News di TellusFolio http://www.tellusfolio.it Giornale web della vatellina it Copyright: RETESI Guido Monti. Gaza, tanta ipocrisia e poca coerenza Mentre da noi è bastato poco a sollevare rumore per qualche innocua scritta tracciata sulle strade del Giro d’Italia contro la strage della popolazione palestinese, per scuotere le coscienze dell’opinione pubblica sulla tragedia vissuta nella striscia di Gaza sono occorsi 20 mesi e più di 54mila morti tra i palestinesi, in gran parte donne e bambini. Ci sono volute le immagini televisive delle città rase al suolo come se fossero state colpite da una bomba atomica, degli ospedali distrutti, delle immense tendopoli, dei bambini sfiniti in cerca di cibo, delle folle di disperati che implorano aiuto nei pochi centri di distribuzione delle vettovaglie perché l’Europa e l’Italia si accorgessero che a Gaza è in corso un’ecatombe. Negli ultimi giorni si stanno susseguendo dichiarazioni allarmate di leader finora convinti che nella striscia fosse in atto solo qualche combattimento tra l’esercito israeliano e Hamas, una questione prima o poi risolvibile. L’Alto rappresentante dell’Ue, Kaja Kallas, che due mesi fa era in Terra Santa a ribadire il diritto all’autodifesa di Israele, adesso si è messa a tuonare contro l’intollerabile e sproporzionata operazione militare che miete vittime a Gaza. Dal canto suo la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, pure lei risvegliata dal letargo, ha definito azioni abominevoli quelle compiute a Gaza, dopo che un suo autorevole connazionale, il cancelliere tedesco Merz, aveva avuto a sua volta un sussulto di umanità dichiarandosi sconvolto dalla spaventosa sofferenza della popolazione civile. In Italia l’ineffabile ministro degli Esteri Antonio Tajani, autoproclamatosi ’uomo di pace’, ha avuto un’improvvisa illuminazione sulla via di Gaza, non di Damasco, affermando che la campagna lanciata dal governo di Netanyahu (testuale) “sta purtroppo assumendo forme assolutamente drammatiche e inaccettabili”, come se fino a qualche settimana fa non succedesse nulla di veramente grave. Forse l’ex politico monarchico e gli altri pseudo Gandhi europei non hanno mai visto le immagini riprese dai droni sulla striscia ormai ridotta a un cumulo di macerie nel timore che ogni edificio fosse un covo di Hamas, e neppure i video dei bambini bruciati o fatti a pezzi dalle bombe. Non hanno nemmeno sentito le testimonianze che dimostrano come le ragioni di Israele non giustificano la carneficina in corso a Gaza, ad esempio quelle dei medici occidentali che denunciano i cecchini israeliani quali assassini di diversi bambini e non solo, perché i soldati di Tel Aviv hanno ammazzato anche due ostaggi che erano riusciti a sfuggire ai terroristi di Hamas, scambiati per nemici sebbene parlassero ebraico e avessero in mano una bandiera bianca. E sono rimasti inascoltati anche i rappresentanti delle organizzazioni internazionali che chiedono da tempo di fare qualcosa per fermare il massacro in corso, mentre Bezalel Smotrich, ministro delle Finanze israeliano, annuncia impunemente che Gaza sarà completamente distrutta e i suoi abitanti saranno cacciati e il deputato Tzippy Scott può esultare in tv del fatto che Israele riesce a uccidere cento palestinesi in una notte tanto non importa a nessuno, una tragica ma palese verità. Mi tornano alla mente le parole di un conoscente ebreo che, a distanza di oltre 50 anni dalla sua partecipazione alla cosiddetta ’guerra del Kippur’ del 1973, ancora oggi sostiene che per risolvere il problema occorre sterminare il popolo palestinese, opinione condivisa da buona parte dell’opinione pubblica israeliana che in realtà sostiene senza riserve Netanyahu. D’altronde molti leader europei forse non si sono resi conto che Donald Trump ha ormai sdoganato la pulizia etnica col suo piano per trasformare la striscia in un resort e magari Tajani & c. non si sono accorti che le stesse famiglie degli ostaggi israeliani stanno denunciando da tempo il governo di Netanyahu in quanto non ha alcun reale interesse a liberare i loro cari, e cerca invece una scusa per portare avanti i suoi piani di annientamento di Hamas. Può anche darsi che i leader europei siano distratti e troppo concentrati nel tentativo di fermare l’invasione dell’Ucraina con un altro pacchetto di sanzioni, ad oggi ben 17 a fronte del nulla disposto contro il governo di Netanyahu a parte l’avvio della ’revisione’ dell’accordo di associazione con Israele. Nel frattempo politici e commentatori si infervorano nel dilemma se quello in corso a Gaza sia un genocidio o no, come si trattasse di una discriminante, e la disperazione, la distruzione, la fame e la morte, delle cui immagini siamo inondati ogni giorno, fossero giustificabili nel caso non si avesse a che fare con una nuova shoah. Di sicuro è importante che l’Occidente sia finalmente convinto che a Gaza è in corso un massacro, e l’auspicio è che alle parole seguano le pressioni e i fatti per fermarlo. Resta la repulsione per un’ipocrisia mista a incoerenza da parte di chi adesso si erge a paladino dei diritti umani universali, quando fino a poco prima assisteva all’orrore senza battere un ciglio. Guido Monti http://www.tellusfolio.it/index.php?lev=44&cmd=v&id=25084 Guido Monti. 