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Marco Schiavetta. Scuola e migranti: alcune riflessioni
28 Marzo 2010
 

Il crescente fenomeno dell’immigrazione sul nostro territorio ci pone la necessità di affrontare con attenzione dinamiche d’inserimento ed integrazione che, oggi ancor più che in passato, richiedono interventi pensati e strutturati dal punto di vista metodologico, da inserire all’interno di un piano d’interventi coerentemente implementato.

L’ISTAT, nell’anno appena trascorso, ci informava che l’Italia si pone al terzo posto in Europa, dopo Germania e Spagna, per numero nuovi arrivi, caratterizzati dal crescente numero di cittadini provenienti dai Paesi recentemente entrati nell’area UE, primi tra tutti di nazionalità rumena. Il numero delle famiglie straniere censite, sempre secondo l’ISTAT, è di 1.366.000; sempre la stessa fonte informa che nel 2009 ci sono state circa 45.000 richieste di cittadinanza italiana e gli arrivi rispetto al 2007 sono cresciuti del 17% (pari a mezzo milione di persone).

La popolazione straniera residente in Italia è aumentata significativamente negli ultimi anni tanto da portare il numero cittadini stranieri residenti a triplicarsi negli ultimi sette anni. Esempio emblematico di questa crescita è l’anno 2007 nel quale il numero della popolazione straniera residente sul territorio nazionale è aumentata del 16,8% rispetto all’anno precedente. L’Istituto Italiano di Statistica (ISTAT) vede, in tal senso, una crescita che porterà gli immigrati a costituire, nei prossimi venti anni, il 13% del totale della popolazione italiana (Tab. 1).

Le cause di questo aumento sono da ricercarsi nell’incremento registrato dalle anagrafi, di oltre 515 mila nuovi residenti, che probabilmente rappresentano il risultato di vecchi movimenti migratori, unito al fenomeno dell’aumento delle nascite.


Tab. 1 - Bilancio demografico degli stranieri residenti in Italia – Anno 2007 (Fonte: ISTAT)



Nord-ovest

Nord-est

Centro

Sud

Isole

ITALIA

Popolaz. straniera al 01.01.2007

1.067.218

802.239

727.690

244.088

97.687

2.938.922

Popolaz. straniera al 31.12.2007 / Di cui:

1.223.363

923.812

857.072

305.146

123.258

3.432.651

- Minorenni

288.808

218.229

181.108

53.902

25.013

767.060

- Stranieri nati in Italia

173.445

128.453

111.227

29.064

15.156

457.345


Gli assunti di educazione e di pedagogia interculturale, sviluppati in Europa a partire dagli anni Ottanta come risposta alla trasformazione delle nostre società, sono ormai entrati a far parte del linguaggio comune e trovano ampio riscontro nella normativa scolastica italiana. Talvolta però, anche in ambito scolastico-educativo, essi sembrano essere divenuti solamente una moda o degli slogan, ricchi di enfasi ma svuotati della valenza educativa, adoperati in modo improprio o confusi con modalità d’intervento differenti.

Una prima differenziazione epistemologica occorre effettuarla fra i concetti di multi, meta e transcultura. Mentre il termine metacultura si riferirebbe ad una “cultura situata al di là della cultura”, una sorta di “supra-cultura” (quindi non solo didatticamente improponibile, ma anche erroneo: non è possibile educare senza tenere conto dei cambiamenti culturali), degno di attenzione potrebbe essere il concetto di transcultura.

Esso rimanda a qualcosa che attraversa la cultura e le strategie educative mirerebbero allo sviluppo di elementi universali, comuni a tutti gli individui. Ma mediante tale visione si rischia di mettere come umano tutto ciò che si vuole. Oltre a non riuscire a tenere conto dei movimenti e dei processi di cambiamento in atto nei singoli sistemi culturali, c’è anche il pericolo di non considerare adeguatamente le differenze presenti nella vita culturale concreta e di alimentare una pedagogia “aculturale” o dell’assimilazione del minoritario.

