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Karim Metref. Marocco... E pur si muove
29 Aprile 2011
 

In molti hanno speso molto inchiostro e saliva per convincerci della particolarità del Marocco nel mondo arabo. Occultazione di notizie, disinformazione, complicità dei media internazionali, manovre manipolatorie... niente è stato risparmiato per tenere in silenzio il popolo marocchino e il silenzio intorno all'alleato più sicuro e stabile della Nato nella regione.

Invece eccolo che si muove in massa. Domenica scorsa erano circa un centinaio le città che hanno preso parte alle manifestazioni. La repressione, la disinformazione, le promesse non hanno presa sui giovani. Forse per poter mantenere i privilegi dei pochi che hanno tutto contro i tanti che non hanno nulla è giunta l'ora di giocare sporco, veramente sporco. La bomba di Marakesh si iscrive si iscrive sicuramente in questa logica.

 

Il 24 aprile scorso, il movimento 20 febbraio (del nome della prima grande manifestazione in Marocco per un cambiamento della costituzione), ha portato in piazza decine di migliaia di persone, in circa un centinaio di città diverse, dal Nord a al Sud del Paese.

Il movimento 20 febbraio considerato da alcuni, alla stregua di tutti i movimenti di giovani nel mondo arabo, ingenuo e privo di esperienza, si sta dimostrando invece molto determinato e cosciente della vera natura delle sfide che lo aspettano. Chiede la fine della corruzione dilagante, una riduzione drastica del regime monarchico, più democrazia, la riscrittura della costituzione e più giustizia sociale.

Anche se rimane molto cauto e non chiama ad esempio alla caduta del regime, come in tutti i paesi arabi (perché caduta del regime vorrebbe dire caduta della monarchia e la monarchia rimane un tabù assoluto nella politica marocchina), il movimento sembra crescere di giorno in giorno, sia politicamente che numericamente (www.causes.com). In piazza c'era di tutto: giovani senza nessun riferimento politico tradizionale, comunisti con le magliette di Che Guevara, berberisti con le rivendicazioni legate ai diritti culturali e linguistici, islamisti e altri ancora...

 

Il regime finora ha risposto con false promesse, con la liberazione di un po' di prigionieri politici (eh sì prigionieri politici, anche se alcuni intellettuali andavano in giro per raccontare che non ce n'erano più in Marocco) e l'istituzione di una commissione per il cambiamento... ovviamente riempita di politici ed intellettuali leali. I giovani si sono dissociati subito e hanno deciso di proseguire la lotta. Qualcuno si chiede anche se è ragionevole pensare che il re possa istituire una commissione per ridurre il suo proprio potere.

La lentezza della scena Marocchina è dovuta anche al fatto che dall'arrivo del “giovane” re, le cose hanno cambiato sensibilmente. Mi ricordo dell'era del padre dove regnava un terrore assoluto. Dalla barzelletta che mi raccontarono alcuni amici a Agadir, si capisce l'entità dell'oppressione che subiva il popolo in quella era.

“Ti voglio dire una cosa da solo”, disse un vicino ad un altro vicino. Poi una volta da soli: “sembra che la vita sia diventata insopportabilmente cara”. “Così si dice in giro”, risponde il secondo vicino, sottovoce. “Ahaaa... Così si dice in giro? Vuol dire che frequenti i sovversivi, traditore della nazione che non sei altro”, gridò il primo vicino mettendo le manette ai polsi dell'altro. Perché era una spia del Makhzen.*

 

Una era nera fatta di cittadini che si spiano tra di loro, di arresti, rapimenti, uccisioni, torture, intimidazioni, massacri... Dopo la quale i cambiamenti sensibili introdotti dal figlio dopo la morte del vecchio tiranno, fanno sembrare il paese un paradiso. Almeno per un po', almeno per quelli che non vivono nella miseria totale. È come se uno uscisse dalla cella d'isolamento verso un carcere semplice. È molto meglio, ma rimane che non è la vita, quella vera. Ed è proprio quello che sono venuti a ricordare i giovani del nuovo movimento. Quelli che erano troppo giovani nell'era del re padre.

 

Più si va avanti e più il regime si rende conto della reale importanza della rivolta dei giovani, anche incoraggiata dai movimenti nel resto dei paesi arabi. Le manovre di dissuasione sono numerose. Arresti, violenze, intimidazioni, false voci di corridoio, manipolazione... ovviamente esce subito fuori l'arma preferita di tutte le dittature arabe: la minaccia islamista. Pochi giorni fa è stato liberato l'Imam conosciuto come Sheikh El-Fizazi, detenuto da anni senza un regolare processo, perché accusato di aver avuto una influenza morale sui giovani che avevano commesso gli attentati del 2003 a Casablanca. Attentati sui quali continua a planare un mistero totale.

E, tempistica perfetta, pochi giorni dopo la liberazione dello Sheikh, ma soprattutto 4 giorni dopo la straordinaria mobilitazione del 24 aprile ecco che ritorna l'incubo del terrorismo. Attentato a Marakesh, a Jamee El Fna, alto simbolo del turismo in Marocco. Troppo comodo per essere casuale.

Segno che la partita che si giocherà anche in Marocco, sarà sporca, ma molto sporca.

 

Karim Metref

(dal blog Divagazioni?, 28 aprile 2011)

 

 

* Makhzen è il termine in dialetto marocchino per designare lo Stato.


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