9 maggio, festa dell’Europa: in cammino da 75 anni Sono trascorsi 75 anni dal 9 maggio 1950, una data spartiacque che ha assunto un valore simbolico tanto da essere scelta come la Festa dell’Europa. Quel giorno Robert Schuman, allora ministro degli esteri francese, rese nota una dichiarazione che sarebbe diventata la pietra miliare della costruzione europea sulla base della quale l’anno successivo nacque la prima Comunità europea, quella del carbone e dell’acciaio (Ceca). Da questa, procedendo per gradi e con ripetuti allargamenti (dai 6 Paesi fondatori fino agli attuali 27, dopo la diaspora britannica) e ampliamenti delle competenze delle istituzioni comunitarie, si è arrivati all’attuale Unione europea. La ’dichiarazione Schuman’ nelle intenzioni voleva segnare la fine dell’epoca delle guerre intestine per inaugurare invece una nuova e promettente fase di pace e cooperazione economica, che a sua volta avrebbe generato una più stretta collaborazione e solidarietà politica. Non si può negare che molte delle promesse generate dai Trattati di Roma sottoscritti nel 1957 siano state rispettate e oggi l’Ue è senza dubbio una delle aree più sviluppate al mondo, terra di democrazia e in generale di diritti, con standard medi di vita molto più elevati rispetto al resto del mondo. Allo stesso tempo va però rilevato come tante possibili prospettive siano rimaste a metà del guado sul piano dell’economia, della tutela dei diritti e della lotta alla povertà, della sicurezza, oltre che del peso politico sullo scenario planetario. A questo va aggiunto che purtroppo la guerra è tornata in Europa, benché l’Ue non ne abbia alcuna responsabilità, e anzi si è spesa per sostenere in vari modi il Paese aggredito - l’Ucraina - dall’aggressore russo. In questo senso, al giro di boa dei 75 anni la ’dichiarazione Schuman’ mantiene un forte significato quale radice del cammino dei Ventisette, eppure è innegabile come l’Ue che ne è scaturita abbia bisogno, come avvenne nel dopoguerra, di lasciarsi alle spalle un passato ingombrante per cercare nuove vie per il futuro. Giungono infatti al pettine i nodi dell’era della globalizzazione: crisi demografica e migratoria, economia finanziarizzata, neocolonialismi, crisi ambientale e via elencando, mentre si affacciano ulteriori sfide da affrontare come la sicurezza, la rivoluzione digitale, gli squilibri interni tra Paesi e regioni, l’instabilità geopolitica oltre i confini europei. Sembrano anche venir meno alcune amicizie consolidate (Stati Uniti, Turchia) e si fanno avanti agguerriti competitori (Cina, India, Brasile, Corea del Sud e vari stati del sud del mondo). Ma non è tanto di una nuova dichiarazione che l’Europa ha bisogno, quanto di vera coesione, di capacità decisionale e leadership politica, di rafforzare la sua democrazia e l’efficienza istituzionale con cessioni di sovranità dagli stati all’Ue in settori strategici in cui la sovranità nazionale ormai appare insufficiente. Occorre inoltre completare il mercato unico, concertare una politica estera e di difesa comune, nonché definire livelli irrinunciabili di sicurezza sociale per tutti i 450 milioni di cittadini dell’unione. È inoltre necessario valorizzare tutti quegli aspetti che possano contribuire a ridare un’anima all’Europa, per usare un attento richiamo del già compianto papa Francesco, e a far sentire apparentati gli europei con l’affermazione del concetto di cittadinanza europea. Quest’opera può passare dalla storia e dalle memorie collettive, da cultura, arte, studio reciproco delle lingue, viaggi, come consentito dal meritorio programma Erasmus dell’Ue, grazie al quale le giovani generazioni possono crescere sentendosi appunto europee. Con lungimiranza la ’dichiarazione Schuman’ prevedeva che l’Europa non potrà farsi in una sola volta, né sarà costruita tutta insieme, e sorgerà da realizzazioni concrete che creino anzitutto una solidarietà di fatto. Un passo dopo l’altro, tra successi, spinte in avanti e repentini dietrofront, per poi tornare ad avanzare verso l’unità: una formula delineata nel ’50 e valida ancora oggi e in futuro. Guido Monti http://www.tellusfolio.it/index.php?lev=44&cmd=v&id=25075 Carlo Forin. “Pregate per me” (papa Francesco) È arrivato il momento di praticare la richiesta di papa Francesco: –Pregate per me–. Chi non lo fa, pensando –Quanto conta la mia preghiera per un santo?–, sbaglia. Il papa salirà certo al Cielo, ma la sua Chiesa ha ancora bisogno di lui per realizzare tutte le riforme che ha avviato ed ognuno di noi ha bisogno della sua speranza. Chi prega per papa Francesco alimenta l’intensità del flusso Cielo-Terra-Cielo che cementa la forza dei Cieli nella fede della Terra. In questi tre giorni le sparse preghiere umane possono convergere nello stesso fiume e diventar un Nilo immenso che sale nelle armonie celesti, incontra i Santi e le loro preghiere. Preghiamo con le nostre aspirazioni, i nostri lutti, il nostro amore. Facciamoci forza, tiriamo fuori le cose che abbiamo da mettere insieme. Diamo al lutto per la perdita di un grande conduttore, capace di parlar semplice e schietto, il colore verde della speranza, che Gesù ha ben insegnato al suo Gesuita, ed il papa ha praticato con tutto se stesso. Papa Francesco, 12 anni fa, ha iniziato una sera a chiedere: –Pregate per me!