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Valter Vecellio. Commenti in nome della vita (e senza misericordia) 
Raccolta di dichiarazioni dopo la sentenza della Corte Costituzionale sul caso Englaro
12 Ottobre 2008
 

Non c’è granché da aggiungere a quanto hanno già detto Antonella Casu, Maria Antonietta Farina Coscioni e Beppino Englaro a commento della decisione della Corte Costituzionale di dichiarare inammissibile i ricorsi che la maggioranza ha imposto a Senato e Camera, con i quali si chiedeva l’annullamento delle sentenze della Corte di Cassazione e della Corte di Appello di Milano sull’interruzione del trattamento che tiene in vita Eluana Englaro. Ha prevalso la ragione, come dice il padre di Eluana. Come hanno sottolineato Casu e Farina Coscioni la pretestuosità dell’iniziativa era evidente e ora tocca al Parlamento assicurare una buona legge sul testamento biologico che «garantisca innanzitutto il rispetto della volontà e della dignità del malato». Si può sottoscrivere completamente quanto dice Rosy Bindi: «I problemi seri si risolvono con la fatica di una ricerca comune e di una mediazione alta, e non con le scorciatoie e le strumentalizzazioni. Mi auguro che questa sentenza sproni il Parlamento a legiferare con serietà e quanto prima su un tema così drammatico come la fine della vita, e serva da lezione a chi ha cercato di umiliarlo presentando un ricorso di cui dovrebbe vergognarsi».

Con questo, l’editoriale di oggi potrebbe considerarsi bell’e terminato. Ma è bene conservare la memoria di quello che si è detto e sostenuto; e dunque ecco un florilegio di quanto, persone prive di misericordia, sono state capaci di dire in queste ore.

 

Laura Bianconi (PdL): «Spero proprio che la sentenza della Corte Costituzionale non dia la linea alla Corte di Cassazione che sarà chiamata a decidere sulla sorte di Eluana Englaro il prossimo 11 novembre. Sono molto triste per la sorte di Eluana, quella di ieri assomiglia a una sentenza di morte definitiva; e mi impensierisce nel merito e nel metodo, che permette una vera e propria invasione di campo da parte della magistratura non solo su chi ha la competenza costituzionale di porre in essere una legge, ma anche dimostrando scarsa sensibilità nella tutela del rapporto privato tra medico e paziente».

 

Rocco Buttiglione (UDC): «Mi sembra che la Corte Costituzionale con questo intervento si ponga in diretta opposizione con la coscienza del paese e alle convinzioni profonde di gran parte del popolo italiano in nome del quale viene amministrata la giustizia. Forse bisognerebbe pensare a una riforma costituzionale che chiarisca in modo più preciso che le leggi le fa il Parlamento e non le fanno i giudici».

 

Raffaele Calabrò (PdL): «Ancora una volta si tenta di espropriare il Parlamento, l’unico organo di espressione della volontà popolare, del diritto di legiferare e dare indicazioni sui temi della vita e della morte. Non si può che provare grande amarezza dinanzi alla stringata ordinanza con cui la Corte Costituzionale ha rifiutato di prendere in esame i ricorsi proposti dal Parlamento avverso la sentenza della Corte di Cassazione sul caso Englaro si legittima, così, l’idea che le scelte della vita e della morte possano essere affidate a soggetti terzi, in questo caso la magistratura, che si arroga il potere interpretativo a posteriori della volontà di un paziente. La decisione della Consulta rischia di far fare al paese un pericoloso passo indietro, nonostante l’impegno trasversale del Parlamento che lo scorso 1 agosto votava un ordine del giorno che impegnava il Senato ad esaminare ed approvare entro il 2008 una legge sul consenso informato e le dichiarazioni di volontà anticipate nei trattamenti sanitari. Ora tocca ripartire da lì».

