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Iván García. L’Avana reale
19 Aprile 2010
 

Benvenuto nel mondo clandestino dell’Avana. Qui non servono assegni, né carte di credito. No. Si paga in contanti. Pronta cassa. Preferibilmente in pesos convertibili, euro o dollari statunitensi.

Si vende di tutto. Se cerchi materiali da costruzione, un tipo con l’aspetto da furfante, nei paraggi di un fetido condominio ti può indicare dove vendono cemento in quantità, pietre, sbarre di ferro e sabbia, tutta roba trafugata la notte prima da qualche opera statale.

Qui, nei quartieri negri e poveri di San Leopoldo, Los Sitios, Carraguao, Jesús María, Belén, Parraga, Palo Cagao, Los Pocitos, Zamora o Luyanó, ci sono alcuni dei mercati neri dove si riforniscono la maggior parte dei cittadini per rinforzare le magre diete offerte dal razionamento alimentare governativo.

Una signora con un paio di rozzi occhiali muniti di enormi lenti, offre riso proveniente dagli Stati Uniti a 7 pesos (0,40 centesimi di dollaro) la libbra. Nella casa accanto, separata da una parete di legno, umida e male in arnese, un negro malaticcio vende latte in polvere a 30 pesos la libbra (1 dollaro e 20 centesimi).

Questa è L’Avana in carne e ossa. Dove non ci sono luoghi turistici, né posti interessanti per i forestieri che vogliono scattare foto con le loro macchine digitali. Qui la gente a mal fatica lavora. E ruba molto. Si vive di compravendita, di profitto, di case da gioco illegali e ci sono signore che sfoggiano catene a 18 carati che si dedicano a impegnare oggetti di valore.

Si mangia una volta al giorno. Non esiste ora di cena. Le persone si alimentano con quel che possono. E si beve rum in quantità industriale.

È da questi bassifondi che escono fuori stupende prostitute che dopo qualche anno finiscono tra le braccia di uno straniero. Da un quartiere povero è uscito Dinio, il cubano che viveva del suo cazzo e delle notizie del cuore che giungevano dalla Spagna. Anche musicisti di livello come Lucrecia e Yotuel, cantante del gruppo Orisha. In una povera casa nel cuore di Cayo Hueso, un quartiere operaio dove l’illegalità è pane quotidiano, nacque Omara Portuondo, diva del Buena Vista Social Club. Nel vicolo di Hammel, nello stesso quartiere, in una notte oscura e stellata di metà anni Cinquanta, nacque il gruppo dei cultori del “feeling”, guidato dai grandissimi José Antonio Méndez e Cesar Portillo de la Luz. Qui, in questi quartieri chiave del mercato sotterraneo, nacquero molti importanti giocatori di baseball che guadagnano stipendi a sei zeri nelle Grandi Leghe degli Stati Uniti.

È proprio in quei condomini devastati che si vende la miglior marijuana e cocaina dell’Avana, ma si affittano anche puttane per dieci dollari a notte. E se devi risolvere un problema con le pallottole puoi comprare una pistola russa Makarov.

Puoi trovare da mangiare confezionato in scatoline di cartone da 30 pesos. Parodie di pizze. Carne di maiale fresca, prosciutto prodotto in modo clandestino nel giardino dietro casa. Puoi portare via diversi chili di sale, riso e olio da cucina, articoli che in questi giorni sono scomparsi all’Avana.

Si trovano anche pezzi di ricambio per le auto. Chitarre di legno e tamburi. Persino articoli erotici come consolanti e vibratori. Si vendono vestiti di marca, parrucche e toupet di qualità. Si affittano vestiti per ragazze che compiono quindici anni e vogliono festeggiare in modo tradizionale. Si offrono idraulici, giardinieri e muratori per restaurare le case.

Per i turisti non è consigliabile avventurarsi da soli in questi luoghi. Di notte sono pericolosi. Per chiunque. Che sia cubano o forestiero.

Se vagando per la capitale cubana non hai visitato i suoi quartieri più umili e brutti, non puoi dire di aver conosciuto L’Avana. Ti puoi portare via centinaia di foto del Capitolio, del Morro e del Malecón, ma non sei mai stato nell’Avana reale. Quella che profuma di sudore acido e alcol distillato, dove si celebrano le feste dei santi e le riunioni degli Abakuá, dove si parla una lingua in codice conosciuta soltanto dagli avaneri autentici. In ogni caso, sei ancora in tempo per conoscerla.

 

Iván García

Traduzione di Gordiano Lupi

 

 

Iván García è un giornalista libero dal 1995. Ama Pablo Milanés, Benny Moré e la musica brasiliana. Mangia di tutto e beve persino vino. Fan degli Industriales, la squadra di baseball della capitale. Appassionato di calcio, soprattutto del Real Madrid e della nazionale brasiliana. Vorrebbe tanto possedere una maglietta di Ronaldo (il ciccione). Ma la cosa che più gli interessa è la situazione del suo paese. La sua mail è: ivangquintero@yahoo.es. Fa parte dei blogger collegati a Voces Cubanas e si occupa del blog Desde La Habana.


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