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Giuseppe Marco d'Agostino. Cronache da Rapa Nui, CFR Edizioni
13 Febbraio 2014
 

  

Usciva dalla schiuma delle onde del cielo
E volava nelle nuvole del mare
In punta di piedi, nuda di pelle

E poi si incremava di olio nero
fermandosi nel mondo, per una danza dark.

(Barbarah Guglielmana, La ballerina col tulle
di bouganville a pois
)
 

 

Rapa Nui è il nome indigeno che indica l'Isola di Pasqua, situata a più di 3.000 km dal Cile e nota per le colossali teste votive chiamate moais che torreggiano sparse sul suo territorio. Forse pochi sanno però che per far posto a queste sculture tanto affascinanti quanto misteriose, l'intera isola venne disboscata e privata così di circa 10 milioni di palme giganti, il che portò poi, secoli dopo, al progressivo spopolamento del sito.

Da questa vera e propria violenza perpetrata ai danni dell'ambiente e dell'umanità stessa, trae titolo e ispirazione la raccolta di scritti in prosa e poesia Cronache da Rapa Nui – a cura di Gianmario Lucini per CFR Edizioni – che si focalizza su temi ecologici per l'appunto, dei quali molto si è detto e molto continua pure a dirsi, ma con risultati ancora irrilevanti in termini di effettiva tutela del nostro pianeta. Sì, perché uno degli aspetti più significativi del problema è che la sua gravità ed emergenza interessano più o meno ogni latitudine, mentre l'uomo comune resta nella maggior parte dei casi poco informato e pertanto poco consapevole del problema stesso; salvo poi, per rimanere nella stretta attualità del nostro Paese, trovarsi a far fronte ai danni (improvvisi ma in molti casi annunciati e provocati dall'errato intervento dell'uomo) causati dalle recentissime alluvioni in Sardegna (novembre 2013) o in Emilia- Romagna (febbraio 2014). È altresì da rilevare che mentre ogni giorno si costruisce, si produce, si inquina e si consuma – troppo spesso senza alcun riguardo per il territorio circostante – anche semplici gesti quotidiani come far la spesa o fare il pieno di benzina alla nostra autovettura, a seconda delle modalità con cui vengono svolti, potrebbero far la differenza a vantaggio (o svantaggio) nostro e dell'ambiente in cui viviamo.

Ecco dunque i motivi che spingono alla scrittura le sensibili penne degli autori della presente raccolta (116, per l'esattezza) e che si confrontano con lo stato presente del mondo attorno a loro prima di rifugiarsi in un vagheggiato, ideale incontro con la natura o di spendersi in un invito ad una maggior presa di coscienza.

Siamo dunque solidali con Semira Baldi, il cui sguardo si posa sul Lambro ...limaccioso dal ponte/ Anch'io ti vedo scorrere/ Lento, maleodorante/ E provo a pensarti azzurro/ Sino all'orizzonte... e ricorda i tempi in cui addirittura si vendevano gamber peschè in tal Lamber, o con Enzo Rega, che richiama invece alla memoria altre acque, quelle del Sarno che gorgogliavano limpide, ispirando sempre il desiderio d'abbeverarsi scendendo sul greto, nel ricordo di un'infanzia che restituisce un'immagine di sole, di verde, di acque. La natura, l'ambiente, vengono delineati dunque come persone con cui si è intrecciato un rapporto, testimoni e insieme sodali di un tempo che ormai non è più. Attualmente, per dirla con Manuel Cohen, che ci invita a salire su un lento convoglio da Eboli a Battipaglia, il panorama offre rivoli neri discariche diossina/ Corsi d'acqua cementati/ [...]/ una piana invasa sterminata tra costoni/ Di monti a picco dirupanti ammassate/ Sgarrupate distese cementizie abitazioni.

