze già vissute da altre persone e che si ha ora la capacità di ricondurre alla stessa matrice esistenziale. Il disegno di un bambino della scuola del 1900 genera domande ed indagini sul come si potesse allora rappresentare qualcosa del mondo naturale e della società. Il linguaggio grafico-pittorico è agevolmente comparabile a quanto si rileva nei contesti nei quali viviamo. Per la Valtellina le due iniziative sul Palazzo del Podestà di Caspano e sul recupero delle Cappellette votive, in corso d’opera, rientrano nella medesima traiettoria di studio. Palazzi e Cappellette sono gli oggetti della cultura locale con cui invitiamo ad interagire per conoscere ed amare quale patrimonio dell’umanità. Collezioni pedagogiche sul territorio che raccogliamo per salvaguardare, tutelare, conservare, scoprire insieme. Per la partecipazione al Convegno ci si può collegare via teams con i link alle due giornate come da Programma allegato e qui di seguito citati: 22 febbraio 2024 dalle ore 14:30 » link teams 23 febbraio 2024 dalle ore 10:00 » link teams Per gli insegnanti che desiderino far valere la partecipazione ai fini dell’aggiornamento professionale si rilascia l’attestato da consegnare alla scuola di appartenenza. Il riconoscimento è a cura della dirigenza scolastica. Sandra Chistolini Altri articoli su Tellusfolio Sandra Chistolini. Il restauro delle Cappellette votive della Costiera dei Cech traccia il cammino lungo il sentiero della vita Sandra Chistolini. Estate 2023. Visite culturali al Palazzo del Podestà di Caspano Sandra Chistolini. Le Scuole raccontano con arte e cultura il Palazzo del Podestà di Caspano. Partecipazione alla Mostra pedagogica al Chiostro di S. Antonio a Morbegno Sandra Chistolini. Mostra pedagogica sul Palazzo del Podestà di Caspano. Per l’attualizzazione degli articoli 9 e 41 della Costituzione italiana Sandra Chistolini. La cerimonia sull’Alternanza Scuola Lavoro dell’Università degli Studi Roma Tre per l’Istituto di Istruzione Superiore Saraceno Romegialli di Morbegno Sandra Chistolini. Cronaca della giornata FAI Scuola a Caspano. Il Palazzo del Podestà rivive il suo Rinascimento Sandra Chistolini. La bomba e la grande muraglia del Palazzo del Podestà di Caspano. Un racconto immaginifico di cultura glocale Sandra Chistolini. Il Palazzo del Podestà di Caspano compie 462 anni tra arte e cultura. Il nuovo Progetto approvato dalla Fondazione ProValtellina http://www.tellusfolio.it/index.php?lev=125&cmd=v&id=24787 Sergio Caivano. Giuseppe Rinaldi, ultimo Presidente partigiano dell’Anpi provinciale Conosco Giuseppe Rinaldi in occasione del primo Congresso provinciale dell’Anpi a cui prendo parte, nel 2011. So che, nel tempo, è stato eletto nel comitato direttivo dell’associazione, poi vice presidente ed infine, dopo la scomparsa di Angelo Ponti nel 1988, presidente. Dopo tanti anni, è intenzionato a lasciare l’incarico. Comprendo il suo stato d’animo. Giuseppe vuole rinnovare l’Anpi accogliendo non partigiani, in base ad una modifica approvata dallo Statuto del Congresso nazionale. Chiede un ricambio ma nessuno dei non partigiani si sente all’altezza. Lo convinciamo a sacrificarsi ancora per altri cinque anni. Ho subito l’impressione di aver a che fare con una persona seria. In seguito, conoscendolo meglio, comprendo quanto sia sobrio ed essenziale nel rappresentare l’associazione in provincia, e fuori. È sempre presente alle tante celebrazioni che si tengono in valle. Parla in modo semplice e chiaro, non indulge alla retorica. Sa di rappresentare un sistema di valori da trasmettere. Alle riunioni del direttivo provinciale si presenta con le sue idee, che non cambia tanto facilmente, anche perché prima le ha ben meditate. È anche, soprattutto, una persona