–. Adesso, mentre il papa rende vacante la sua sede, noi preghiamo tutti insieme per lui. Carlo Forin http://www.tellusfolio.it/index.php?lev=44&cmd=v&id=25066 Brivio e Monti. In piazza a Roma i valori del federalismo europeo Democrazia, fratellanza, giustizia, inclusione, libertà, pace, uguaglianza: sono questi i princìpi attorno a cui si sono radunate le 50mila persone stimate in piazza del Popolo a Roma sabato 15 marzo, una data destinata a rimanere una pietra miliare della partecipazione popolare al processo d’integrazione europea. Chiamati a raccolta da Michele Serra, le decine di migliaia di cittadini che hanno risposto all’appello lanciato a favore dell’Europa dal giornalista di Repubblica sono stati l’esemplificazione dello spirito europeista che dovrebbe animare i popoli dei Paesi appartenenti all’Unione europea per poter procedere lungo l’ardua e intricata strada della federazione continentale. Serra, che aveva chiesto quale svolta sostanziale ci sarebbe se il primo punto del programma e dell’azione politica di tutte le forze democratiche europee fosse l’unità politica dell’Europa, si era volutamente rivolto alla gente comune e alle espressioni della società civile con un chiaro intento apartitico per non ingenerare equivoci di alcun tipo. Purtroppo le sue lodevoli intenzioni espresse in buona fede sono state fuorviate e travisate da chi non perde occasione per mettere le dita nelle piaghe di un’Europa vista come matrigna e causa di tutti i mali possibili e immaginabili. I detrattori hanno approfittato della molteplicità e varietà delle anime presenti al raduno per sottolineare la contrapposizione tra pacifisti e guerrafondai, senza tener conto che comunque la si pensi l’espansionismo di Putin obbliga gli europei, orfani dell’assistenza militare garantita dagli Stati Uniti che sotto la presidenza Trump hanno preso le distanze dagli ormai ex alleati d’oltre oceano, a rispolverare l’antica locuzione latina si vis pacem para bellum. Ad ogni modo ogni stanziamento in campo militare deve essere indirizzato alla realizzazione di un’autentica difesa comune europea e non al riarmo dei singoli eserciti nazionali, perché questa sarebbe un’opzione priva di senso. Però lo spirito condiviso dai presenti in piazza del Popolo a Roma era ben altro, con un denominatore comune che gli euroscettici hanno dimostrato di temere tenendosi alla larga, ovvero l’unità nella diversità che contraddistingue il federalismo europeo e fa riferimento al contenuto del Manifesto di Ventotene redatto da alcuni dei padri fondatori dell’Europa. La figlia di uno di loro, Renata Colorni, era sul palco ed è intervenuta per ricordare la figura del padre Eugenio trucidato dai fascisti che lo avevano mandato al confino nell’isola pontina dove il documento programmatico del federalismo europeo vide la luce nel 1941, in pieno conflitto mondiale. Da lì, e dal superamento del nazionalismo che tante vittime e distruzioni ha causato nel corso dei secoli, nasce l’idea del superamento degli stati nazionali e dell’avvicinamento all’unione federale che ha prodotto ottant’anni di pace e prosperità in Europa. Già, ma dov’erano sabato scorso i rappresentanti degli schieramenti governativi? Una volta di più sono stati assenti, come lo sono anche in provincia di Sondrio in ogni occasione in cui vengono chiamati a confrontarsi sulle tematiche europeiste che evidentemente non apprezzano e, anzi, disdegnano. Allora va chiarito senza fraintendimenti che la vera discriminante politica non è più quella tra destra e sinistra, conservatori e progressisti, rivoluzionari e reazionari, ma solo ed esclusivamente quella, evidenziata in piazza del Popolo, tra federalisti europei da una parte e nazionalisti malcelati da sovranisti dall’altra, ovvero tra chi vuole procedere verso un’Europa più integrata e coloro che, al contrario, nascondono la loro avversione all’idea dell’Unione europea trincerandosi dietro il sistema intergovernativo attualmente in vigore, del tutto inefficace e inconcludente. Questo modello sì che è inutile, non la manifestazione di sabato scorso, come sostengono invece giornalisti portavoce della premier Giorgia Meloni. A Roma si respirava un’aria nuova, gioiosa, pacifica e partecipata, evocatrice delle piazze di un tempo, che erano il luogo in cui le idee si incontravano, circolavano contagiosamente e si difendevano, e forse possono tornare ad esserlo per impedire che diventino presidi identitari sempre più isolati dal resto del mondo. Una classe politica incapace di proporre altro che vuoti slogan propagandistici dovrebbe tenerne conto e scegliere da che parte stare, se con Trump che adesso detesta l’Europa oppure con chi la vuole viva e vegeta nel contesto internazionale, perché è fondamentale conoscere le regole del gioco e gli obiettivi che realisticamente si possono perseguire d’ora in poi. Giuseppe Enrico Brivio - segretario della sezione “Ezio Vedovelli” Valtellina-Valchiavenna del Movimento federalista europeo Guido Monti - responsabile del Comitato provinciale per l’Europa di Sondrio http://www.tellusfolio.it/index.php?lev=44&cmd=v&id=25044 Giovanni Maria di Lieto. Quando la politica non era qualunquismo|Il mio ricordo di Stefania Venturini Mia madre Stefania Venturini (foto), scomparsa il 24 marzo 2010, si colloca storicamente nel tempo “vissuto” del Partito, della scelta ideologica socialista, riformista, libertaria e garantista, di “sinistra”, protesa verso l’Alternativa di sinistra e l’Unità delle sinistre (quella di derivazione socialista e quella di derivazione comunista). Cultura del partito, delle sezioni e del dibattito interno, della discussione, del dialogo e della partecipazione popolare. Alle spalle della Idea, e del “fare” politico-amministrativo, Stefania Venturini ha praticato nei fatti - come requisito pregiudiziale di partecipazione alla Politica - l’etica pubblica, che ha come naturale conseguenza la credibilità personale. È stata protagonista di battaglie libertarie civili e sociali, nell’idea di un popolo che doveva riappropriarsi del potere, senza delegarlo. Era la tensione positiva di un “discorso” Nuovo che si tentava di proporre alla collettività. Un passato che non ritorna. Vice - Sindaco socialista e Assessore all’Urbanistica del Comune di Minori dal 1980 al 1988. La