La pluricultura rimanda invece al concetto di irripetibilità e non componibilità di ciascuna cultura, nonché al diritto di una propria autonomia. L’intervento educativo, definito del multiculturalismo, parte dalla situazione di fatto, dalla presenza di due o più culture, e mira allo studio di comunanze e differenze. Pur avendo il merito di educare al rispetto, al riconoscimento dei diritti dei cittadini immigrati, tale approccio presenta il limite di considerare le culture in maniera rigida, statica, spesso anche gerarchica e talvolta l’intervento educativo è ridotto in presentazioni esotiche e folcloristiche.

Il potenziale rivoluzionario della pedagogia interculturale scaturisce dal fatto che l’alterità, l’emigrazione, la vita in una società complessa e multiculturale non sono più considerate solamente come rischi di disagio o di malattie, ma come delle opportunità di arricchimento e di crescita individuale e collettiva.

Laddove la multi e la pluricoltura richiamano a fenomeni di tipo descrittivo, riferendosi alla convivenza, più o meno pacifica, gli uni accanto agli altri, tipo “condominio”,di persone provenienti da culture diverse, l’aggiunta del prefisso “inter” presuppone la relazione, l’interazione, lo scambio di due o più elementi.

Sono le società ad essere definite come “multiculturali”, nel senso che si rileva la presenza di soggetti portatori di usi, costumi, religioni, modalità di pensiero differenti, mentre la strategia d’intervento educativo è di tipo interculturale, nel senso di mettere in contatto, in interazione, le differenze.

La pedagogia interculturale, in questo modo, rifiuta espressamente la staticità e la gerarchizzazione e può essere intesa nel senso di possibilità di dialogo, di confronto paritetico, senza la costrizione per i soggetti coinvolti di dover rinunciare a priori a parti significative della propria identità.

Pertanto, la grande sfida del terzo millennio sarà riuscire a gestire bene i conflitti di natura culturale che ineludibilmente scaturiscono dalla convivenza fra persone differenti, sempre più chiamate a vivere insieme.

L’insegnante, come attore e protagonista di una delle principali agenzie educative (oltre che formative e istruttive), potrà affrontare al meglio tale sfida solo se saprà reagire in maniera adeguata, cogliendone rischi e opportunità; solo se riuscirà a gestire opportunamente la presenza dei bambini immigrati e tutte le esperienze multiculturali che inevitabilmente si presenteranno in classe.

Autori e curatori di libri di testo o di contributi scientifici dovranno altresì esimersi dalla trasmissione di stereotipi e pregiudizi e dall’uso di concetti erronei o discriminatori, come “razze”, “primitivi” o “selvaggi”. Pertanto non si potrà e dovrà più proseguire ad insegnare come in passato.

Affinché (spesso inconsapevolmente) molti contenuti non siano impartiti in maniera etnocentrica (talvolta persino discriminatoria o razzista) è necessario tenere conto dei suddetti cambiamenti. In tal senso, l’insegnante non solo dovrà cercare di individuare opportunità e limiti dei libri di testo.

Grazie ad opportuni e preparati interventi e/o atteggiamenti, attingendo dalle indicazioni sorte in seno alla pedagogia interculturale, egli potrà fornire un contributo efficace nei confronti di ogni alunno circa l’assunzione di identità dinamiche, consapevoli dell’inevitabile sfida della globalizzazione, consce delle proprie radici e della fondatezza delle proprie ragioni (valori, modalità di pensiero e comportamentali), ma anche aperte a persone ed esperienze nuove, al pensiero divergente.

L’apprendimento delle conoscenze di geografia con la “G” maiuscola (sociale, economica, del territorio, ecc.), in ultima analisi, potrebbe fornire agli adolescenti un significativo supporto nella difficile costruzione di identità personali stabili e, nel contempo, in grado di interagire democraticamente con l’alterità.

Il recente provvedimento introdotto dalla Ministro Gelmini, che ha stabilito per il prossimo anno un “tetto” del 30% per gli alunni stranieri nelle classi, si parte dal 2010-2011 dalle classi prime di elementari, medie e superiori, in risposta al problema sempre più caldo dell’integrazione fra gli studenti stranieri e quelli italiani all’interno della scuola italiana, al di là delle speculazioni della politica è da leggere in questa direzione.