onesta, leale e schiva. Noi tutti, all’Anpi, stimiamo ed ammiriamo il caro Ivan, suo nome di battaglia del periodo trascorso da partigiano combattendo contro i fascisti ed i miliciens francesi approdati nell’alta valle. La sua vita in parte la conosco, ma l’approfondisco con la lettura del bellissimo libro Ribelli in Valgrosina, da lui scritto, ricco di pagine di storia vissute, presentato da Antonio Pruneri, allora sindaco di Grosio e dalla giovane Pamela Braghetti. Giuseppe li ringrazia e rivolge inoltre un particolare ringraziamento all’amico Severino Bongiolatti per il suo fattivo contributo alla pubblicazione. Nell’introduzione al libro, scrive: “Siamo saliti in montagna volontariamente per combattere contro l’invasore tedesco, non per fuggire”. Ma procediamo con ordine. Dalla caserma degli alpini di Tirano dove si trova rispondendo alla chiamata della sua classe 1923, viene spedito a Merano, da dove, assieme ai suoi compagni, dovrebbe raggiungere il fronte russo. Ma l’ordine di partenza tarda, non arriva. Arrivano invece, stremati, i reduci della tragica ritirata di Russia, Tra i reduci, Teresio Olivelli. I soldati valtellinesi ascoltano i particolari, scioccanti, della ritirata del Don. Ormai nutrono sentimenti di rancore verso chi li ha inviati a combattere nella steppa in condizioni di assoluta impreparazione. Il 25 luglio ‘43 Mussolini viene defenestrato, l’8 settembre Badoglio firma l’armistizio con gli Alleati, il 13 ottobre l’Italia dichiara guerra alla Germania. Giuseppe, con molti altri, decide di prendere la via della montagna e di combattere da partigiano. Il 2 novembre ’44 entra a far parte del 3° battaglione della Divisione Alpina “Giustizia e Libertà”. Organizza subito utili collegamenti telefonici e di telescriventi. Fa parte del gruppo d’assalto della “Tredici”. Partecipa poi alla dura battaglia di Grosio del 18 aprile ‘45 nel corso della quale i partigiani, all’altezza dell’AEM, riescono a centrare in pieno un camion carico di esplosivo dei miliciens di Darnard, che subiscono la perdita di 10-12 uomini e, per lo più, ripiegano verso Tirano. Altri tentano di raggiungere il centro di Grosio ma vengono bloccati dalla Brigata “Sondrio” comandata da Bruno Scilironi. Purtroppo nello scontro all’AEM perdono la vita due comandanti partigiani, Emilio Pini e Guglielmo Valmadre. Pochi giorni dopo, il 28 aprile, prende parte all’ultima battaglia, quella di Tirano. Lo scontro dura tutto il giorno. I tedeschi fuggono in Svizzera. I fascisti ed i miliciens, dopo lunghe sparatorie, si arrendono e si consegnano ai patrioti. Tra questi perdono la vita Ermanno Balgera e Nello Braccaioli. Sergio Caivano http://www.tellusfolio.it/index.php?lev=125&cmd=v&id=24777 Gabriella Rovagnati. La parabola umana e artistica di Ilse Aichinger|A Morbegno martedì 30 gennaio Le attività di OMNIBUS per il 2024 riprenderanno il 30 gennaio prossimo. In occasione della “Giornata della memoria” (come da locandina) dedicherò l’incontro a Ilse Aichinger (1921-2016), scrittrice e poetessa viennese, figlia di madre ebrea, che sopravvisse all’Olocausto, mentre diversi suoi parenti, fra cui l’amatissima nonna materna, furono deportati e uccisi in un lager presso Minsk. Mai dimentica di questa tragedia, Aichinger concepì la propria intera opera come monito, come invito a riflettere sui meccanismi della violenza e del sopruso, spesso presentati in maniera subdola con un linguaggio in apparenza innocuo, in realtà depositario di una dialettica perversa, di cui è bene sempre diffidare. Augurandomi che la parabola umana e artistica di questa donna susciti la vostra curiosità, vi aspetto numerosi alla serata. (Gabriella Rovagnati) http://www.tellusfolio.it/index.php?lev=125&cmd=v&id=24775 “Lettere e