scelta del simbolo di partito, ad individuare i componenti socialisti nelle liste per le elezioni comunali del 1980 e del 1985 (liste frutto di una alleanza elettorale), ancor oggi può considerarsi “rivoluzionaria”, perché non praticata. Il partito garantisce-garantiva la credibilità del candidato, perché chi si candida, si colloca all’interno di quel partito che si ispira e pratica quei valori, quei principi. Qualunquismo era collocarsi all’esterno del Partito. La sfida dichiarata era quella di superare quei personalismi - qualunquismi che caratterizzavano la competizione locale, alla ricerca della Politica nuova. Ha fatto parte nel 1992-1993 del Comitato dei Garanti della Usl Costiera amalfitana. Va ricordata la battaglia politica per l’apertura dell’Ospedale a Pogerola di Amalfi; sempre contro-corrente e sempre contro i poteri costituiti, assente qualsiasi forma di conformismo. Mia madre ha fatto Politica nel segno di un’Idea socialista, da perseguire nella moralità praticata. Una vita percorsa nel segno dell’impegno. Per citare Gramsci, vivere significava partecipare e non essere indifferenti a quello che succedeva. Ci si chiamava “Compagni”, per identificare tutti quelli che condividevano l’Idea di “Sinistra” (l’Alternativa di Sinistra), ci si dava “del tu” e scomparivano le differenze di classe. Altri tempi (che nostalgia). C’era quella partecipazione attiva del “militante” di sinistra che superava gli steccati di Partito. Per una società che si auspicava contro il conservatorismo e le incrostazioni di potere, a favore del merito e della giustizia sociale. Qui, da posizioni diverse ci si ritrovava, socialisti, comunisti, sinistra radicale. Riforme e rivoluzione erano metodi che, pur nella diversità dell’approccio di fondo, tendevano ad un fine comune e coincidente. In contrasto con il qualunquismo dei tempi correnti, possiamo affermare che con Stefania Venturini l’azione politica ha avuto sempre un’“anima”, riflettendo una spinta ideale e di pensiero, riformista, propulsiva, non demagogica, al servizio dell’Istituzione. Il “sapere impegnato” come dovere di partecipazione, in contrasto con il “disimpegno” e il qualunquismo del “disfattismo” e in contrasto con la retorica della discontinuità che non abbia al suo interno la proposta di un’Idea nuova di società e di politica. Di mia madre, non va poi dimenticata quella vasta umanità, disponibilità, attenzione e dialogo con le persone. Nel segno di una politica fatta di impegno quotidiano, dal volto umano, caratterizzata dalla sensibile disponibilità verso il popolo, senza che l’attenzione alle persone diventasse calcolato strumento di scambio di consenso elettorale. Possiamo a ragione dire che Stefania Venturini ha praticato nelle idee e nei fatti la “non violenza”. La non violenza è esercizio di metodo, di stile, di contenuti, di rispetto dell’altro, di non arroganza. Chi ragiona, ascolta, non professa verità. Fare valere le proprie convinzioni e idee non è esercizio di certezze ma, al contrario, di non violenza. La nonviolenza è esercizio di libertà. Le battaglie libertarie di Socialisti e Radicali degli anni 70’ (divorzio, aborto, etc.), ora quella sul diritto al “fine vita” (vedi il caso Eluana Englaro, che mia madre ha vissuto con forte e sofferta partecipazione), la libertà delle scelte sessuali, il colore della pelle che non deve produrre discriminazioni tra persone, sono tutte forme di esercizio della “non violenza”. Il nonviolento è garantista, il violento è giustizialista, il conformista è violento e prevaricatore. La rivoluzione è negli ideali, nelle passioni vissute, nella non violenza e nella eticità dei comportamenti praticati (cd. “etica delle virtù”), che devono essere una forma di resistenza civile. Stefania Venturini, ti abbiamo voluto bene, sei sempre nei nostri cuori, non ti dimenticheremo. Giovanni Maria di Lieto http://www.tellusfolio.it/index.php?lev=44&cmd=v&id=25043 Annagloria Del Piano. Sondrio dice NO al ri­co­no­sci­men­to della Palestina Il Comune del capoluogo rigetta la mozione della minoranza: “Con 18 voti contrari della maggioranza si è persa l’occasione di un passo verso la pace giusta” È dell’ANPI la proposta rivolta da mesi ai consigli comunali italiani affinché approvino il riconoscimento dello Stato di Palestina. Si tratta di un’azione che mira a riportare sotto l’attenzione del consesso umano l’impunita inosservanza della risoluzione ONU 181, del lontano 1947, quella che istituiva i due Stati, israeliano e palestinese e che, come il mondo dovrebbe sapere ma spesso pare dimenticare, ha portato solo alla realizzazione del primo, lasciando di fatto senza Terra né diritti il popolo palestinese. Popolo palestinese che è popolo semita, come ha ribadito Simone Del Curto nella premessa alla lettura della mozione presentata dal suo gruppo Futuro Insieme e da Sinistra per Sondrio (primi firmatari lui e il consigliere Alberto Maspero di Sinistra per Sondrio, firmatari altri consiglieri di minoranza), durante il Consiglio comunale tenutosi a Sondrio il 28 febbraio scorso; questo a scanso di fraintendimenti funzionali alle accuse di antisemitismo, spesso lanciate a chi si prodiga affinché i diritti dei Palestinesi vengano rispettati… La mozione letta si è subito distinta per i toni oggettivi di rimando a statistiche accettate a livello internazionale, sull’attuale situazione in Medioriente. Partendo dunque dal doveroso riconoscimento dell’attacco di Hamas del 7 ottobre, la mozione si interroga sulla necessità di non voltare le spalle alle drammatiche conseguenze della guerra dichiarata da Israele a Gaza, che ha portato a una