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Enrico Marco Cipollini. L’odissea di Galilei (1564 – 1642)
20 Ottobre 2014
 

Paradossalmente esistono teorie che quotidianamente usiamo o prendiamo già come scontate quali l’applicazione della Matematica alla Fisica o il moto rotatorio della Terra attorno al Sole. Invece nel pensiero umano si sono spremuti i migliori ingegni per convalidare queste tesi e risolverle dal punto di vista teoretico. Il filosofo, matematico, astronomo pisano Galilei è uno di questi ingegni e magari si usa il suo pensiero durante le nostre attività, senza neppure accorgerci delle difficoltà teoretiche cui si va incontro.

Lungi dall’esporre analiticamente il pensiero del grande pisano o di enumerare le sue scoperte e costruzioni, mi proporrò di centrare quei punti cardine del suo pensiero sempre inscindibilmente legato alla vita pratica.

Galilei nasce nel 1564 a Pisa (l’anno in cui si spegne Michelangelo) da famiglia fiorentina. Frequenterà la facoltà di Medicina di codesto Ateneo ma senza successo poiché portato alle “scienze esatte e fisiche”. Abbandonerà Pisa per studiare Matematica a Firenze.

Già ventisettenne, ottiene un posto di lettore all’università pisana. È l’epoca in cui la morte del padre, Vincenzio, valido musicologo, lo costringe a sostenere le spese di mantenimento della famiglia. Questa contava, oltre la madre, ben quattro fratelli tra cui Virginia che sta per sposarsi e reclama la dote; ugualmente il fratello Michelangelo, per attendere agli studi di musica, abbisogna di sussidi. Galileo si trova nelle più difficili condizioni economiche. Passerà quindi all’università padovana dove avrà, oltreché un miglior stipendio, una maggior libertà di pensiero. Dopo 18 anni, ritornerà in Pisa come Matematico e Filosofo al servizio del Granduca di Toscana. Ma la sua “odissea” è ben lungi da finire. Nel 1616 si chiude un lungo processo consumato dal Tribunale del Sant’Uffizio a Roma, con l’esplicita condanna di Galileo di non professare la teoria copernicana.

Nel 1623 pubblica il Saggiatore contro gli accademici del tempo ed in particolare contro il gesuita Orazio Grassi.

Per il Dialogo sopra i due massimi sistemi del Mondo, Galilei subisce un secondo processo che si conclude con la famosa abiura del 21 Aprile del 1633, pronunciata nel convento domenicano di Santa Maria sopra Minerva.

In ginocchio e con la mano sopra il Vangelo, suonano le amare parole: “la proposizione che il Sole sia al centro del Mondo e immobile, è assurda e falsa in filosofia, e formalmente eretica per essere contraria alla Santa Scrittura… Io abiuro e maledisco sinceramente gli errori e le eresie suddette…”

Gli ultimi anni della sua vita, ormai cieco e sofferente per la morte della figlia, suor Maria Celeste, sarà costretto a vivere in segregazione ad Arcetri, località sopra Firenze. Ma proprio lì scriverà un’opera di capitale importanza, Il Dialogo Intorno alle Scienze Nuove, pubblicato in Olanda nel 1638. Galilei si può affermare che sia stato il continuatore e il genio più possente del Rinascimento, sostenendo l’autonomia della Scienza dalle questioni bibliche e teologiche.

E ciò non lo sostenne ex cathedra, ma lo dimostrò l’atteggiamento con il quale affrontò la sua battaglia.

Convinto che la reale interpretazione dei Sacri Testi non sia in antitesi con la Scienza, e come dice giustamente il Geymonat:* «Ecco dunque delinearsi, nell’animo di Galilei, l’ambizioso programma di evitare l’irrigidimento della Chiesa in una posizione scientificamente sbagliata…»

Alla fine, pensava Galileo, la forza delle argomentazioni avrebbe ottenuto il sopravvento, e la Scienza avrebbe trovato nella potenza della Chiesa, non un ostacolo, ma un appoggio al proprio sviluppo. E con questo stato d’animo, si reca a difendere davanti al Sant’Uffizio le proprie tesi. Eppure similmente ad altri scienziati del suo secolo (come Descartes), poteva tenersi per sé la convinzione personale della validità della tesi copernicana. Bellarmino, influente e potente cardinale, lo aveva sconsigliato di rendere pubblica la sua teoria. Ma già le scoperte annunciate nel Sidereus Nuncius (Venezia, 12 Marzo 1610), la sua autorità scientifica, il suo spirito rinascimentale, non potevano venire ad alcun compromesso e soprattutto con le remore aristoteliche che frenavano la ricerca scientifica.