cartoline dei prigionieri italiani nella seconda guerra mondiale”|In mostra a Cosio Valtellino In occasione della Giornata della Memoria, l’Associazione culturale èValtellina, in collaborazione con l’Amministrazione comunale di Cosio Valtellino e A.N.P.I. sezione Morbegno Bassa Valle, organizzano la mostra collezionistica dal titolo “1944, Ottant'anni fa Le scrissi", per stimolare riflessioni e mantenere vivo il ricordo di un periodo drammatico della nostra storia. «Questa mostra ci consente di dare memoria alla storia e ai valori della nostra comunità» spiega Anna Tonelli, assessore alla cultura e all’istruzione del Comune di Cosio Valtellino. «Si valorizzano e si portano alla conoscenza del pubblico la storia di una vita spezzata, i sentimenti patriottici, la preoccupazione per l’andamento del lavoro, della guerra e la lontananza dagli affetti perché la guerra non fu vissuta solo da chi si trovava al fronte ma anche dai genitori, dalle mogli o fidanzate che cercavano di convivere con le privazioni che la stessa imponeva e che vivevano con l’angoscia per non sapere il destino dei loro cari». Le lettere ci raccontano la storia di un Paese e dei suoi protagonisti che aspettano con ansia il ritorno di un padre, di un figlio o fidanzato che è stato costretto ad arruolarsi. Sono pertanto documenti storici fondamentale che racchiudono le voci dei nostri uomini provenienti da classi sociali e realtà completamente diverse fra loro, ma che tutti insieme hanno fatto la storia d’Italia. L’inaugurazione è in calendario per il 25 gennaio, alle 20:30, presso l’oratorio “Piergiorigio Frassati” di Regoledo a Cosio Valtellino. L’esposizione rimarrà aperta al pubblico, in particolare l’invito è esteso alle scuole del territorio comunale e del circondario, fino a domenica 28 gennaio. Da giovedì 25 a sabato 27 gennaio in orario 9-12 e 14-16 e domenica 28 con orario 9-12. La collezione riguarda lettere e cartoline postali, della collezione privata di Luca Villa, scritte nel 1944 dai soldati italiani prigionieri durante la seconda guerra mondiale. Nel 1944 l'Italia si trovò ad avere soldati prigionieri sia dei tedeschi che dei nuovi alleati, inglesi, statunitensi, francesi e russi. Sarà possibile quindi leggere documenti inviati dai prigionieri detenuti nei campi di Germania, Austria, Polonia, Repubblica Ceca, Regno Unito, Algeria, Egitto, Kenya, Sudafrica, India, Stati Uniti e Canada. Non era una corrispondenza semplice con la madrepatria divisa in due dall’avanzata degli alleati da sud a nord dove erano presenti i tedeschi e la neo nata Repubblica Sociale Italiana. Il 1944 segna il crollo della Germania nazista, l’avanzata sovietica porta a uno spostamento di prigionieri presenti nei campi di prigionia a est verso il proprio paese. Dalla parte degli alleati si attenuano i controlli sugli italiani ora non più nemici ma impossibili da liberare non sapendo poi da che parte si sarebbero schierati, con loro o con la Repubblica Sociale Italiana? Le lettere, spedite alle fidanzate, alle mogli, alle mamme, ai papà, a fratelli, si allineano verso due temi importanti: salute e cibo. Sono fogli di carta o cartoncino, segnato dal tempo, con pieghe, tagli, tracce di umidità, dove le parole lasciano traccia del difficile periodo. «Ringrazio Don Romeo Scinetti e la parrocchia di Cosio Valtellino per gli spazi e l’assessorato alla cultura del comune di Cosio Valtellino per averti dato supporto nell’iniziativa» commenta Luca Villa, referente dell’evento. «Attraverso documenti storici, possiamo sentire le parole di chi ha vissuto la guerra nei campi di prigionia. Poche di conforto per chi sta a casa e non vede da diverso tempo». Tra i quadri si potranno leggere anche alcuni componimenti a tema della poetessa