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Alfonso Gianni a Trento: battere il marchionnismo valorizzando il lavoro
23 Gennaio 2011
 

Trento, 22/01/2011 – Non c’era più nemmeno un posto a sedere, ieri sera, nella sala della circoscrizione San Giuseppe/Santa Chiara, a testimonianza di quanto coinvolga e preoccupi il tema del lavoro che manca e della crisi economica che giustifica l’annullamento dei diritti dei lavoratori, sul quale Sinistra Ecologia Libertà del Trentino ha chiamato i trentini a discutere con Alfonso Gianni – della direzione nazionale di Sinistra Ecologia Libertà, già sottosegretario allo Sviluppo economico nel Governo Prodi – e Roberto Grasselli – segretario provinciale della FIOM CGIL.

Introducendo il dibattito Agostino Catalano, portavoce di SEL del Trentino, ha sottolineato che «in una grave crisi da cui non si esce, dove continua a calare il valore reale del reddito, aumenta la disoccupazione giovanile e la precarietà, la risposta delle imprese – non solo di FIAT – è l’aumento dei ritmi di lavoro e la scarnificazione dei diritti, così nell’industria, come nel commercio o nei lavoratori della conoscenza. Un taglio ai diritti che coinvolge quasi naturalmente anche i diritti sindacali e di rappresentanza. Per questo la coraggiosa risposta dei lavoratori di Mirafiori, merita che tutta la sinistra non li lasci soli e anzi accolga il loro messaggio universale che nessun ricatto può esserci di fronte alla dignità della vita e del lavoro, per questo Sinistra Ecologia Libertà è con loro, a partire dall’adesione convinta allo sciopero proclamato da FIOM CGIL per il prossimo 28 gennaio».

Ed è proprio dal 37% di “no” dei lavoratori di Pomigliano, divenuto quasi il 50% a Mirafiori, che ha voluto partire Alfonso Gianni. Lavoratori che con il loro coraggio hanno cambiato l’agenda politica e sociale del Paese. Marchionne e il “marchionnismo” sta diventando – nel vuoto della politica in Italia – l’unica proposta di uscita da destra dalla crisi, fondata su una lucida«strategia che pone l’impresa al centro, prevalente anche rispetto alle leggi dello Stato dove si opera; un’impresa che deve sfruttare al meglio gli impianti – che sono il vero costo di produzione – comprimendo i tempi di lavoro (riducendo le pause, spostando la mensa a fine turno, strutturando molte ore di straordinario obbligatorio, militarizzando le fabbriche). Ed infine riportando le relazioni sindacali a quelle dell’America degli anni ’20 (no Union), fino ad impedire di fatto il diritto di sciopero attraverso accordi sindacali. Ma il diritto di sciopero è per Costituzione un diritto del singolo, dunque non è nemmeno a disposizione del Sindacato». Alla ricetta Marchionne, che sta facendo scuola nel Mondo, va risposto da sinistra ponendone in luce anzitutto le contraddizioni interne: ma come aumentare la produzione quando gli stabilimenti sono chiusi e gli operai in cassa integrazione perché la produzione auto mondiale è del 30 per cento superiore alle potenzialità di assorbimento del mercato? E, soprattutto: non c’è progetto industriale per il futuro. L’accordo così violento nei confronti dei lavoratori, serve per produrre per il mercato estero auto di grossa cilindrata, SUV, inserendosi in un settore già saturo. Dunque il progetto Marchionne crolla sulle stesse basi su cui viene costruito.

Per battere il marchionnismo, allora, ha concluso Alfonso Gianni,«bisogna valorizzare il lavoro e rivedere l’oggetto della produzione. Ha ragione FIOM quando dice che il problema è la mobilità delle persone e delle cose, perché significa che l’impresa dovrebbe investire in ricerca per risolvere il problema mobilità e non solo per cambiare il modello di auto, per cambiare radicalmente cosa produrre: auto ad idrogeno? nuovi modi di interscambio tra mezzi pubblici e privati?». L’uscita dalla crisi, insomma, non c’entra con il lavoro operaio e la compressione antistorica dei sui diritti, ma con l’investimento corposo nella ricerca.

Convenendo con l’analisi di Alfonso Gianni, il segretario provinciale della FIOM CGIL Roberto Grasselli ha ripercorso tutte le tappe dell’accordo non siglato con FIAT, ed ha poi sottolineato due aspetti: che«la FIAT, paradossalmente, richiamandosi allo Statuto dei lavoratori, affossa anni di lotte per la democrazia sindacale in fabbrica. L’accordo elimina le RSU per tornare alle RSA. Se passa questo in FIAT, minerà tutto il mondo del lavoro e i lavoratori torneranno ad essere più soli e senza tutela». E che la risposta dei lavoratori è stata netta nel dire no «ad una condizione del lavoro operaio disumana, specie per uno stabilimento che ha una media di età tra gli operai di 48 anni. Nonostante il ricatto, alle catene di montaggio hanno risposto massicciamente no. Da qui FIOM riparte con lo sciopero del 28 gennaio, assieme a tutti quelli che credono nel valore del lavoro e nella dignità della persona anche nella catena di produzione».

Un dibattito intenso e spesso ricco di emozioni si è protratto sino a notte inoltrata. Il cui filo di congiunzione è stato che i lavoratori non vanno e non saranno lasciati soli né a Pomigliano, né a Torino, né in Trentino, dove viene rimandata al mittente la dichiarazione della presidente degli industriali che pensa ad estendere il modello Marchionne anche al nostro tessuto produttivo.

 

Sinistra Ecologia Libertà del Trentino


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