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Violenza e cultura: Si fa presto a dire follia  
Intervista con Giorgio Antonucci – parte II
Janù, 2014
Janù, 2014 
03 Ottobre 2015
 

Lo scopo attuale del Dr. Antonucci è quello di tirar fuori dai manicomi, dagli ospedali e dai reparti psichiatrici la gente che vi è rinchiusa perché rifiutata dalle logiche dominanti. L’argomento di questa intervista è la violenza, che sempre più spesso i media e l’opinione comune fanno risalire alla cosiddetta malattia mentale, anziché sottoporre ciò che la genera all’analisi della ragione.

 


Qualche decade fa c'era bisogno di spaccare i muri. È successo... Ma oggi, per aiutare una persona in difficoltà, cosa si può fare?

Innanzitutto si sono sì eliminati dei luoghi dove c’erano le persone rinchiuse, ma ce ne sono altri anche ora, per cui il lavoro non è finito. Poi il problema non si riduce a essere rinchiusi. Il problema è che si fraintende il pensiero degli altri, a tutti i livelli e si prendono alcune persone con la forza e si portano in clinica psichiatrica. È un problema della cultura. Per esempio: è successo questo fatto in Norvegia, (il caso Breivik, autore del massacro di 77 persone nel luglio del 2011, ndr) e tutti i mezzi di comunicazione parlano di follia dell’attentatore.1 Follia non vuol dir niente, significa soltanto non cercar la spiegazione. Cioè, le spiegazioni possono essere tante.

Questo attentatore, intanto, risulterebbe essere uno di estrema destra che ce l’ha con gli immigrati, e in particolar modo con gli islamici, e ha fatto quest’azione perché ritiene che il governo norvegese li accoglie, mentre lui vorrebbe buttarli fuori. Ma definirlo un folle non vuol dir nulla. Lui ha fatto delle cose per un motivo, e allora in tutta la nostra cultura quando non si vuole o non si sa spiegare una cosa, si usa questa parola priva di significato che è “follia”. Che senso ha, come è accaduto e accade ancora, dire che Hitler era un folle? Hitler era uno che aveva organizzato mezza Europa in un certo senso, e purtroppo ha fatto un sacco di guai prima di essere sconfitto. Ma se Hitler è stato un folle allora il grande maestro di musica Furtwängler, che gli andava dietro e Heisenberg che era un grande scienziato, e tutti i tedeschi che gli son andati dietro, gli italiani, Mussolini, sono tutti matti? Con il discorso degli psichiatri non solo si emarginano delle persone facendo finta di non capire o non comprendendo chi siano, ma si costruisce una cultura del nulla.

È vero. Si è sentito dire, da psichiatri francesi, che Breivik fosse malato... Qual è l’opinione di Giorgio Antonucci a proposito della linea che demarca crimine e follia?

Il fatto è che la psichiatria non fa altro che confondere le idee. Cioè gli uomini, con i progetti che hanno, da Caino in poi, uccidono. Si tratta di vedere, di discutere cosa significhi. Cioè, uno uccide per un motivo, un altro uccide per un altro motivo. Nella Bibbia non è scritto che Caino non aveva la testa a posto. Caino ha ucciso Abele perché riteneva che Abele fosse un privilegiato nei suoi riguardi. Se ne può discutere.

Per capire le nostre azioni, i nostri pensieri, bisogna togliere completamente la psichiatria, che confonde le idee, perché non significa niente, non ha nessun fondamento. È una cosa completamente arbitraria, perché io posso dire, se sono uno a cui piace vivere nel mondo pratico, nel mondo sensuale, che l’eremita è un matto. L’eremita può dire che io mi disperdo nel mondo e sono un matto. L’aggettivo matto che si dà al pensiero degli altri, diverso dal nostro, è un aggettivo sbagliato. Nel senso che ci son tanti modi di pensare, tanti modi di agire, che vanno esaminati senza questi pregiudizi. Infatti io sono completamente d’accordo, con Thomas Szasz, che la psichiatria non debba esser riformata: deve sparire, perché è un attentato alla cultura.

S'era parlato di Dante ('l Gazetin, giugno-luglio 2014), parliamo ora di Szasz. Thomas Szasz è un ungherese nato nel 1920, di famiglia ebraica. I suoi genitori sono venuti via dall’Europa nel ’33, quando Hitler è salito al potere, prima quindi che arrivasse a organizzare lo sterminio degli ebrei. Sono andati in America con il figlio. Szasz si è poi laureato in fisica e in medicina e io una volta ho avuto occasione di chiedergli: “Ma perché la laurea in fisica? Che c’entrano le due cose insieme?” Uno può laurearsi in quello che vuole, ma io volevo sapere perché... Allora mi ha detto che sì è laureato in fisica perché, giunto in America, non trovava un’università americana che accettasse gli ebrei per gli studi di medicina e ne ha trovata una che l’ha accettato in fisica. Così s’è laureato in fisica. Poi, a Cincinnati, ha trovato una facoltà di medicina che lo ha accettato anche se era ebreo e ha conseguito la seconda laurea.

