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Claudia Osmetti. Un referendum può salvare l’Ucraina (e l’Europa)
11 Dicembre 2013
   

Una soluzione ci sarebbe. Se da “protesta” a “proposta” ci sono solo un paio di lettere di differenza, la via d’uscita a questo imbarazzante stallo giallo–azzurro potrebbe essere più a portata di mano di quanto s’immagini. Almeno teoricamente. E cioè: rimettersi alla volontà popolare e chiedere direttamente agli ucraini, che poi sarebbero i soli ad avere il diritto di decidere il proprio destino. In poche parole, la democrazia diretta.

A proporlo è stato Vladimir Oleynik, il presidente della Commissione affari interni del Parlamento ucraino. Un referendum da calendarizzare la primavera prossima, ha suggerito. Gli ucraini si potrebbero esprimere direttamente sull’Accordo di Associazione con l’Unione Europea oppure sull’unione doganale con la Russia, la Bielorussia e il Kazakistan. Liberamente. Democraticamente. Legalmente.

«L’Europa ha il dovere di appoggiare il popolo ucraino perché sta dando un grande esempio» ha detto qualche giorno fa il presidente della Commissione europea, José Manuel Barroso. Vero. Ma come? Le parole servono a poco. Anzi, in certi casi possono diventare addirittura controproducenti. Come quelle che Yiulia Tymoshenko ha scritto dal carcere. Condivisibili dalla prima all’ultima riga, intendiamoci, ma semplicemente fuori tempo. Il rischio è che fomentino il disordine più che la distensione. Cosa che l’Ucraina in questo momento non può permettersi. E l’Europa nemmeno.

Lavorare assieme per concretizzare un referendum, invece, garantirebbe quella sovranità popolare che è alla base della società occidentale e quindi anche del sistema europeo. Non si costruiscono gli Stati Uniti d’Europa con le rivoluzioni di piazza e i forconi dell’Est. Si costruiscono con la buona politica e la democrazia e la partecipazione libera dei cittadini.

Ma forse nei palazzi di Kiev (e – soprattutto – al Cremlino) questa soluzione fa più paura delle agitazioni in strada. E magari proprio perché è ancora vivo il ricordo dell’altro referendum che ha coinvolto il Paese di Yanukovich, quello del primo dicembre 1991 quando il 92% degli ucraini approvò la dichiarazione di indipendenza dall’Urss che era stata proclamata dalla Verkhovna Rada (il loro Parlamento) il 24 agosto di quell’anno.

D’altronde, i cittadini che si sono riversati nelle strade e nelle piazze in questi giorni a Kiev non hanno fatto mistero di quale sia la loro posizione. Con l’abbattimento della statua di Lenin in Shevchenko Boulevard o con quella bellissima immagine del pianista che, davanti a una fila di agenti schierati in tenuta antisommossa, si è messo a suonare. Da solo. Pacificamente.

 

Claudia Osmetti

(da Radicalweb, 10 dicembre 2013)


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