Altri, invece, rivolgono l'attenzione alle catastrofi ambientali nel mondo; è il caso di Maria Laura Antonellini e Francesco Di Stefano che rievocano, ognuno a proprio modo, il disastro di Èhernobyl (...il vento dell'est scuote a tratti il paesaggio/ Che trema in preda ai brividi delirantri della febbre... FDS); o di Viola Amarelli, che in Dacca fa riferimento al crollo di un edificio di nove piani nel maggio 2013 in cui perirono oltre un migliaio di persone, la maggior parte operai tessili che lavoravano nell'ambito di subforniture per le multinazionali occidentali: Uniti, uniti, nel brand nei manifesti nei megastore nei tagliacuci/ In fretta e furia, ore e ore di orrore/ Morire sotto travi, mangiare calcinacci... o, ancora, di Marcella Corsi che unisce la sua voce a quella dei manifestanti di Istanbul mobilitati per scongiurare lo smantellamento del centralissimo parco Gezi a favore dell'erezione di un centro commerciale (sempre nel maggio 2013).

Inevitabilmente si arriva a puntare il dito sull'uomo, diretto responsabile del progressivo ed incessante peggioramento delle condizioni ambientali: è ironico e tagliente Mauro Miglio, che osserva gli ultimi giorni di un ipotetico quanto verisimile agiato e attempato armatore che ha sulla coscienza centinaia di operai alle sue dipendenze intossicati e morti e che decide poi ipocritamente di dedicarsi ad attività filantropiche; tocchi neo-veristi e quasi ancestrali invece, quelli di Antonella Barina, che prende spunto dagli incendi dolosi che con cadenza annuale devastano le nostre foreste per proporre l'affascinante “saluto al fuoco” rivolto da un'anziana donna dell'entroterra sardo: essa è forza generativa, archetipica, da contrapporre alla furia maschia e distruttiva delle fiamme. Fanno riflettere anche i toni elegiaci e sdegnati di Giancarlo Serafino, che critica la decisione del comune di Lecce di eliminare i pini commemorativi dei caduti della prima guerra mondiale sul Viale dell'Università: ...così/ Questa città ha pagato molto/ Cara la colpa/ Di essersi affidata/ Al governo bifolco/ Di una giunta dissennata... o quelli di Alberto Figliolia che ricorda un'ormai anonima piazza di Milano intitolata al tenace Giovanni dalle Bande Nere, fino all'atto d'accusa sferrato da Carlo Carlotto in Vedi alla voce “uomo”, in cui si legge che... distruggeva l'ambiente,/ Più o meno cosciente/ Ma sempre con noncuranza/ Perché pensava/ Che tutto fosse/ Sempre in abbondanza./ Reputava che la terra/ Fosse stata creata per lui/ E si comportava non da inquilino/ Ma da ottuso padrone/ Fino a che non raggiunse/ L'inevitabile estinzione.

Ma la silloge è animata anche da autentici desideri di riavvicinamento e 'riconciliazione' con la natura: ne è prova lo scritto di Gabriella Cappelletti, Il mondo sotto le acque, che vede l'autrice avvicinare un polipo in cui si è imbattuta durante un'immersione; o l'invito di Miriam Bruni nella sua Papaveri: Sbucate all'improvviso/ Dai cigli delle strade/E dei nostri respiri/ Fate punti esclamativi; o ancora l'accorato appello di Sergio Gallo in Terre Rarae: Teniamoci stretti/ Monti, parchi, fiumi, laghi./ Fertili terreni coltivabili./ Tienamoci saldi le primizie/ Degli orti, le erbette aromatiche, / [...]/ Teniamoci cari/ Le ondeggianti messi dorate/ E i laboriosi ronzii/ Degli alveari..., per giungere all'appassionata Alberi di Maria Gisella Catuogno: Davanti a certi alberi/ Io mi inginocchierei,/ Miracoli di bellezza come sono...

C'è dunque la consapevolezza che molto è ancora da fare per la tutela dell'ambiente e che uno dei nodi da sciogliere è senza dubbio quello della politica, perché il futuro del pianeta dipenderà sempre più da scelte politiche ed economiche oculate e rispettose degli esseri umani e della natura stessa. In tal senso, è da sottoscrivere il discorso che Josè Pepe Mujica, presidente dell'Uruguay, pronunciò in occasione del G20 in Brasile, nel giugno 2012: ...Quando lottiamo per l'ambiente, ricordiamo che il fondamentale elemento dell'ambiente si chiama: la felicità degli uomini.

 

Giuseppe Marco d'Agostino

 

 

AA.VV., Cronache da Rapa Nui

Miscellanea di scritti e immagini su temi ecologici

CFR, pp. 240, € 16,00


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