Ora, perché dico tutto questo? Perché mi sembra interessante il fatto che sia stato un ebreo, per la prima volta al mondo, ad aver capito che la psichiatria sia una truffa e un crimine. Mi sembra che sia interessante, se si pensa a quello ch’è successo! I campi di concentramento sono stati imitati e organizzati sulla base di com’erano fatti i manicomi, non il contrario. Szasz, dopo aver esaminato attentamente il mito della malattia mentale, della psichiatria, dice che i giudizi psichiatrici sono arbitrari e falsi. Arbitrari perché? Perché se di uno i può dire che è matto o non è matto come si vuole. Per esempio l’omosessualità: da Freud in poi gli omosessuali sono stati considerati malati di mente e questo è continuato anche nel manuale americano, il famoso DSM Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali. Per tanto tempo s’è scritto che l’omosessualità fosse una malattia, poi un giorno, a una riunione degli psichiatri americani, uno di loro si alza e dice: “Ci sono molti tra di noi che sono omosessuali”. Allora hanno discusso e hanno cancellato l’omosessualità dalle malattie. Ora è chiaro, è intuitivo che l’omosessualità non sia una malattia, però l’hanno cancellata per interesse loro. Ma vi immaginate a un convegno sui tumori che ad alzata di mano decidono se un tumore allo stomaco è una malattia o no? È una cosa che fa ridere, e invece lì, nelle riunioni per il DSM, ultimamente, hanno deciso che il narcisismo è una malattia della mente, per alzata di mano, a maggioranza.

Poi usano sempre parole che non si sa che cosa vogliano dire. Non si sa cosa vuol dire, però comunque... se uno mi sembra troppo affezionato a sé stesso, gli do il cartellino di “malato mentale”, lo sbatto dentro, gli faccio l’elettroshock. Mi ricordo quando sono arrivato a Imola nel 1973: Edelweiss Cotti era già arrivato qualche mese prima e aveva tolto la macchina dell’elettroshock. Lì, fino ad allora, al reparto osservazione facevano l’elettroshock agli omosessuali. Ecco che cos’è la psichiatria: un giudizio arbitrario. E allora smettiamola e ragioniamo in termini concreti sul pensiero e le azioni degli uomini cercando di capirne il significato. Se uno uccide ne risponde alla legge, che decide perché l’ha fatto, se ci sono le aggravanti o le attenuanti; se uno ruba è lo stesso. La psichiatria non c’entra nulla coi tribunali, deve sparire. Perché fintanto che c’è, confonde le idee e rende tutto più difficile.

A volte si dice: “Questa persona ha commesso questo crimine perché quando era bambino ha subito degli abusi” (prendi l’esempio della pedofilia). E per questo viene giudicato come ammalato mentale. Perciò possiamo distinguere due gruppi: le vittime di crimini e gli autori di crimini, che a loro volta – vien detto – possono aver subito abusi.... Si crea un po' di confusione: la psichiatria tratta “vittime” ma tratta anche soggetti che commettono crimini...

Sul rapporto tra psichiatria e crimine faccio un discorso preciso, perché questo rende l’idea. Il discorso è che gli psichiatri attribuiscono a chi vogliono la loro etichetta, indipendentemente da quello che uno è o fa. Per esempio in tribunale, per la stessa persona – l’imputato – non importa quale sia il reato, c’è il pubblico ministero e l’avvocato. L’avvocato vuole che la persona sfugga alla condanna, il pubblico ministero generalmente vuole che la condanna sia data. Allora chiamano i periti psichiatri e il perito chiamato dall’avvocato dice che quello che ha commesso il reato è malato di mente, così non verrà condannano. Nello stesso processo, per la stessa persona, invece il perito chiamato dal pubblico ministero dice che è sano di mente, perché vuole che si becchi la pena. Se la stessa persona, che ha fatto una cosa sola, può essere giudicato da due periti, sano di mente e malato di mente nello stesso tempo, è segno che dire sano di mente o malato di mente non significa nulla. Se invece intendiamo una malattia vera, se un paziente ha il mal di testa, io come medico posso fare la diagnosi su alcune osservazioni che faccio: di anemia ad esempio e un altro medico può fare la diagnosi di tumore cerebrale. Cosa si fa per stabilire la diagnosi? Si fanno gli esami e oggettivamente o è l’anemia o è il tumore cerebrale, o un’altra cosa ancora. Ma se, invece, qualcuno dice che io sono matto e un altro dice che non lo sono, che esami si fanno per vedere se il suo giudizio è vero? I miei colleghi dicono che sono matto perché non credo alle balle che raccontano. Va be'…lo si può dire ad arbitrio.