escalation con l’esito finora di più di 70.000 morti, il 60% - almeno - costituito da donne, bambini e anziani, in nome di una generica azione contro i terroristi. Si richiama, inoltre, l’autorevole rivista scientifica The Lancet, nel cui rapporto in merito si evidenzia che il numero di morti accertato è sottostimato rispetto a quanto dichiarato dal Ministero della Sanità di Hamas e viene sottolineata anche la doverosa aggiunta di morti per effetti indiretti (ferite infette e fame…) che fa arrivare il computo ben al di sopra degli 80.000 morti, tra cui un alto numero di giornalisti e personale sanitario… A supporto della fragile tregua, considerando come lo stop alla guerra sia sempre partito dal basso, dalla gente - ha esposto Del Curto - ci siamo sentiti di accogliere la proposta dell’Anpi, sperando di dare un segno di discontinuità con quanto deciso lo scorso 19 febbraio al Senato italiano, che non ha accolto la mozione del M5S per il riconoscimento dello Stato di Palestina, e di ribadire invece quanto anche dei piccoli comuni del nostro Paese, unendosi ad altri simili, come pure ai grandi capoluoghi (vedi Venezia, Napoli, Firenze, Ravenna…) e ai primi Stati firmatari nella UE come Spagna, Slovenia, Irlanda e Norvegia possano adempire al loro ruolo di stimolo e guida per i cittadini, con un gesto che è pura e semplice adesione alla Dichiarazione dei Diritti Umani che vede come inviolabile il diritto di ogni uomo ad avere salvaguardata la propria libertà nei suoi capisaldi imprescindibili. Uno dei quali è certamente rappresentato dal diritto di avere uno Stato in cui vivere e una cittadinanza. La mozione ha ricevuto il plauso delle minoranze, compatte nell’evidenziarne il tono non ideologico bensì abitato dal desiderio di fare un seppur piccolo passo verso il mantenimento di una fragile tregua, cercando di porre le basi per una pace duratura quanto giusta. Nonostante le premesse, la mozione ha ricevuto il no altrettanto coeso della maggioranza: sui 27 votanti ci sono stati 9 favorevoli e 18 contrari. Particolarmente acceso è stato il confronto dopo il primo intervento in discussione, con l’esposizione del consigliere Giuseppe Della Cagnoletta (per la Lega), il quale con veemenza si è detto contrario, con tutto il suo gruppo, ad un’azione a suo dire dannosa come sarebbe il riconoscimento della Palestina. Come? Riconoscere uno Stato che poi andrebbe in mano ai terroristi di Hamas? Questa, in sostanza l’obiezione avanzata, ma la scrivente non può omettere - per onor di cronaca - i modi veramente propagandistici scelti dal consigliere, il suo riepilogo storico su cui ci sarebbe da eccepire molto, l’avvalersi di un elenco di brutture perpetrate da Hamas (non importa se alcune di quelle citate “ad effetto” siano accertate fake news di cui i media della prima ora dovettero anche scusarsi…), la volontaria rimozione di tutte le brutture perpetrate invece da Israele, nella sua sproporzionata reazione. Un intervento definito assurdo, radicalizzato in posizioni inascoltabili, a detta del consigliere Alessandro Spolini (Sondrio Democratica), intervenuto in risposta a Della Cagnoletta: Lei ha, a quanto pare, idee chiarissime in proposito. Peccato siano idee agghiaccianti e non abbiano colto lo spirito della mozione di Del Curto, in cui non c’era nessuna intenzione di stabilire chi abbia ragione e chi no; nessun proposito di definire chi sia il buono e chi il cattivo… ma di ribadire che la guerra non sia la soluzione e che si possa fare un primo passo verso una pace possibile. Ma lei crede evidentemente che i morti civili israeliani valgano di più di quelli palestinesi! Anche gli interventi successivi di Michele Iannotti e Roberta Songini (PD), di Giocondo Cerri e Rita Dioli (Futuro Insieme) e di Alberto Maspero sono andati in questo senso: ribadire l’opportunità di far sentire la voce di quella parte di umanità che riconosce a tutti i popoli uguali diritti tramite quest’importante passo verso lo Stato di Palestina e insieme sottolinearne l’urgenza, dopo più di 70 anni di occupazione (come da affermazione di Maspero) e con lo spettro di una soluzione ideata e gestita da Trump con Netanyahu che vorrebbe lo sfollamento di 2 milioni di persone da Gaza, l’abbandono della Cisgiordania all’Idf e ai coloni e, si veda quanto asserito da Nissim Vaturi vicepresidente del parlamento israeliano, l’auspicata uccisione degli adulti palestinesi dopo averli separati dalla donne e dai bambini… (dall’intervento di Cerri). Come non soffermarsi a riflettere su questi orrori? I consiglieri Barbara Dell’Erba (Sondrio per Sondrio) e Dario Ruttico (Forza Italia) si sono succeduti coi loro interventi, in linea con Della Cagnoletta, seppur più pacati: rigetto della mozione, per inopportunità della causa, perché si andrebbe a depotenziare il percorso di pace (Ruttico), perché non ci si può sedere al tavolo delle trattative con dei terroristi (Dell’Erba)… Gli astanti attendevano con interesse l’intervento, con le intenzioni di voto, del Sindaco Scaramellini, che è giunto a concludere le quasi due ore di discussione: È difficile per me intervenire dopo che i toni si sono così alzati, cosa di cui mi dispiaccio: una contrapposizione che non aiuta - ha esordito. - Io non ho un’idea chiara, una soluzione semplice credo non ci sia per la questione mediorientale. Tengo a precisare che nessuno qui è a favore della guerra, che nessuno qui pensa che i morti di una parte contino più di quelli dell’altra, che le due narrazioni israeliana e palestinese resaci dai media in questi mesi evidenziano consapevolmente solo le mancanze dell’altro. Detto questo, non