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“Per Dio, mi considero un essere vivente... un cubano, un avanero!” Yoani Sánchez intervista Juan Juan Almeida (2ª parte)
14 Aprile 2010
 

Ti consideri un dissidente, un oppositore del governo o qualcosa di simile?

Mi dai poche possibilità di scelta. Non mi considero né dissidente né oppositore e meno che mai qualcosa di simile. Ho imparato a convivere con le situazioni, sono tutto e niente. Ho opinioni politiche ma non sono un politico, ho un blog e non sono blogger, ho amici militari ma non sono un militare, ho amici stranieri ma non sono straniero, sono amico di Ventolera (il magro imbroglione che dicono sia abile a rubare biancheria dagli stenditoi) ma non sono un ladro, ho la voce ma non sono un annunciatore televisivo, ho moltissimi amici gay ma… Bene, di questo argomento parleremo dopo. Ma lo sai che una volta, solo per farmi tacere, mi hanno offerto un lavoro importante e pure qualche regalino? Ti ho mai raccontato di un amico dissidente che mi ha chiesto di entrare nel suo partito? Ti ho mai detto che a Villa Marista mi invitano sempre a comportarmi bene se voglio ottenere il permesso di uscita? Ho mai menzionato di aver ricevuto alcuni giorni fa uno strano messaggio per bocca di un Generale? Per Dio, mi considero un essere vivente, un animale, un uomo, un cubano, un avanero che vuole soltanto il benessere della sua famiglia, dei suoi amici, degli amici degli amici e di tutto il suo paese. Mi piace una poesia del mio amico Roger Silverio quando dice: “Stanco, mio Signore, sono stanco, è molto grande il compito che mi hai dato/ E da quanto sono stanco, ho quasi dimenticato, la tua promessa di un mondo restaurato”.

 

È vero che hai una stanza privata a Villa Marista, il quartier generale della Sicurezza di Stato? Sei mai stato sottoposto a trattamenti crudeli, torture fisiche o psicologiche? Ti hanno mai proposto di collaborare con loro?

La sola cosa vera e curiosa è che ogni volta che mi hanno portato a Villa Marista ho avuto il privilegio di dormire nello stesso letto della medesima cella… scusa, volevo dire stanza presidenziale. Ma stai bene attenta, hanno cambiato il mio numero, il mio accompagnatore e persino l’istruttore. Chiaro, quest’ultimo si è scusato e mi ha spiegato che era impegnato a portare a termine un lavoro fuori dell’Avana. Non faccio il suo nome perché lui mi ha pregato di non dirlo e quindi rispetto la sua privacy. Non sono mai stato trattato male, nessuno mi ha mai picchiato, nessuno mi ha strappato le unghie e mi hanno fatto vedere persino la corrispondenza. Ma attenzione, una misura cautelare che dura più di una sanzione di un delitto non commesso potrebbe essere una violazione dei diritti, essere incarcerato senza un motivo potrebbe essere un maltrattamento, sentirsi e vedersi perseguitato da persone e auto delle quali possiedo foto potrebbe essere una sorta di fustigazione, il fatto che non mi permettono di uscire per farmi visitare da un dottore potrebbe essere una specie di tortura fisica, e il mero e insignificante fatto di tenermi lontano dalla mia famiglia per capriccio e ordine di un signore, potrebbe essere considerato una pressione psicologica. Soprattutto perché tutte queste cose sono sempre accompagnate da un amabile: “Comportati bene”. Se mi hanno proposto di collaborare? No, non me l’hanno chiesto; ma credimi, secondo i manuali del KGB che ricordo, le persone da reclutare devono avere certe caratteristiche. Non so se posso affrontare questo argomento senza violare nessuna legge, ma ti dico subito che uno come me non rientra nei loro profili.

 

Ultimamente ti sei messo a uscire per strada brandendo cartelli. Cosa dicevano? Cosa cerchi di ottenere con questa protesta pubblica?

No, ultimamente no, ho sempre usato i cartelli per esprimere le mie opinioni. Il primo l’ho esposto che ero soltanto un ragazzino. Sono stato un Pioniere José Martí e avrei voluto essere come l’apostolo. In quella prima occasione il cartello diceva: “Voglio essere come Martí”. Bada bene, non dicevo niente contro Che Guevara né contro le parole d’ordine da piccolo pioniere, ma mi punirono lo stesso. Più tardi, frequentando il liceo in campagna, esposi un lenzuolo dal balcone dove c’era scritto in lettere nere: “Maestri, noi alunni oggi non vogliamo andare a lavorare in campagna, siamo stanchi, per favore, sostituiteci”. I maestri non compresero che stavo soltanto chiedendo un favore. Per tutta la settimana non mi fecero uscire. A mia moglie e mia figlia ho riempito la casa di cartelli. Nel bagno, sugli specchi… E veniamo all’anno 2005, quando mi presentai davanti all’ufficio immigrazione del municipio Plaza con un cartello che diceva: “Ho bisogno del permesso di uscita dal paese per me e per mia moglie”. Me lo tolsero. Nello stesso anno mi recai in Piazza della Rivoluzione con un cartello che diceva la stessa cosa. Mi fermarono e confiscarono il cartello. Alla fine del 2009 mi dissero a Villa Marista che il mio caso era chiuso e che avrei potuto sollecitare la consegna del permesso di uscita, ma il giorno dopo mi chiamarono per revocare la decisione presa. Per questo tornai in Piazza della Rivoluzione con uno striscione, ma questa volta era bianco. Questo sì che fu un problema, gli agenti non compresero e nonostante le mie spiegazioni non credettero che pensavo di scriverlo sul posto. Il problema è che la gente intelligente è sempre molto complicata. L’ultimo cartello risale a dicembre. Un ufficiale di Villa Marista mi aveva assicurato che entro un certo giorno il mio caso sarebbe stato deciso definitivamente. Quel giorno mi sono presentato, ma non c’erano novità. Mi sono sentito preso in giro, sono uscito diretto verso la casa di Raúl, ma mi hanno fermato in 5ta avenida con il mio nuovo cartello in mano che diceva: “Signor Presidente, rispetti la legge, rispetti i miei diritti”. Non ho mai voluto mancare di rispetto a nessuno, non sono un uomo coraggioso, i miei cartelli non offendono, non creano pubblico scandalo, ma cercano solo di richiamare l’attenzione delle persone alle quali sono diretti. Niente di più. Ho già detto a Villa Marista che a loro piace molto inventare eroi, figure, miti, storie, leggende, personaggi e nemici. Mi stanno trasformando in qualcosa che non sono.