Torniamo sulla questione. Consideriamo una civiltà ideale dove ognuno ha la sua vita, si vive insieme, si sviluppano cose insieme. Ciò vuol dire che se qualcuno ha bisogno di un bicchiere d’acqua può procurarsi un bicchiere d’acqua... Considerando i temi della salute mentale da questo punto di vista, quando si può considerare qualcuno come un “paziente”? Quando qualcuno, alla luce di quanto appena analizzato, ha bisogno di un maggior supporto rispetto ad altri?

Sotto il profilo della psichiatria il fatto di aver bisogno di aiuto, ammesso che uno ritenga di aver bisogno di aiuto, non è mica una malattia. Mettiamo che io non sappia bene cosa fare, sono confuso perché non so che fare nella mia vita... Questo non è una malattia.

Ok, non è una malattia, ma prendiamo una diagnosi di schizofrenia.

Appunto, schizofrenia non vuol dir nulla. Schizofrenia cosa vuol dire? Siccome si usa sempre questa parola, cosa vuol dire? Mi devono spiegare cosa significa. Io posso sapere cosa vuol dire e so anche come è nata, nel senso che dal punto di vista letterale il cervello è diviso in due, come se ci fossero due personalità. Questo è stato inventato da Eugen Bleuler, uno psichiatra svizzero che guardava le persone nel cortile del manicomio e attribuiva loro quello che loro non erano. Io non ho trovato nessuno che era come diceva Bleuler, ho solo trovato delle persone. Perché si ritorna sempre lì.

Ma è sempre utile; tu fai lo sforzo, sei grande, perché è nuovo il discorso...

Prima ho sentito parlare di pedofilia. Pedofilia è un falso. Perché è un falso? C’è lo stupratore, che può essere stupratore di donne e di bambini; stuprare vuol dire obbligare una persona ad aver rapporti sessuali. Pedofilia vuol dire letteralmente desiderare i giovanissimi. Io posso dire: “Io Giorgio Antonucci, se vedo una ragazzina di dieci anni che mi piace, la posso desiderare”. Il problema non è il desiderio, finché non la tocco. Pedofilia quindi è sbagliato.

Nessun problema per il desiderio, perfino verso un bambino?

Freud ci ha insegnato che i desideri vanno dappertutto, ci ha insegnato che si può desiderare tutto. Il fatto che io desideri tutto non significa che stia commettendo un crimine. Questa è una cosa naturale. Si può desiderare tutto, non è una malattia, a tutti i livelli. Il problema però sta in quello che faccio, perché io posso desiderare tutte le ragazzine che passano, ma se le rispetto, sono affari miei e non è una malattia; se invece le stupro, è un crimine. E del crimine se ne risponde in tribunale, non dallo psichiatra.

Per quanto riguarda lo stupratore, non il pedofilo ma lo stupratore, che sia di una donna o di un bambino, spesso si usa dire, in modo arbitrario: “L’ha avuto nella sua educazione, perciò lo ha ripetuto”. E poi, ancora, le vittime e coloro che commettono crimini... Che qualche volta sono in galera, e possono ricevere aiuto o non averne. Ci sono persone che non si controllano e allora ripetono il crimine. Sono pazienti o criminali?

Non ci sono giustificazioni. Non è che se io ho subito delle violenze da piccolo, allora sono autorizzato a farle da grande. Se faccio delle violenze ne rispondo. Non è neanche vero che se uno è stato vittima, diventa poi carnefice. Uno se stupra è uno stupratore e ne risponde. Perché ha commesso un crimine. Se ha il desiderio di farlo, ma non lo fa, allora sono affari suoi. Il processo ai desideri lo fanno i fascisti. Semplicemente uno che ruba e lo condannano perché ha rubato e poi ruba di nuovo, è uno che sceglie più volte di rubare; ma non è una malattia.

Che cosa dice a proposito dei bambini-soldato in Africa?

Quelli son crimini politici, ma che c’entra la psichiatria? Se prendono i bambini, li inquadrano e li mandano alla guerra, sono dei criminali quelli che li inquadrano e li mandano alla guerra, ma sono crimini di guerra; la psichiatria non c’entra nulla. Per me è un crimine mandarci anche gli adulti in guerra… ma cosa c’entra la psichiatria con queste cose? A Norimberga non si è parlato mica con gli psichiatri, a Norimberga c’erano gli organizzatori dello sterminio di milioni di persone. Li hanno giudicati colpevoli e hanno ricevuto le pene che meritavano. Eichmann, in Israele, è stato processato e condannato a morte per quello che aveva fatto, lo psichiatra non c’entra nulla.