Aristotele dice Galilei – fu un uomo, vedde con gli occhi, ascoltò con gli orecchi, discorse con il cervello. Io sono un uomo, veggo con gli occhi e assai più che non vedde lui: quanto al discorrere, credo che discorresse intorno a più cose di me; ma se più o meglio intorno a quelle che abbiamo discorso ambedue lo mostreranno le nostre ragioni e non le nostre autorità.

Il discorso sul “principio di autorità” è ben preciso: Galileo dice le nostre ragioni e non le nostre autorità. Aristotele aveva basato aprioristicamente il sistema cosmico facendolo combaciare con la sua teoria filosofica.

Aveva accentuato con la teoria del Motore Immobile, il carattere finalistico dell’antica cosmologia.

I seguaci di Aristotele si erano dimostrati infine al di sotto del loro maestro, subordinando la sperimentazione alla logica astratta.

Ben si può dire che Galileo ha rispettato il pensiero di Aristotele, subordinando l’aprioristico all’indagine scientifica, all’esperienza.

Con la stessa foga Egli difende la teoria copernicana contro le concezioni ad litteram (alla lettera) della Sacra Scrittura (Lettere Copernicane inviate a Benedetto Castelli, lettore di Matematica a Pisa; a Monsignor Dini e a Cristina di Lorena, Granduchessa di Toscana) quali l’antropomorfismo, l’interpretazione biblica del “fermati o Sole”, la differenza tra linguaggio Scientifico e Biblico.

Scienza e Fede non sono in contrasto, ma è necessario liberare la Natura dalla subordinazione di un rozzo finalismo, per avere una visione più ampia della Realtà Naturale, senza volerla sottomettere agli umori variabili degli uomini. La Scienza della Natura non può permettere questa gretta interpretazione e ciò significa darle Autonomia dal pensiero religioso che può vedere la finalità della vita umana, ma ciò – ribadisce Galileo – non può implicare una partecipazione attiva della Scienza. Questa, basandosi su dati sperimentabili, non può dare nessun giudizio positivo o negativo sulla moralità umana.

Nell’opera “Il dialogo sopra i massimi sistemi” manifesta apertamente la simpatia per i sostenitori di Copernico (l’astronomo polacco). I protagonisti sono Salviati, colui che saggiamente dirige il dialogo (e si può identificare con l’autore), Sagredo, che lo sostiene e ridicolizza Simplicio, ovvero il paladino della tradizione aristotelica. E nel Dialogo assistiamo alla demolizione della teoria tolemaica (il Sole che girerebbe attorno al nostro pianeta) e alla dimostrazione della teoria copernicana. Ciò non implica che Galilei neghi Dio, tutt’altro! La Natura è come la sacra scrittura, opera di Dio. Ma mentre la scrittura si volge al sovrannaturale, al metafisico per raggiungere la salvezza dell’anima, la Natura è invece il campo nel quale opera l’intelletto, il senso e il discorso.

Quindi tra “religione” e “natura” non esiste abisso ma, solamente, diversità d’indagine, di modo di interpretare. La Filosofia è scritta nell’universo e per conoscere, per chiarificare bisogna studiarla con la Matematica perché questa è l’alfabeto del mondo (tipico platonismo di cui risente quando afferma che il mondo è scritto in caratteri geometrici e matematici – Sidereus Nuncius. Con ciò non si vuol affermare che Galilei fosse un neoplatonico ma che tale corrente era ben viva). Il primato della teologia non è dovuto al presupposto che sia “la regina delle scienze” ma perché porta alla salvezza spirituale.

Ogni interferenza (come i teologi sostengono che il sapere umano si deve adeguare alla religione) è gratuita e porta alla confusione dei campi di indagine. Per Galilei il sapere matematico permette di arrivare alla certezza, alla verità obiettiva in quanto la chiave per conoscere la Natura è costituita dall’alfabeto matematico (triangoli, cerchi e altre figure geometriche e matematiche).

Si raggiunge in questo modo una verità simile a quella di Dio, il quale però supera la sapienza umana (non qualitativamente) per estensione in quanto Dio abbraccia tutta la realtà.

