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Piero Cappelli: Nel ‘Vietnam’ afghano i morti valgono più di quelli in terra italiana?
21 Settembre 2009
 

Forse qualcuno già si immagina cosa sto per dire e non si sbaglia. Sì, voglio dire che i nostri cari sei giovani rimasti uccisi l’altro giorno a Kabul a causa di un attentato dei Talebani non possono essere trattati così come se noi italiani cadessimo dalle nuvole per quest’asprezza delittuosa in quel paese così lontano e così vicino. Chi parte con il mitra in mano per andare in territori di guerra dovrebbe saper bene, benché le nostre missioni siano dette falsamente di pace, quale sia il rischio della vita e quali possono essere le conseguenze cioè l’uccisione da un momento all’altro. Gli onori a questi ragazzi vanno fatti ed è giusto così però basta con questa retorica istituzionale e degli stessi mass-media che vogliono strappare lacrime da ogni parte senza dirci che quel territorio è denso di pericoli ad ogni angolo e che quindi quelle morti sono il risultato di una politica voluta dalla nostra classe dirigente nazionale ed internazionale.  Prima chi andava sugli scenari bellici erano i ragazzini della naja, oggi no. Chi decide di partire è chi cerca di passare del tempo all’estero in posti a rischio per cercare di racimolare qualche soldarello in più sperando di non lasciarci le penne. Per molti è così, per altri, come questi nostri sei disgraziati ragazzi, non è stato così! Accolgo il dolore dei loro familiari che è straziante vedersi portar via dei bei giovani nel pieno della vita, ma sono loro che hanno scelto di andare lì e lì di svolgere il loro dovere scelto e non imposto. Potevano benissimo starsene al loro plotone nelle loro caserme italiane dove all’ora giusta se ne sarebbero andati a pranzo a casa con i piedi sotto il tavolo in compagnia dei loro cari. Ed invece hanno scelto di andarsene laggiù in quel paese dove da anni il presidente Bush e oggi Obama cercano di imporre la democrazia, ma questo non è possibile, assolutamente, né lì né altrove. Ma si vuole insistere.

Questo secondo e tremendo ‘Vietnam’ non è solo per gli Usa, ma anche per noi europei e per noi italiani. E quando un giorno tutte le truppe se ne saranno andate dall’Afghanistan e non avranno ottenuto niente su niente allora ci chiederemo se è valsa la pensa imbarcarsi in un’avventura del genere e se valeva proprio la pena di lasciare morire migliaia di ragazzi sotto il terrore dei Talebani. E sarà ancora ‘no’ la risposta! Allora domandiamoci se quelle morti sono migliori di quelle altre morti di persone che subiscono la ‘violenza’ di una società che sopporta e accetta gli incidenti stradali nel nostro paese e nessuno fa niente perché ciò sia almeno ridotto drasticamente perché di fronte ai bollettini ‘di guerra’ delle nostre strade nessuno di indigna come i morti in Afghanistan, perché? E i morti per suicidio tra gli adolescenti in Europa, e per i morti per droga, e i morti per disperazione senza lavoro come alla Telecom France… eppure anche in questi casi sono stati loro che hanno voluto prendere l’auto e andare sulle strade rischiando, hanno voluto farsi quella dose, hanno voluto trovare un modo per uccidersi benché giovanissimi, oppure lasciarsi andare alla disperazione e farsi morire… Ma per questi non c’è indignazione, non c’è riconoscimento delle cause drammatiche che anche QUESTI subiscono per un mondo pieno di insidie come quelle che i nostri sei militari hanno trovato sulla strada per la capitale afghana. I morti non hanno colore, né partito, ma nemmeno hanno distinzione solo perché portano una divisa o perché rappresentano l’Italia, perché anche i nostri morti ‘casalinghi’, quelli che ho ricordato avanti, non fanno parte e rappresentano l’Italia nel contesto europeo e mondiale quando vanno ad incrementare le tristi statistiche degli scomparsi anche a seguito di malattie terribili per inquinamenti delinquenziali come ad esempio quello di Marghera? Eppure tutto finisce lì per questi morti. Nessuno fa leggi per condannare i responsabili che trovano sempre una via di uscita per non pagare il costo delle loro responsabilità. Sono morti di serie B? Neanche per sogno. Ma il nostro stracciarci le vesti per dei soldati andati in territori altrui seppur con la benedizione delle nostre istituzioni e sotto le nostre bandiere per portare la giustizia e la libertà come anche la cosiddetta democrazia, è troppo fuori le righe. Anche gli ALTRI NOSTRI morti, pur rimanendo in questo paese e pur non imbracciando il mitra né una bandiera, patiscono e muoiono anche morti ‘violente’ per come questo Stato, questi nostri governanti, continuano ad amministrare questo paese. Per di più senza riconoscere a queste ‘morti bianche’ (comprese quelle sul lavoro), lo status di ‘morti rosse’ come quelle dell’Afghanistan. Come rossa è la vergogna che ci pervade nel notare le contraddizioni altamente stridenti del senso dello Stato di cui si riempiono la bocca molti dei nostri ‘rappresentanti’ politici, tanto da farci inorridire sempre più di fronte a drammi come questi. Non tanto per il fatto in sé, ma per il drammatico confronto con la realtà di ogni giorno e che loro non riescono più a governare e che ogni giorno continua a mietere vittime senza mitra e senza bandiere. Quali morti valgono di più? 

 

Piero Cappelli

zorro.rosso@alice.it


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