siamo sciocchi: quello che ha presentato la minoranza non è un documento trasversale, ma un documento politico che rispettiamo, sì, ma che è un manifesto. Dopo aver discusso con tutto il gruppo, questo Consiglio e questo Sindaco decidono di continuare a fare quello per cui son stati eletti: amministrare la città, prendendo gli impegni che si possono prendere, non quelli attenenti tematiche che richiedono riflessioni notevoli, massima coesione e che sono veramente al di sopra del nostro potere d’azione. Così si è conclusa la discussione sulla mozione per la Palestina. Persa la possibilità di dare un segnale, Comune dopo Comune, al Governo perché venga dato seguito al Diritto internazionale; persa l’opportunità auspicata da Songini di distinguerci come uno dei comuni italiani che -fra 100/200? anni- avrebbero potuto ricevere il plauso di chi si interrogherà sul perché moltitudini di esseri umani si siano girate dall’altra al grido di un popolo vessato. Si è persa la possibilità di rivelarsi umani e non manipolabili da chi avvelena la comunicazione con notizie false, col mancato studio approfondito delle cause che portano a date conseguenze, con la sabbia negli occhi della cieca adesione alla propria linea di partito. Concludo questa cronaca ricordando ben altro modo di agire sul piano sociale: l’accorato appello a firma di 220 intellettuali ebrei che dicono “non in mio nome”. Non si proceda col piano di espulsione dei Palestinesi da Gaza, con gli attacchi e le occupazioni in Cisgiordania, con la pulizia etnica. Che l’Italia non sia complice. In nome di tutti quanti abbiano a cuore la giustizia e il diritto internazionale. Annagloria Del Piano http://www.tellusfolio.it/index.php?lev=44&cmd=v&id=25033 Brivio e Monti. La Germania sta con l’Europa, non con Trump La Germania, anziana e logorata locomotiva d’Europa, ha scelto Friedrich Merz come suo premier, che riporterà dunque la Cdu-Csu alla guida del governo tedesco. In un Paese cardine per gli equilibri europei e globali, custode del disastri del novecento ed esempio di riscatto democratico, si votava per decidere a chi affidarne le redini, ma ancor prima per ribadire che la Germania rifiuta l’anacronistico e devastante passato nazista e che considera l’Unione Europea la miglior risposta possibile a ogni rigurgito nazionalista. La risposta è stata chiara perché la larga maggioranza dei tedeschi non vuole gli estremisti dell’AfD al governo, come dimostrano i numeri al di là di ogni fuorviante enfasi sul quinto dei voti presi dalla versione post-moderna dell’ultra destra nostalgica. Nelle elezioni politiche che hanno registrato la più alta affluenza da quando la Germania si è riunita, il timore era quello di una vittoria schiacciante dell’AfD, sostenuta esplicitamente dall’amministrazione statunitense nella persona di Elon Musk. La realtà è però ben lontana da questo quadro, dato che l’80% dei tedeschi che si sono recati alle urne ha manifestato la volontà di lasciare l’AfD all’opposizione. Se il panorama emerso dice con evidenza cosa non hanno voluto i tedeschi, non altrettanto certo è invece quello che si troveranno davanti in anni difficili per il loro Paese attraversato da una devastante crisi di identità e modello di sviluppo, e con un ruolo declinante di guida in un’Unione europea dove è sempre più necessario uno spazio politico davvero autonomo. L’Europa viene da decenni di azioni guidate dalle miopie degli interessi nazionali che l’hanno marginalizzata lasciando campo e voce a chi - fuori dai suoi confini, ma soprattutto dentro - la considera un’entità del tutto superflua. Ecco dunque la necessità per la Germania di una compatta coalizione di governo europeista, che per raggiungere la maggioranza includa accanto ai vincitori democristiani gli sconfitti socialdemocratici e magari pure i Verdi. Di sicuro l’esecutivo che nascerà dovrà barcamenarsi in un mondo e in un’Europa inediti: l’era di Trump promette sorprese a ripetizione, e dietro l’angolo c’è una ’pace’ in Ucraina, manovrata da Usa e Russia, da metabolizzare e da provare ad accompagnare con una precisa e condivisa linea europea. Occorre adoperare quel contesto, e quella che sarà con ogni probabilità la testimonianza più chiara della subalternità dell’Ue alle decisioni di Washington, quali che siano, come un’occasione irripetibile per diventare autonomi. Tutti affermano che bisogna fare presto per consolidare il processo d’integrazione europea, salvo ripetere i soliti cliché triti e ritriti. Sicuramente sarà importante gettare le basi per un solido cammino comune perché deve necessariamente prendere forma un’idea dell’Europa e delle democrazie continentali del futuro, in vista di un altro appuntamento probante quale sarà nel 2027 l’esito della sfida francese in occasione dell’uscita di scena di Macron, che vedrà Marine Le Pen giocarsi la miglior occasione della sua carriera politica. Intanto negli USA e nel mondo comanda a suo piacimento Donald Trump, che guarda all’Europa con ostentata antipatia e indifferenza. Scegliere da che parte stare questa volta, se con l’Europa federale o con quella inconcludente intergovernativa, può significare decidere se esistere o no, che non è certo una questione da poco. Forse sarebbe il caso che pure Giorgia Meloni si sentisse obbligata ad esprimersi chiaramente evitando la sua abituale ambiguità, escluso qualche esplicito fuori onda. Fingersi distaccati in politica può essere una buona tattica, ma alla lunga serve una precisa strategia soprattutto in momenti chiave come quello che si apre ora in Europa e nel mondo. Giuseppe Enrico Brivio - segretario della sezione “Ezio Vedovelli” Valtellina-Valchiavenna del Movimento federalista europeo Guido Monti - responsabile del Comitato provinciale per l’Europa di Sondrio http://www.tellusfolio.it/index.php?lev=44&cmd=v&id=25031 Carlo Forin. Anniversario dell’invasione russa dell’Ucraina Il 24 febbraio 2022 la fila di carri armati russi penetrava l’Ucraina, già indipendente fin dalla fine del II millennio. Dopo tre anni la Terza Persona della Trinità mi fa osservare l’inizio del processo di pace. In questo processo di pace l’Unità europea, separata in 27 Stati Sovrani, minaccia di venir frantumata e di non contar nulla, così come accadde alla Polonia nel secolo scorso (sbranata da Russia e Germania). L’Ucraina, che continua a sognare di entrare nella Nato e nell’Unione europea, come ha chiesto, ha la prospettiva di restarne fuori e di dover pagare cinque volte il denaro ricevuto in aiuto come dono dagli States all’America di Trump, diventata Stato usuraio-strozzino per niente Alleato. Vale la pena di ricordare: far politica significa vivere uniti; gli impolitici pagano con la sottomissione agli Stati Uniti, alla Russia etc. La nostra Giorgia Meloni ci assicura che lo strozzino ci vuol bene, memore della liberazione avvenuta in gennaio della nostra giornalista imprigionata in Iran. Stiamo a vedere quanto l’Ucraina dovrà pagare a Trump l’aiuto ricevuto dal buon vecchio Joe Biden come alleato. Il potere fa godere chi sta unito e soffrire chi va diviso; la giustizia è una bilancia tarata da chi può gettare la spada sul piatto che porta la sua parte. Come cittadino europeo (non riconosciuto dall’Europa degli Stati Separati) io continuo a gridare: eleggete un unico rappresentante che tratti per voi separati! Come cittadino italiano dico alla nostra leader Meloni: sii come Angela Merkel e non come il poveretto che è seguito ed ora esce bastonato dal voto. Sta unita all’Europa; da questa unione tratta con l’usuraio! Solo così continuerai bene nel tuo incarico di governo. Caro Spirito di Dio, io faccio quello che vuoi tu; anche oggi mi hai aiutato col nome di Geshub, AlberoPreghiera. Carlo Forin http://www.tellusfolio.it/index.php?lev=44&cmd=v&id=25027 Annagloria Del Piano. Ricordo di Sergio Caivano, storica figura dell’Anpi sondriese A due mesi dalla scomparsa, facciamo memoria del lascito culturale del professore, anima della Sinistra valtellinese Nel ricordare Sergio Caivano, tante volte su questa testata come redattore di accurati articoli storici e politici, non si può che iniziare dal suo impegno, durato tutta la vita, nell’ambito di quel periodo fondante per la nostra democrazia che fu la Resistenza. Nato a Bellano nel 1933, sempre amava ricordare il giorno della Liberazione a Sondrio (dove era cresciuto con la sua famiglia), a cui aveva assistito trepidante da dodicenne, ripetendo precisamente da quel momento con le sue stesse azioni il proprio grazie a quanti si impegnarono nella lotta partigiana per garantire alle generazioni future libertà e pace. Caivano, laureatosi in Economia alla Bocconi, fin da giovane collaborò con tantissime testate giornalistiche, facendo parte della Sinistra socialdemocratica e poi del PSI. Fu docente in diversi istituti di Sondrio e rivestì cariche economiche e sociali. Nel suo campo, già citato, di maggior interesse si iscrisse all’ANPI nel 2003 e ne fu Presidente dal 2011 al 2016. Aveva conosciuto diversi partigiani e di questi incontri e amicizie restano a sua firma molti articoli pieni di rispetto e autentica stima (come conferma anche l’ultimo suo pezzo qui su Tellusfolio, “Ai congressisti, ai partigiani” del 26 ottobre 2024). Vittorio Spinelli, attuale responsabile per l’informazione del sito ANPI Lobardia, gli riserva parole di commiato molto grate: “La sua leadership e il suo impegno instancabile hanno lasciato un segno indelebile nella nostra comunità. La sua capacità di unire le persone e ispirare i giovani è stata una fonte di forza e speranza per tutti noi. Ha sempre creduto fortemente nei principi di libertà, giustizia e democrazia, lavorando instancabilmente per promuoverli, dedicando la sua vita alla lotta per i diritti e la dignità di tutti”. Ricordandolo quindi anche dal nostro giornale web per la sua attività e il suo stile sobrio quanto deciso, e onorati per averlo conosciuto ricambiamo il saluto e l’abbraccio che spesso simbolicamente mandava ai suoi lettori. Annagloria Del Piano (per la Redazione di Tellusfolio) http://www.tellusfolio.it/index.php?lev=44&cmd=v&id=25023 Guido Monti. Le Olimpiadi passano, le priorità rimangono A un anno di distanza dall’inizio dei Giochi è iniziato il countdown in vista delle agognate Olimpiadi invernali di Milano-Cortina 2026. Come vuole la grancassa del battage pubblicitario, si sprecano festeggiamenti, manifestazioni e spettacoli nella spasmodica attesa di un avvenimento sportivo, e non solo, destinato a lasciare il segno sul nostro territorio pur nella sua brevità di soli 15 giorni. Lo hanno sottolineato gli ambientalisti scesi in strada a Bormio per cercare di mettere l’accento su un modo alternativo di concepire l’Olimpiade bianca. A loro parere gli oltre 30 milioni investiti per mettere in sicurezza e allargare la pista Stelvio e far entrare in funzione un nuovo impianto di innevamento artificiale sono un autentico spreco, tenuto conto delle reali esigenze di un territorio che necessita prioritariamente di efficienti infrastrutture stradali (altro che la contestata tangenzialina dell’Alute) e di un adeguato servizio ferroviario, oltre che della tutela di aree minacciate dal dissesto idrogeologico e della salvaguardia di una fragile