Il problema della convivenza tra italiani e stranieri principalmente è legato alla didattica, in particolar modo alla lingua italiana. Se in una classe la maggioranza degli studenti non comprende ciò che sta spiegando l’insegnante, evidentemente la didattica si rallenta perché bisogna provvedere al recupero del deficit linguistico (Tab. 2).


Tab. 2 - Incidenza degli studenti stranieri nella scuola e nell’Università italiana – Anno 2007 (Fonte: ISTAT)


Grado Scolastico

Stranieri

Incidenza Percentuale

Infanzia

111.044

6,7

Primaria

217.716

7,7

Secondaria di I grado

126.396

7,3

Secondaria di II grado

117.465

4,3

Università

47.506

2,6

TOTALE

574.133

6,4


«I nostri istituti sono pronti ad accogliere tutte le culture e i bambini del mondo», dichiara la Gelmini. Alla stesso modo la scuola italiana deve mantenere con orgoglio le proprie tradizioni storiche e insegnare la cultura del nostro Paese. L’inserimento, ad esempio, dell’educazione alla cittadinanza va proprio in questa direzione: insegnare il rispetto per le altre culture e affermare contemporaneamente l’importanza delle regole civili, della storia, delle leggi e della lingua italiana. Una indispensabile condizione questa per realizzare una vera integrazione.

A dimostrazione che si tratta di un problema linguistico più che di razza, il regolamento di riordino del I ciclo prevede, infatti, che nella scuola secondaria di I grado (scuola media) una quota di ore di insegnamento della seconda lingua comunitaria possa essere utilizzata per potenziare l’italiano per gli alunni stranieri. «Stabilire un tetto del 30% di alunni stranieri per classe» ha aggiunto il ministro Gelmini «è un modo secondo me utile per favorire l’integrazione, perché grazie a questo limite si evita la formazione di “classi ghetto” con soli alunni stranieri. I bambini stranieri devono essere inseriti nelle classi con i bambini italiani per evitare, come accade in molte città, che si formino scuole e classi composte solo da stranieri». Oltre al tetto, inoltre, dovrebbero essere previste classi di inserimento di durata limitata per poter insegnare la nostra lingua a chi è appena arrivato in Italia ad un livello sufficiente per non sentirsi in difficoltà con i coetanei.

Questi momenti di inserimento si svolgeranno sia la mattina che il pomeriggio. Limite del 30% degli alunni stranieri iscritti alle prime classi di elementari, medie e superiori; finanziamenti specifici agli istituti con “alta presenza di cittadini stranieri” per potenziare l’insegnamento della lingua italiana, modalità di iscrizione alle scuole con le stesse modalità degli studenti italiani e possibilità per gli istituti di istituire corsi supplementari per l’insegnamento della lingua italiana.

Sono i punti salienti della circolare ministeriale n. 2/2010 dell’8 gennaio che il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca ha inviato a tutte le scuole italiane contenente «indicazioni e raccomandazioni per l’integrazione di alunni con cittadinanza non italiana». Con la circolare, il Ministero recepisce alcune indicazioni del Parlamento ed in particolare la mozione di indirizzo politico del 14 ottobre 2008 concernente “iniziative in materia di accesso degli studenti stranieri alla scuola dell’obbligo”. Il Ministero – si legge nella circolare – assegnerà apposite risorse finanziarie per gli interventi di sostegno alle scuole per l’inserimento di bambini stranieri e ulteriori finanziamenti saranno previsti per le scuole dei territori con alta presenza di cittadini stranieri al fine di potenziare l’offerta linguistica, anche con ricorso ai mediatori culturali.

La circolare ribadisce che i minori stranieri sono soggetti all’obbligo d’istruzione e che le modalità di iscrizione alle scuole italiane seguano i modi e le condizioni previste per i minori italiani. Per evitare concentrazioni di iscrizioni di alunni stranieri si dovranno realizzare accordi di rete tra le scuole e gli Enti locali. Gli Uffici scolastici regionali, di intesa con gli Enti territoriali, comunque, potranno autonomamente definire quanti bambini stranieri per classe si potranno iscrivere alle scuole del proprio territorio. Come già menzionato, le iscrizioni di minori non italiani non dovranno superare il 30% degli iscritti e in particolare:

- il numero degli alunni stranieri presenti in ciascuna classe non potrà superare di norma il 30% del totale degli iscritti, quale esito di una equilibrata distribuzione degli alunni con cittadinanza non italiana tra istituti dello stesso territorio;

- il limite del 30% entrerà in vigore dall’anno scolastico 2010-2011 in modo graduale: verrà infatti introdotto a partire dalle classi prime sia della scuola primaria, sia della scuola secondaria di I e II grado;

- il limite del 30% potrà essere innalzato – con determinazione del Direttore generale dell’ufficio scolastico regionale – a fronte della presenza di alunni stranieri (come può frequentemente accadere nel caso di quelli nati in Italia) già in possesso delle adeguate competenze linguistiche; in presenza di risorse professionali e strutture di supporto (offerte anche dal privato sociale) in grado di sostenere fattivamente il processo di apprendimento degli alunni stranieri o di consolidate esperienze attivate da singole istituzioni scolastiche che abbiano negli anni trascorsi ottenuto risultati positivi (documentate, ad esempio, anche dalle rilevazioni Invalsi); per ragioni di continuità didattica di classi già composte nell’anno trascorso, come può accadere nel caso degli istituti comprensivi; in stati di necessità provocati dall’oggettiva assenza di soluzioni alternative;

- il limite del 30% potrà invece essere ridotto, sempre con determinazione del Direttore generale dell’ufficio scolastico regionale, a fronte della presenza di alunni stranieri che dimostrino all’atto dell’iscrizione una padronanza della lingua italiana ancora inadeguata a una compiuta partecipazione all’attività didattica, e comunque a fronte di particolari e documentate complessità.

Elemento fondamentale per l’integrazione degli alunni stranieri è il potenziamento della lingua italiana, indispensabile per poter andare di pari passo negli studi con i compagni di scuola italiani. Il regolamento di riordino del I ciclo prevede che nella scuola secondaria di I grado (scuola media) una quota di ore di insegnamento della seconda lingua comunitaria possa essere utilizzata per potenziare l’italiano per gli alunni stranieri. L’assegnazione degli alunni non italiani nelle classi è autonomamente decisa dalle scuole che dovranno, comunque, procedere ad un accertamento delle competenze e dei livelli di preparazione dell’alunno per assegnarlo, di conseguenza, alla classe definitiva che potrà essere inferiore alla classe corrispondente all’età anagrafica.

Le scuole comunque possono prevedere che l’inserimento in una classe di un alunno straniero sia preceduto o accompagnato da una prima fase di approfondimento della conoscenza linguistica finalizzata ad un inserimento efficace dell’alunno nella classe. Per migliorare la conoscenza della lingua italiana possono essere inoltre organizzati corsi di potenziamento tenuti, dove possibile, dagli insegnanti della scuola stessa. Per questo, nelle attività di formazione degli insegnanti, è opportuno riservare particolare attenzione alle metodologie di intervento e alle misure organizzative e didattiche di sostegno all’integrazione, quindi si ritorna all’inizio del ragionamento qui presentato: la pedagogia interculturale come risposta al pluralismo etnico e culturale, che merita una seria e pronta riflessione.

Gli insegnanti mediante il loro approccio didattico, nei contenuti che trasmettono, nel rapporto che sapranno instaurare, nella stessa tonalità di voce che useranno nell’affrontare certi temi, dovranno essere consci di assumersi delle responsabilità nei confronti dell’immagine che i singoli alunni (di nazionalità italiana o straniera) avranno di se stessi e dell’alterità, dell’immigrazione, della vita e della convivenza in società pluralistiche, multietniche, plurireligiose e multiculturali.

 

Marco Schiavetta



Per ulteriori approfondimenti epistemologici:

Immigrazione 2008. Dossier statistico di Caritas/Migrantes ­IDOS, Roma 2008.

P. Landi, L. Queirolo Palmas (a cura di), Scuole in tensione. Un’indagine sulle micro politiche della scula dell’autonomia, Franco Angeli, Milano 2004.

A. Portera (a cura di), Pedagogia interculturale in Italia e in Europa, Milano, Vita e pensiero, 2003.

www.pubblica.istruzione.it

www.scuolamagazine.it


 
 
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