Paola Mara De Maestri, responsabile del Laboratorio Poetico di èValtellina. èValtellina http://www.tellusfolio.it/index.php?lev=125&cmd=v&id=24764 Sergio Caivano. Piero Galimberti, militare internato in Germania Toscano di Castel Fiorentino, Piero Galimberti, ancora ragazzo, si trasferisce con la famiglia a Genova. L’Italia entra in guerra, e in città la fame comincia a farsi sentire, anche nella sua famiglia relativamente agiata. Subito dopo la chiamata alle armi della sua classe, quella del 1923, viene inviato in Grecia. Fa parte del genio militare quando l’armistizio dell’8 settembre 1943, appreso dalla radio, coglie di sorpresa lui ed i suoi commilitoni, incerti sul da farsi. Ma non hanno il tempo di chiarirsi le idee. Un nutrito contingente tedesco provvede subito a disarmarli e, senza alcuna spiegazione, li carica su di un carro merci stracolmo di soldati italiani. Comincia così l’odissea di Piero. In due giorni e due notti di viaggio attraversano la Grecia, la Bulgaria e l’Austria, dopo esser stati perquisiti e privati dei loro effetti personali. Li portano in un grande campo di raccolta, assegnano a ciascuno un numero, li smistano verso diversi campi di lavoro. Piero va a lavorare in Polonia, a Kattovice. Qui i tedeschi promettono cibo, libertà e il rientro in Italia per chi aderisce alla Repubblica Sociale Italiana. Al momento nessuno aderisce alla richiesta. Ma quando, dopo un certo tempo, l’invito viene nuovamente ripetuto, qualcuno cede alla fame e dice di sì, ritornando subito dopo con la gavetta piena di cibo. Nella testimonianza resa a Pier Luigi Zenoni si legge: “Alcuni finirono per aderire alla Monterosa. Lo facevano non per convinzione personale, ma perché non riuscivano più a sopportare i morsi della fame. Vedere, mentre eravamo in fila da ore in attesa di un po’ di brodaglia, che chi accettava il reclutamento usciva dalle cucine con le gavette piene di cibo era una tentazione grande. La fame, quando diventa allucinante, dallo stomaco passa a prenderti il cervello e il pensiero di procacciarti del cibo diventa un’ossessione fissa” (Pier Luigi Zenoni, Valtellinesi schiavi di Hitler, Cgil-Spi, Bettini, Sondrio, 2012, pp. 104-107). Piero resiste alle provocazioni, aiutato da tre compagni di prigionia. Assiste all’impazzimento di alcuni militari. Poi, quando i russi si stanno avvicinando, vengono trasferiti ad Essen, in una scuola diroccata, dove devono ancora spalare macerie. “Una sera i tedeschi ci dissero che il giorno dopo saremmo stati trasferiti anche da Essen. Nella stessa notte io, Giancarlo e Giorgio (i suoi amici, ndr) fuggimmo e ci riparammo nel sotterraneo di una chiesa diroccata. Il piccolo sotterraneo era semi allagato, dormivamo su strutture di legno rialzate. Quando sentimmo scendere dagli scalini di legno che portavano ai sotterranei del campanile le SS… si fermarono tre cuori. Dopo una rapida ispezione con la torcia, i tedeschi decisero che non poteva esserci nessuno in quel pantano e noi fummo salvi. Dopo giorni d’attesa, quando fummo sicuri che i tedeschi se n’erano andati, tornammo alla scuola e vedemmo un Arcangelo Gabriele che masticava una cicca: era un ufficiale americano!” Dopo ulteriori peripezie, dal campo di raccolta, per via mare, vengono sbarcati a Livorno. Piero riabbraccia la madre, nel frattempo trasferitasi a Tresenda. Trova posto, come impiegato, presso l’Inps di Sondrio. Quando, molti anni dopo, va in pensione, fa quello che ha sempre desiderato. Compra un camper e gira per ogni angolo della terra assieme a sua moglie. Continua a giocare a tennis fino a 94 anni. Sergio Caivano http://www.tellusfolio.it/index.php?lev=125&cmd=v&id=24756 Il Natale del Laboratorio Poetico di “èValtellina” Anche per queste festività natalizie