 

Da una settimana hai aperto un blog su internet intitolato La voz del Morro. Qual è il contenuto di questo blog? Chi ti ha fatto partecipare alla blogosfera alternativa cubana?

Ho ripetuto infinite volte che non mi lasciano uscire da Cuba per un incredibile capriccio del mio signor Presidente, che ho scritto lettere, che ho cercato di uscire illegalmente… Arrivato a questo punto e sapendo che non sono un caso isolato, ho aperto il mio blog lavozdelmorro.wordpress.com come una finestra libera per gridare, testimoniare ed esporre a mondo il volto di coloro che oggi sono soltanto fantasmi. Non voglio frugare tra le ferite di nessuno, ma voglio soltanto ricevere le testimonianze di tutte quelle persone che per un capriccio di un potente non possono uscire da Cuba, ma anche di coloro che non possono rientrare. Voglio accogliere la protesta di chi come me è vittima di un’assurda proibizione che, più che separare, ci unisce. La cosa sorprendente è che molti scelgono la paura e non parlano, sperando che il governo li assolva per ciò che non hanno commesso. Comprendo la loro scelta, mi hanno scritto nascondendosi dietro pseudonimi, ma io voglio storie, non racconti. Voglio persone che mettano la loro faccia nel mio blog. Senti, non mi piace parlare di blogosfera alternativa cubana, quel nome non mi va, per questo voglio chiarire che non siamo un partito e che non abbiamo fatto nessun accordo. Voglio raccontarti una storia. Una mattina mi trovo a parlare con una persona che a un certo punto afferma che io voglio assomigliare a una certa Yoani Sánchez. Ti giuro, non avevo mai sentito quel nome e per questo cominciai a chiedere in giro con la sola intenzione di sapere con chi mi stavano comparando. La mia curiosità andò alle stelle dopo aver letto ciò che aveva scritto Fidel Castro nel prologo di un libro. Una sera, quando mi ero quasi dimenticato di quel piccolo nome, mentre stavo scrivendo in casa mia, ho ricevuto un sms che diceva: “Sono Yoani, se mi vuoi conoscere mi trovi in casa di…” (un amico che non voglio menzionare). Ho risposto al sms: “Non solo vengo subito a incontrarti ma ti bacerò i piedi se te li sei lavati”. Ho lasciato quel che stavo facendo illudendomi che avrei conosciuto una mulatta sexy, alta, procace e formosa. È stata una tremenda delusione, amica mia, perché nella casa di quel mio buon amico, seduta sul suo unico divano, c’era una ragazza magra, bianca, con delle belle gambe, ma troppo casta per i miei gusti. E questa sarebbe Yoani Sánchez? Mi sono chiesto.

È stato così che ho conosciuto una donna affascinante e suo marito, uomo dotato di un carattere altrettanto seducente. Mi hai invitato a casa tua e ci sono venuto, sono entrato nell’ascensore e insieme a me sono saliti due giovani che ho osservato di nascosto. La ragazza aveva uno sguardo arrogante e sognatore, ma siccome sono indiscreto ho prestato particolare attenzione alle sue natiche metropolitane. Il ragazzo… bene, la verità è che dopo aver ammirato quelle natiche non mi restava molto tempo per guardare lui. Sono uscito dall’ascensore e quando sono arrivato alla tua porta i due ragazzi sono entrati insieme a me. È stato così che ho conosciuto Claudia Cadelo. Una donna bella non è la più giovane, né la più magra, né quella che ha la pelle più liscia o i capelli più lunghi, ma quella che con un sorriso e un consiglio può rallegrarti la vita. Per questo sono diventato amico di Claudia, ma anche del suo compagno, quel tipo fantastico che è Ciro. Ho conosciuto Orlando Luis e mi sono innamorato anche di lui. Sono diventato amico di Iván, Miriam, Ricardo, che oggi sono parte della mia famiglia. In questo modo ha avuto inizio questa folle fiaba, ma forse andrebbe definita un racconto, ma meglio ancora una storia.

 

Se in questo preciso istante il Presidente della Repubblica, il generale Raúl Castro, ti chiamasse al telefono e ti chiedesse consigli per risolvere i problemi di Cuba cosa gli diresti?

Questa cosa non succederà mai. E se anche fosse, non potrei dargli retta adesso, perché sto rispondendo a Yoani.

 

Fine

Yoani Sánchez

Traduzione di Gordiano Lupi


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