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Luigi Manconi. Le lacune nel discorso di Alfano per Cucchi
05 Novembre 2009
 

Quanto detto ieri dal ministro Angelino Alfano in Senato, «Stefano Cucchi non doveva morire e si doveva evitare che morisse», va indubbiamente apprezzato. Con altrettanta franchezza va detto, tuttavia, che la ricostruzione dei fatti, esposta dal ministro della Giustizia, presenta molte lacune.

Ne sottolineo tre, in particolare: se fosse vero che «durante l’intera udienza, durata circa mezz’ora non è stata riferita né rilevata nessuna anomalia», perché mai alle 13:30 di quello stesso giorno, a distanza di appena un’ora dalla conclusione dell’udienza, Stefano Cucchi viene sottoposto a visita medica nell’ambulatorio del tribunale? Ed è proprio quella visita medica a evidenziare le «lesioni ecchimotiche riscontrate in regione palpebrale inferiore bilateralmente e lesioni alla regione sacrale dagli arti inferiori».

Secondo interrogativo: testimonianze non contestate e convergenti dicono che Stefano Cucchi, appena giunto in caserma nella notte tra il 15 e il 16 ottobre, chiedeva di avvertire il proprio avvocato di fiducia, di cui forniva il nome, ma non gli venne dato ascolto. Dunque, all’origine di questa vicenda c’è una palese e gravissima violazione di un diritto fondamentale della persona. Perché su questo il ministro non ha detto parola?

Terza questione: il ministro per ben tre volte fa riferimento alla dichiarazione di Stefano Cucchi di essere «caduto accidentalmente dalle scale», precisando inoltre che la presunta caduta sarebbe avvenuta due settimane prima dell’arresto attribuendo a questa le lesione al volto e, contemporaneamente, la frattura delle vertebre. Questo è chiaramente in contrasto con le dichiarazioni dei genitori che, avendo avuto modo di vedere Stefano la sera dell’arresto e in tutti i giorni precedenti, parlano di una condizione di salute assolutamente normale. Va evidenziato poi come il forte dolore provocato dalla frattura di due vertebre sia assolutamente incompatibile con la possibilità di deambulare senza problemi per due settimane, come sarebbe stato se la “caduta” fosse collocata così anticipatamente nel tempo. Per carità di patria e per decenza istituzionale, per un minimo di rispetto dell’intelligenza e del senso comune, andrebbe evitato di accreditare quella che è - e da sempre - l’ipocrita spiegazione di comodo offerta da tutte le “istituzioni totali” e i sistemi autoritari per occultare le violenze inflitte a chi si trovi nella loro disponibilità.


Luigi Manconi

presidente di A Buon Diritto

(da Notizie radicali, 5 novembre 2009)


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