il Laboratorio Poetico di èValtellina promuove la cultura poetica sul territorio attraverso una serie di appuntamenti culturali che rinnovano collaborazioni già consolidate con associazioni ed enti locali del mandamento di Morbegno. Numerosi artisti del gruppo poetico morbegnese hanno aderito alle varie proposte: Stefano Ciapponi (Morbegno), Cesare Ciaponi (Talamona), Paola Mara De Maestri (Cosio Valtellino), Lucia Mescia (Morbegno), Luciana Marchetti (Traona), Marino Spini (Ardenno), Giuliano Luzzi (Talamona), Angelisa Fiorini (Cosio Valtellino), Anna Barolo (Talamona), Alda Volpi (Valmasino), Dalida Iemoli (Ardenno), Martina Gaggini (Traona). Continua il sodalizio con l’associazione EspRimi di Malta che ha fatto pervenire alcuni testi tramite il presidente Emmanuel Attard Cassar. «L’atmosfera natalizia ci rende più propensi all’accoglienza e alla condivisione. La poesia è espressione, stimola riflessioni, ha il potere di evocare ricordi, è fonte di emozioni» dichiara la poetessa Paola Mara De Maestri, responsabile del Laboratorio Poetico. «Come gruppo continuiamo a seminare la parola poetica nel corso di tutto l’anno, con una serie di progetti e attività, con particolare attenzione verso i bambini e i ragazzi. Con Luca Villa mi occupo del concorso letterario-figurativo, divulgato anche nelle scuole, dal titolo “C’è un libro sempre aperto per tutti gli occhi: la natura”. Vista la tematica abbiamo attivato la collaborazione con il WWF Insubria, sezione ValtellinaValchiavenna grazie al responsabile Villiam Vaninetti». A Traona, come da qualche anno a questa parte, in sinergia con la Pro Loco, presieduta da Giorgio Arietti, e la parrocchia, verranno esposti i componimenti poetici a tema. Il programma “Natale insieme 2023” prevede il primo appuntamento alle ore 16:15 dove verrà presentato il calendario 2024 da parte delle scuole e alle ore 17:00 verrà officiata la Santa Messa dei ragazzi. A gennaio verrà organizzata la visita ai presepi e ci sarà spazio per la declamazione dei testi da parte dei poeti che interverranno al giro tra le postazioni. Grazie alla collaborazione con la Fondazione Mattei le poesie a tema faranno da cornice anche al Presepe allestito in piazza S. Antonio a Morbegno. Alcuni testi poetici verranno affissi all’interno della Chiesa di S. Ambrogio a Regoledo, a corredo del presepe realizzato dalla parrocchia grazie a Gualtiero Cornaggia e al parroco Don Romeo Scinetti. Appuntamento da non perdere, inserito nel ricco calendario della Pro Loco di Talamona, presieduta da Lucica Bianchi. Il 17 dicembre, alle ore 20:30, presso la Casa della Cultura di Talamona, “Canti e poesie sotto l’albero”, animeranno la serata. L’iniziativa prevede l’intervento del Coro Valtellina diretto dal maestro Emilio Maccolini e presieduto da Alioscia Maffezzini e la declamazione di poesie a tema il Natale e la pace, da parte dei poeti. La presentazione sarà affidata a Cinzia Spini per il coro e a Lucica Bianchi per quanto riguarda la parte poetica. A Piagno il 24 dicembre, alle ore 20:00, è in calendario il Presepe vivente organizzato dal “Gruppo Inarrestabili” della Comunità Pastorale in Cosio Valtellino, la quale da tanti anni opera nel paese grazie all’attivismo della responsabile Vanda Zugnoni. “Gesù nasce per me!” prevede una camminata tra le varie postazioni allestite nelle case vecchie della frazione, dove si troveranno i vari personaggi. Una voce narrante accompagnerà la visita allietata dalla lettura di alcune poesie, a cura degli artisti del gruppo di èValtellina. Il Laboratorio Poetico è sempre pronto a nuove collaborazioni, quindi per informazioni è possibile visitare il sito www.evaltellina.com èValtellina http://www.tellusfolio.it/index.php?lev=125&cmd=v&id=24738