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Gordiano Lupi. Le innovazioni del sistema cubano 
Un 2011 di cambiamenti formali e sostanziali
02 Gennaio 2012
 

Persino Fidel Castro ha abbandonato il sogno utopistico di una società egualitaria. Cuba sta cambiando, poco a poco, anche se definisce il sistema economico-politico ancora con l’aggettivo comunista.

Raúl Castro ha permesso ai cubani di dare vita a piccole attività commerciali, ha concesso il diritto di vendere case e veicoli usati, ha persino autorizzato investimenti stranieri, autorizzando la costruzione di veri e propri simboli del capitalismo come i campi da golf.

Raúl Castro non parla mai di riforme, ma di modernizzare il sistema socialista. La pianificazione centralizzata resta la colonna portante del sistema economico cubano. In ogni caso i cambiamenti cercano di far fronte ai difetti strutturali del sistema comunista, abbandonando una cultura paternalistica e attaccando la burocrazia parassitaria, senza mettere in discussione il potere assoluto del governo. Il Presidente cubano vuole dare più spazio alla piccola impresa e al tempo stesso cerca di ridurre le spese improduttive statali, riscuotendo maggiori imposte dai lavoratori privati. Va da sé che la maggior parte delle imprese private verranno aperte da chi è in grado di ottenere aiuti da familiari e amici residenti all’estero. Realizzare questi cambiamenti non è stato facile, perché certi settori statali hanno opposto una forte resistenza ideologica. I tagli alla tessera del razionamento alimentare (libreta) sono stati importanti e dolorosi, perché hanno colpito i più poveri, al punto che sono aumentate le richieste di pasti gratuiti presso le mense della Chiesa cattolica. Vediamo i cambiamenti più importanti.

 

I lavoratori privati (cuentapropistas)

 

La possibilità di esercitare un lavoro privato è la riforma più importante, il provvedimento più atteso da parte del cubano medio, in un Paese che nel 1968 aveva nazionalizzato tutto, persino i piccoli carretti che vendevano alimenti. Oggi ben 357.000 persone hanno preso la licenza per svolgere un lavoro privato, in alcuni settori controllati (pagliacci per feste, venditori ambulanti, ristorazione, affittacamere…). La maggior parte di questi lavoratori privati guadagna cifre molto superiori ai 20 dollari mensili che è il salario medio di un dipendente statale. Nel 2011 è stato concesso alle imprese private di avere dei lavoratori dipendenti e di contrattare il loro stipendio, un provvedimento impensabile secondo la mentalità marxista che definiva una situazione simile come sfruttamento dell’uomo sull’uomo. Gli imprenditori privati possono affittare negozi di proprietà statale e persino promuovere i servizi tramite pubblicità telefonica, un tempo considerata manifestazione di deleterio consumismo. Molte imprese statali diventeranno private, inoltre il governo sta studiando una riforma fiscale e prestiti bancario per agevolare le attività in proprio.

L’entusiasmo dei primi tempi si è un po’ affievolito, perché il 20% dei lavoratori privati avrebbe rivenduto la licenza dopo aver verificato che non esistono margini di guadagno per tutti. I cubani si lamentano perché le attività consentite dalla legge sono poche, inoltre non ci sono venditori all’ingrosso dove acquistare le materie prime e alcune tasse sono ritenute inique. Per esempio, chi affitta camere paga le stesse imposte, indipendentemente dalla rendita, persino se non ha turisti.

 

Accesso al credito

 

I cubani adesso possono ottenere prestiti bancari per costruire o ristrutturare le loro abitazioni. Gli agricoltori privati possono aprire conti correnti bancari e ottenere prestiti. Resta l’incertezza sul futuro e molti operatori non si fidano ad aprire conti correnti, perché temono che lo Stato possa confiscare il denaro in presenza di una crisi finanziaria.

 

Il dilemma dell’agricoltura

 

L’agricoltura rappresenta un problema importante, visto che Cuba importa dal 60 all’80% del fabbisogno alimentare. A novembre sono stati concessi 3,4 milioni di acri di terre inutilizzate a 170.000 agricoltori privati. Chi coltiva la terra in proprio adesso può vendere i prodotti direttamente ai consumatori e ai centri turistici, perché è stato rimosso l’obbligo di negoziare con lo Stato. Presto le concessioni verranno estese da 33 a 165 acri a testa, la durata dell’affitto passerà da 10 a 25 anni ed è probabile che si affermi il principio della ereditarietà della concessione agraria. Gli agricoltori potranno costruire abitazioni e annessi nei terreni in affitto e saranno rimborsati per i miglioramenti effettuati in caso di non rinnovo della concessione. In ogni caso ci sono ancora 2 milioni di acri di terre incolte e la maggior parte delle attività commerciali deve essere realizzata tramite inefficienti agenzie statali. Pare che funzionari del partito comunista si stiano impadronendo delle terre migliori e che ottengano con grande facilità semi e fertilizzanti, cosa molto più difficile per i comuni mortali.