Ok; quello è successo negli anni ’40. Ma consideriamo che una persona sui diciotto anni, che è stata in passato un bambino-soldato, possa agire da nazista a causa del trauma subito... O anche senza una causa specifica come quella. Allora, quand'è che un bambino, un ragazzo, incomincia a essere responsabile? Ad esempio, un bambino che colpisce sua mamma con una bottiglia e le sfregia il volto commette un crimine?

Ora si potrebbe parlare di che cos’è la violenza e del perché anche i piccoli possono essere violenti. È un problema che riguarda l’interpretazione della nostra vita, di cui la violenza è parte. Ma non vedo che c’entri la psichiatria. S’è parlato dei bambini che vengono mandati in guerra; si potrebbe parlare del fatto che quando noi si bombarda Tripoli si ammazzano anche bambini: e allora, il pilota, lo si manda dallo psicanalista?

Parliamo dei casi che tutti leggiamo sui periodici: “un ammalato mentale ammazza”; il quale probabilmente è o è stato in passato diagnosticato e medicalizzato e sta prendendo psicofarmaci. Di solito si tratta di persone che hanno abbandonato le cure psichiatriche e gli psicofarmaci: fino a che punto le loro azioni e reazioni, eccessive o esagerate, sono il prodotto di una psicosi o il risultato di una sindrome da astinenza di psicofarmaci? I giornali spesso riportano queste cose e dicono che una persona “ha commesso un crimine perché ha smesso di prendere gli psicofarmaci”.

Il problema è cosa possa favorire, o non favorire, certe intenzioni che abbiamo. È un problema complicato, ma non si tratta di psicosi, si tratta che, per esempio io, se non ho il coraggio di avvicinare una donna, mi bevo un bicchiere di vino, questo mi dà una certa eccitazione e ce la faccio. Però il fatto di avvicinare una donna è un fatto mio, non del bicchiere di vino. Allora le sostanze chimiche possono favorire o no certe decisioni, ma le decisioni sono nostre. Non siamo delle macchine. Io non sono d’accordo con il fatto che “dipendono dai farmaci”. Per esempio, una persona che beve e si ubriaca, se è violenta con la moglie, è violenta perché questa violenza ce l’ha dentro lei, non è nel vino. Magari quando beve la tira fuori. Non bisogna trasformare le nostre azioni nelle conseguenze di qualche trattamento chimico.

Gli psicofarmaci sarebbe meglio non darli, perché fanno male. E quando poi uno è in astinenza sta male. Ma non credo che uno in astinenza decida di ammazzare qualcuno. Non è che noi siamo così facilmente influenzabili nelle azioni che contano. Nemmeno nelle cose secondarie. Cioè, se una persona uccide è perché ce l’ha in testa, di uccidere, non è lo psicofarmaco che glielo suggerisce. Qui subentra un altro discorso, che influenza tutta la medicina. Noi dalla medicina siamo considerati come delle macchine. Ma non siamo delle macchine. Cioè, non solo noi, ma anche un’ameba è un essere vivente e come tale è qualitativamente diverso da una macchina. Perché la macchina intanto è costruita dall’uomo, mentre l’essere vivente non è costruito dall’uomo. Inoltre l’essere vivente ha una sua complessità per cui è qualitativamente diverso dalla macchina; invece la psicologia ufficiale ci considera alla stregua delle macchine. Il trauma infantile: come se, con un martello, batto sulla batteria e si guasta. Anche noi, se prendiamo un colpo in testa, e io ne so qualcosa,2 non è che cambiamo personalità.

A proposito di schizofrenia volevo dire che questo concetto si usa continuamente nella nostra cultura. Alcuni giornalisti dicono: “Questo è un comportamento schizofrenico”, intendendo, se si utilizzasse il termine preciso e non espressioni che non hanno senso, che uno è “contraddittorio”. Nel senso che spesso siamo contradditori, si dice una cosa e se ne fa un’altra, si fa un programma e se ne esegue un altro. Ma in tutto questo non c’entrano né la psichiatria, né i termini della psichiatria.

 

2ª partesegue

(da 'l Gazetin, novembre 2014)

 

 

1 Anders Behring Breivik, inizialmente giudicato da una perizia psicotico e affetto da schizofrenia paranoide, il 10/04/2012 è stato dichiarato sano di mente dalla controperizia e penalmente responsabile. È stato condannato a 21 anni di reclusione il 24/08/2012. Ndr

2 Antonucci si riferisce qui al terribile colpo in testa ricevuto da uno sconosciuto mentre si trovava alla stazione di Firenze, di ritorno da una conferenza.


Foto allegate

Giorgio Antonucci con Thomas Szasz. Firenze, 2004
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