La realtà – per Galileo – non è la qualità che ci è fornita dai sensi ma è conoscenza che si limita alla natura stessa del fenomeno. E il fenomeno si può ridurre a quantità, a misurarlo. È l’atto di nascita della scienza fisico-matematica di cui fu cosciente interprete e fondatore.

A differenza di Descartes, Galilei non offre un “metodo” ma il suo programma fu “esperienza” ed “osservazione”.

L’esperienza precede la Matematica e ci fornisce mezzi utili per la continua verifica e dona sempre allo scienziato nuovi problemi. Ma proporre problemi non significa necessariamente risolverli. Si ricorre all’induzione non per analizzare ogni caso, ma fino a trovare dei casi “particolari” in cui esiste “una determinata proprietà da estendere ad altri tipici casi”. Dopo l’ipotesi, si formula una legge che deve rispondere all’esperimento. Ma l’induzione da sola non può mai dare una certezza assoluta, solo la deduzione è certezza. Tramite “analisi induttiva” e “sintesi deduttiva” si permette all’uomo di giungere alla constatazione della verità oggettiva.

L’Universo ci si presenta come una gigantesca e precisa macchina il cui andamento si scopre tramite chiara razionalità e precise regole matematiche. Questa grandiosa concezione unitaria dell’Universo, sarà l’avvio di un nuovo modo di pensare.

Con Galilei si apre quel grande processo con il quale si esprime la fiducia incrollabile nella ragione umana (sua grande attualità in periodi di crisi dove l’uomo preferisce abbandonarsi a forme di irrazionalismo) contro ogni tentativo oscurantista. E perciò che alcuni studiosi vedono in Lui un precursore dell’illuminismo.

Ma sta di fatto che le parole nel Dialogo con cui lo scienziato pisano aveva formulato la sua perenne fiducia nella ragione, sono state comprovate appieno da successi pratici e teorici della Fisica e di ogni Scienza. Se la vecchia Fisica aristotelica aveva diviso, anzi messo in antitesi il mondo celeste da quello terreno, Galilei aveva risposto con lucidità a questa concezione metafisica, fatta più di vane superstizioni che di logica coerente. La sua “Odissea” per l’autonomia di pensiero dell’uomo è sempre stata crudele ed impietosa per opera dei Simplicio che ancor oggi si incontrano sotto diversi nomi. Se Galilei fu considerato più pernitioso di Calvino e Lutero perché aveva infranto antichi privilegi che si celavano sotto le teorie e la retorica di coloro che si consideravano i depositari della verità, sotto l’egida di Aristotele. Ma come abbiamo avuto modo di chiarire, Galilei non subordinando l’esperienza all’aprioristico, è stato semmai il più fedele seguace di Aristotele, superandolo.

Con Galileo abbiamo l’uomo di Copernico che non va inteso come semplice sostenitore di una teoria astronomica ma soprattutto quale Homo Novus che combatte ogni tipo di autoritarismo, di falsi preconcetti e li combatte con chiara razionalità.

E la ragione non è un compartimento stagno ma il concepire il tutto in un processo unitario sia questo il progredire della Scienza sia il libero pensiero e l’uomo, la sua dignità, in generale.

Questa visione di un processo unitario del progredire è la visione più ampia e rispondente al pensiero dell’uomo copernicano.

Lo stesso Galilei oltre ad essere stato uno scienziato è stato un letterato (conosceva molto bene Virgilio, Orazio, Ovidio, Seneca); un uomo che non ha vissuto nel chiuso del suo laboratorio ma è sempre stato a contatto con i problemi del mondo, sostenuto dall’incrollabile fede nella ragione. Ha vissuto epidermicamente la sua vita contro l’irrazionalismo e con questo animo affrontò il processo intentatogli dal Sant’Uffizio, convinto com’era delle sue argomentazioni. In Galilei abbiamo l’incontro, il connubio dello scienziato, del letterato, dell’umanista, dell’assertore della forza della Ratio, inscindibilmente legata al progresso della civiltà intera.

 

Enrico Marco Cipollini

 

 

* Ludovico Geymonat, Storia del pensiero filosofico e scientifico, Milano 1970 / 76 – 2° volume, p. 200.

Confronta anche, dello stesso, Galileo Galilei, Einaudi Torino.


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