 

Carlo Casini (Movimento per la vita): «Davanti alla vicenda di Eluana, la giovane donna di Lecco qualificata dalla Cassazione come “persona vivente a pieno titolo”, non morente, uguale in dignità ad ogni altra persona, il sentimento che tutti ci accomuna è l’inquietudine. È solo con questa inquietudine che si può spiegare la tormentata vicenda giudiziaria nella quale nessun giudice ha voluto condannare a morte la donna e tutti hanno cercato di sfuggire alla propria responsabilità. È sempre l’inquietudine che spiega anche il tentativo del Parlamento italiano di impedirne la morte sollevando il conflitto di attribuzione dinanzi alla Consulta con un disperato quanto prevedibilmente inutile ricorso, ma le dolorose nebbie dell’inquietudine devono ora essere risolte facendo irrompere senza riserve la luce della dignità umana, che per definizione non consente di distinguere tra vite umane degne o non degne di vivere, che determina l’assoluta indisponibilità della vita umana, propria o altrui. Una luce che deve illuminare i magistrati e la società nel suo insieme. Tutti, prima o poi, possiamo trovarci nelle condizioni di Eluana o in altre simili; perciò la questione riguarda tutti noi».

 

Francesco Cossiga: «Certo che a far adottare questa decisione alla Corte Costituzionale molto ha giovato la dichiarazione della Conferenza Episcopale Italiana in merito al testamento biologico che da tutta la stampa internazionale è stata intesa come il via libera di fatto all’eutanasia. Sembra forse il caso che i nostri pastori, prima di assumere posizioni e fare dichiarazioni che possono avere valenza politica, sentano opinioni di politici cattolici, sia ‘adulti’ sia ‘infanti’, sia ‘cattolici democratici’ sia ‘neoteocon’, e che comunque sappiano che sul piano politico si deve trattare tutto, anche il nome, come sembra avere fatto la Conferenza Episcopale, del male minore».

 

Maurizio Lupi (PdL): «Ancora una volta in questo paese si sceglie la strada apparentemente più semplice, ma anche quella più sbagliata e pericolosa, che è quella di non decidere evitando in questo modo di affrontare una importante questione e di sciogliere un nodo fondamentale: le leggi le deve fare il Parlamento oppure un tribunale? Purtroppo sul caso di Eluana Englaro la Corte si gira dall’altra parte sulla scia di quella pessima pratica politica che preferisce non assumersi mai precise responsabilità».

 

Alfredo Mantovano sottosegretario all’Interno: «La sovranità non appartiene più al popolo. La stringata ordinanza con cui la Corte Costituzionale ha rifiutato di prendere in esame i ricorsi proposti dal Parlamento avverso la sentenza della Corte di Cassazione sul doloroso caso Eluana, costituisce una importante e grave occasione perduta per la democrazia italiana e per la Corte Costituzionale stessa. La Corte, smentendo proprie precedenti pronunce non ha osato esercitare, nei confronti di un atto giudiziario, i poteri che le sono attribuiti dalla Costituzione e quindi ha avallato una deriva pan-giustizialista che sottrae spazi ed autonomia ai poteri legislativo ed amministrativo. Ed in ultima analisi al popolo sovrano. Viene così spezzato il sistema costituzionale secondo cui le scelte di fondo in primis quella relativa alla vita, spettano al popolo attraverso l’elezione del Parlamento. La giurisdizione, applicando in piena autonomia le leggi votate dal Parlamento, dovrebbe dar corpo e sostanza a scelte compiute dal popolo, e non in proprio, dalla corporazione giudiziaria. Le scelte della Costituzione vengono ora capovolte: è la giurisdizione a decidere, senza alcun mandato né controllo democratico, sui temi della vita e della morte duole constatare che nella visione avallata dalla Corte Costituzionale l’esito delle elezioni politiche incide, sui temi fondamentali del vivere civile, meno dell’esito del concorso di accesso alla magistratura».

 

Gaetano Quagliariello (PdL): «Dalla Corte Costituzionale è arrivata una decisione piratesca. C’erano tutti i presupposti perché il conflitto sollevato dal Parlamento nei confronti della Cassazione sul caso di Eluana Englaro fosse dichiarato ammissibile e avesse accesso alla prova del giudizio di merito. Invece la Consulta ha preferito lavarsi le mani ed evitare di addentrarsi in una questione che tocca ambiti così importanti della convivenza civile come la separazione tra i poteri dello Stato, l’inviolabilità delle prerogative del legislatore e il passaggio dalla vita alla morte. Riteniamo che la politica abbia fatto bene a rivendicare le proprie prerogative e a difendere la sovranità popolare da gravi invasioni di campo. Da questa sera legiferare in Parlamento sulle problematiche legate alla fine della vita diventa ancora più urgente».