sanità di montagna. Sotto questo profilo sono giunte notizie che se da un lato aprono alla speranza dall’altro suscitano inevitabilmente qualche meraviglia e perplessità. I servizi medici garantiti durante i Giochi sono degni del Paese di Bengodi, visto che ogni sede di gara avrà almeno due presidi sanitari, dedicati rispettivamente agli atleti e agli spettatori, con équipe composte da medici e infermieri altamente specializzati. Queste strutture multidisciplinari potranno assicurare prestazioni sanitarie di prim’ordine e saranno supportate da tecnologie avanzate come la telemedicina e la diagnostica per immagini, grazie all’affiancamento dell’ospedale Niguarda al Morelli di Sondalo. Le autorità regionali sono certe che tutto questo avrà una legacy - termine anglofono che significa lascito o eredità - spendibile in loco e basato su strutture moderne, nuove tecnologie e un modello operativo che potrà essere applicato anche dopo la conclusione dell’evento. Ovvio che i valtellinesi si augurino che avverrà davvero così per non dover vedere andare presto in fumo il previsto potenziamento dell’elisoccorso piuttosto che la creazione della centrale operativa olimpica messa in piedi al Niguarda. E non basta, in quanto i servizi medici saranno attivi h. 24 (vale a dire tutto il giorno, come si dice adesso), e i selezionati operatori sanitari verranno impiegati tanto sui campi gara quanto in medical center, policlinici e nosocomi olimpici non meglio specificati. Le figure professionali contrattualizzate comprenderanno tecnici di soccorso di base nelle venue - altro inglesismo che sta per sedi o luoghi - olimpiche e negli ambulatori, personale di alto profilo e un gran numero di mezzi di soccorso. Insomma un panorama talmente roseo da far invidia a chi si smazza quotidianamente in mezzo a difficoltà d’ogni genere, tra carenze di personale medico e paramedico e mezzi inadeguati. Sanità a parte, che dire della viabilità e dei trasporti? Ammesso e non concesso che giungano a termine in tempo utile le diverse varianti in cantiere (svincoli della Sassella e del Trippi a Sondrio e tangenziale di Tirano), resta comunque la spada di Damocle rappresentata dagli ormai quasi quotidiani disservizi ferroviari. E hanno un bel proporre coloro che vorrebbero l’introduzione di un ’treno olimpionico’ che dovrebbe percorrere la tratta Milano-Tirano in sole due ore. Come osserva saggiamente una lettrice di IntornoTirano, la linea a binario unico non consente miracoli e la previsione più logica e fondata fa propendere per una ripresa dei consueti imprevisti all’indomani della cessazione del servizio del ’supertreno delle nevi’. Del resto i precedenti dei mondiali di sci disputati in Alta valle sono lì a testimoniare che dopo un paio di settimane di servizio puntuale e regolare i disagi per i pendolari sono ripresi come e più di prima. Quindi non c’è da illudersi e ci si può consolare soltanto con le allettanti previsioni dell’azienda di revisione britannica Deloitte, secondo la quale pure i privati avranno da guadagnare dalle Olimpiadi se è vero che da ogni unità abitativa messa a disposizione dei turisti sulla piattaforma Airbnb si potranno ricavare almeno 1.400 euro a famiglia. ’Allegria!’, avrebbe esclamato l’indimenticato Mike Bongiorno invitando i valtellinesi del mandamento tiranese a cercare di distrarsi con la partecipazione canora di una loro amministratrice locale al festival nazionalpopolare della canzone italiana di Sanremo. Ai Giochi olimpici c’è tempo per pensarci, e ancor di più alle tante questioni che rimarranno insolute quando avranno avuto finalmente termine. Guido Monti http://www.tellusfolio.it/index.php?lev=44&cmd=v&id=25020 Carlo Forin. Giorno del ricordo Oggi celebriamo il giorno del ricordo della deportazione di circa 600.000 esuli istriani, fuggiti dalla persecuzione del maresciallo Tito. Capita insieme col contemporaneo progetto di evacuazione dei circa due milioni di Palestinesi da Gaza prospettato da Donald Trump, che ‘acquisterebbe’ la striscia per farne una nuova Costa Azzurra. Ricordo Marx: le cose accadono nella storia due volte; una prima sul serio, una seconda per scherzo. La deportazione istriana fu cosa serissima. Missoni venne a far maglioni in Italia e conservò la nostalgia della sua Dalmazia. Come uomo di sinistra deploro l’ideologia comunista che insultò gli esuli al loro passaggio nelle stazioni ferroviarie italiane. Esuli per forza, italiani e vilipesi. Non rinfocoliamo dissidi e rancori; piuttosto, osserviamo: gli spostamenti di masse di persone lasciano ferite storiche che faticano a rimarginare. Oggi si festeggiano insieme Gorizia e Nova Gorica per celebrare in EUROPA la riunione dei popoli. Su questo ricordo vogliamo cancellare come abominio la Cortina di ferro che spaccò l’Europa. L’Europa continua ad essere un Ircocervo, ovvero un’unione di 27 sovranità, che stanno insieme per non pestarsi. Questa unione non unita si lamenta di restare esclusa dal progetto di pace tra Trump e Putin. Chi è causa del suo mal lamenti se stesso: come può un Ircocervo pretendere di partecipare alla confezione del suo destino se non ha un destino deciso in modo sovrano? Così come ha messo insieme Gorizia e Nova Gorica la Ue non è capace di metter insieme unita, con un solo rappresentante, se stessa? In attesa che gli europei rivendichino il diritto di esser riconosciuti tutti per legge CITTADINI EUROPEI e cestinino, come obsoleta, ogni ubbia federalista, teniamo viva la speranza che cali la nebbia che ci sta ottenebrando in ideologie strampalate. Carlo Forin http://www.tellusfolio.it/index.php?lev=44&cmd=v&id=25018