 

Vendita di case e veicoli

 

Il provvedimento che autorizza la vendita di case e veicoli ha destato molto interesse ed è stato salutato come un riconoscimento senza precedenti della proprietà privata. In realtà si è trattato di una semplice legalizzazione di attività che stavano verificandosi da tempo ricorrendo a sotterfugi come la permuta (scambio di case dal valore simile). Il governo ha eliminato molte restrizioni sulla vendita di materiali edili ai privati e ha ridotto i prezzi. Dal giorno dell’autorizzazione a oggi sono state vendute 360 case e ci sono state 1.600 donazioni (un modo per legalizzare vendite non in regola). A Cuba mancano le case, molte sono state divise tra i componenti di una famiglia, quindi non è facile censire il patrimonio immobiliare. Si parla di 600.000 case in un paese con 11.200.000 abitanti. Le vendite di veicoli usati, nel primo mese di vigenza della legge, ammontano a 3.310 e le donazioni a 994. Prima del provvedimento si potevano comprare e vendere solo i veicoli immatricolati antecedentemente al 1959, mentre oggi tutti i veicoli usati possono essere venduti. I nuovi veicoli, invece, sono concessi solo a cubani in sintonia con il governo e che hanno lavorato per il Paese, come i medici che prestano servizio in Venezuela.

 

Ridurre i controlli

 

Ridurre i controlli sull’economia è la parte più difficile del programma, soprattutto per quel che riguarda le imprese statali. Il Ministero dello Zucchero e le Poste sono diventate imprese di Stato e dovranno operare secondo criteri di efficienza e di autonomia. In ogni caso le nuove imprese dipenderanno da una pianificazione centralizzata, secondo antiche regole di economia socialista. Dovrebbe essere ammesso il ricorso all’investimento straniero nel settore dello zucchero, così come è stato approvato il finanziamento estero per alcuni centri turistici con campi da golf costruiti su terreni statali e affittati per 99 anni.

 

La libertà di uscire dal proprio Paese

 

Raúl Castro ha detto che sta studiando una riforma migratoria, ma che lo farà con i tempi dovuti, vista la situazione delicata dei rapporti tra Cuba e Stati Uniti. I cubani chiedono con urgenza di poter viaggiare senza limitazioni e soprattutto senza dover sottostare ai controlli della Sicurezza di Stato per il rilascio del permesso di uscita. Dovrebbe essere eliminato l’aberrante concetto giuridico di uscita definitiva per i cubani non desiderati e non in sintonia con le idee del governo.

 

Il prezzo delle riforme

 

Le riforme hanno un prezzo da pagare nei settori della salute, educazione e benessere sociale, vecchi fiori all’occhiello del regime, ma in decadenza dal 1991, dopo la caduta dell’Unione Sovietica. Si stanno chiudendo alcune cliniche di quartiere, le Università riducono le iscrizioni per certe discipline, molti alimenti sono stati tolti dalla tessera del razionamento alimentare e non vengono più venduti a prezzo politico. Alcune riforme annunciate sono rimaste lettera morta e nessuno ne parla più da tempo, cose come un piano per licenziare 500.000 impiegati statali e uno per vincolare i salari alla produttività.

Da un punto di vista politico, il sistema non accenna a cambiare. Cuba è retta da un governo a partito unico, ci sono rigidi controlli sui mezzi di comunicazione e chi si oppone subisce dure repressioni.

I cambiamenti economici prodotti da Raúl Castro non sono pura cosmesi, come dicono i più duri oppositori del regime, ma non possono neppure essere definiti cambiamenti strutturali per riformare il sistema. Alla base del progetto c’è la volontà di conservare il potere modernizzando il socialismo secondo il modello cinese, aprendo all’iniziativa privata ma senza alcun spiraglio in tema di libertà civili.

 

La visita del Papa

 

In questa situazione economico-politica arriva la seconda visita di un Papa a Cuba, dopo il viaggio epocale di Giovanni Paolo I. Benedetto XVI sarà sull’Isola dal 26 al 28 marzo e durante l’ultimo giorno di permanenza celebrerà una messa in Piazza della rivoluzione all’Avana. Il Papa sarà ospite dei vescovi cattolici e del cardinale Jaime Ortega, ma sarà ricevuto con tutti gli onori dal generale Raúl Castro. La scusa ufficiale è l’anno giubilare, il festeggiamento dei 400 anni dall’apparizione della Vergine della Carità del Cobre a Santiago di Cuba (1612), dove è stato edificato un santuario. I bene informati dicono che la Chiesa cattolica ha pronto un progetto per favorire l’apertura in senso democratico della società cubana.

Non resta che attendere…

 

Gordiano Lupi


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