 

Eugenia Roccella sottosegretario al Welfare: «Aspetto le motivazioni della Consulta, è difficile valutare senza leggerle, ma il problema c’è, resta, ed è sempre più evidente: è l’espansione dei giudici, la loro invasione di campo. Il Parlamento deve riprendere le sue prerogative. Adesso stiamo lavorando per fare una buona legge sulle dichiarazioni anticipate di trattamento in base all’articolo 32 della Costituzione che parla di libertà di cura e non di diritto a morire».

 

Barbara Saltamartini (PdL): «Una legge sul fine vita è ora ancora più importante. Purtroppo non è la prima volta che le decisioni dei giudici si inseriscono come pericolosi grimaldelli nell’ordinamento nazionale ed in particolare nei temi etici. Ora è ancora più urgente che il Parlamento arrivi in fretta alla definizione di una legge equilibrata sul fine vita. Aspettiamo di leggere le motivazioni della Corte Costituzionale, ma naturalmente si tratta di un verdetto che pur non entrando nel merito ha un notevole effetto pratico, lasciando ai giudici un potere pressoché illimitato di scelta sulla vita delle persone».

 

Luisa Capitanio Santolini (UDC): «La decisione della Corte Costituzionale crea un precedente inquietante. Insinuare, seppur indirettamente, che i poteri dello stato sanciti dalla Costituzione possano essere in qualche modo confusi e sovrapposti non è un segnale positivo. Pur ribadendo la nostra fiducia negli organi giurisdizionali, come prima firmataria della raccolta di firme dei colleghi deputati, per sollevare il conflitto di attribuzione alla Camera, è doveroso sottolineare come autorevoli esperti del diritto avessero ritenuto pienamente legittima la nostra iniziativa. Nonostante tutto ci auguriamo che questa decisione non fornisca alibi contro i valori che sono alla base della nostra società, primo dei quali la sacralità della vita dal concepimento fino alla morte naturale».

 

Raffaello Vignali (PdL): «La Costituzione e il codice penale in vigore vietano l’omicidio, anche quello di stato, e l’eutanasia attiva e passiva. I fatti sono chiari: su Eluana è stata pronunciata una sentenza di morte su ipotetiche volontà che la legge non ammette; e i suoi propugnatori nichilisti e tardogiacobini sono solo dei lugubri cantori decadenti della cultura della morte».

 

Luca Volonté (UDC): «La decisione della Corte Costituzionale sul caso Englaro incoraggia l’invasione di campo di una certa magistratura anti-vita che si vuole sostituire al Parlamento. Oltre a rinnovare la condanna a morte di Eluana, è stato messo all’angolo il legislatore. Da parte del Parlamento occorrono interventi chiari e tali da riportare la magistratura italiana nell’alveo delle proprie competenze e sanzionare, se necessario, quei magistrati che violano la separazione dei poteri previsti dalla Costituzione repubblicana».

 

Associazione Scienza e Vita: «Si teme per la sorte di Eluana, per quanti, in Italia, versano nelle stesse condizioni e per quanti vi si potrebbero trovare. È lampante che la strada aperta dal tutore di Eluana, e che ha trovato giudici consenzienti, avrà altri emulatori e soprattutto darà fiato a quanti, anche nelle aule parlamentari, sostengono che esita un diritto a morire e che idratazione e alimentazione siano terapie mediche e non sostegni vitali da garantire sempre e comunque. Dopo la condanna a morte per Eluana per mano di un giudice, e l’offesa portata alla coscienza di quella parte maggioritaria dell’opinione pubblica alla quale ripugna questo esito nefasto, sarà ancora più difficile, per il Parlamento, costruire una legge di autentica tutela della vita umana. Soprattutto in presenza di una parte della magistratura italiana particolarmente aggressiva sui temi della vita e talvolta malata di onnipotenza».

 

Valter Vecellio

(da Notizie radicali, 10 ottobre 2008)


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